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Come e perché fare testamento solidale
Esistono donazioni da poter fare nel presente e donazioni che valgono invece per il futuro. É il caso del testamento solidale, conosciuto…
Itinerari subacquei all'Isola d'Elba: dove e quando fare immersioni indimenticabili
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Un nuovo rischio online: le bot farm
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La Juventus di Thiago Motta può tenere testa all’Inter di Simone Inzaghi?
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"Chiusa la scuola di Fabbriche di Vallico, tutta colpa di Giannini"
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera inviataci da un gruppo di residenti sulla chiusura della scuola di Fabbriche di Vallico: Arrivati all' nizio dell' anno scolastico è…
Andrea Campani va in pensione: "Un saluto alla scuola al... rovescio"
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera di Andrea Campani che dal 31 agosto è andato in pensione dopo aver trascorso gli ultimi sette anni della sua carriera come assistente amministrativo addetto alla didattica presso il Comprensivo di Borgo a Mozzano
I giochi in Toscana, fra tradizione e modernità
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Convegno su San Pellegrino in Alpe: digitalizzazione e accessibilità dei documenti storici
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Navigare nel mercato del lavoro nella Valle del Serchio: opportunità e crescita professionale
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E' tornata a casa Dora Piarulli, la donna che era stata oggetto di un ricovero coatto a febbraio. Era stata trasferita in una rsa. La battaglia legale per riportarla nella sua abitazione era stata intrapresa dalla figlia.
Adesso lei e la madre possono abbracciarsi e stare insieme a casa. Una lunga vicenda giudiziaria, terminata con la disposizione del giudice di far tornare a Camaiore la donna, che era in una struttura di Aulla. La figlia Anna Estdahl ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta mostrando anche un documento esclusivo, mai rilasciato a nessun organo di stampa. Ha, inoltre, ripercorso momenti e situazioni drammatici che hanno colpito in maniera la sua vita e quella della madre.
Dora sua madre è tornata a casa! Ora come sta?
Ha recuperato gradualmente serenità, da quando è tornata a casa e oggi finalmente sta meglio, super coccolata e accudita, riceve tante visite e molte attenzioni amorevoli, come è giusto che sia. Ancora è traumatizzata, parla spesso del periodo di ricovero forzato ad Aulla, ma si sente fortunata. Con altruismo, pensa alle persone anziane che vorrebbero stare nella propria casa, ma non hanno nessuno, neanche un familiare che le possa aiutare. Spesso ancora oggi, mi ringrazia dicendomi: "Se non ci fossi stata tu." Nel mio cuore , saperla al sicuro nella sua casa e in salute, mi rasserena, anche con la collaborazione, finalmente, dei servizi sociali.
E' rimasta sconvolta da un episodio. Per questo ha deciso di fornire un documento esclusivo alla Gazzetta, mai rilevato prima. Lei cosa ha scoperto ?
Sono rimasta sconvolta da un fatto che mi ha colpito e devastato il cuore. Avevo regalato una piccola agenda alla mia mamma, in modo che potesse rendersi conto dei giorni che passavano quando era ricoverata a Aulla. Ho trovato diverse note sulle sue "ultime volontà". È stato terribile scoprire che, più volte, aveva messo per iscritto di essere "cremata", segno che pensava alla morte ormai quotidianamente. Questi sono danni oggettivi! Li dimostreremo e sosterremo nelle sedi appropriate. Per questo ho deciso di fornire questo documento in esclusiva alla Gazzetta, mai dato a nessun organo di stampa.
Lei ha affermato: "Non sono soddisfatta degli amministratori di sostegno che hanno seguito la vicenda in questi anni". Perché ?
Il primo "errore" l'ho fatto io, nel lontano 2009, chiedendo di diventare amministratore di sostegno di mia madre, lei non voleva curarsi, i servizi del territorio non riuscivano a trovare delle soluzioni per aiutarmi. In seguito sono stata segnalata proprio dal centro di salute mentale di Camaiore, nonostante fossi in contatto telefonico costante. Ero all'estero per un viaggio di lavoro, per sole 48 ore. Hanno dichiarato che l'ADS, cioè io, in quel momento, era "irreperibile".
Il resto della faccenda è nei fatti, sono stata consigliata dal giudice tutelare di allora, di rinunciare all'incarico, in favore di un ADS esterno, un avvocato, con la quale abbiamo collaborato serenamente per sette anni. Detto questo, sottolineo che la precedente amministratrice di sostegno non ha mai voluto incontrare mia madre in sette anni. Nel febbraio 2022, cercava la mia collaborazione per effettuare un ricovero coatto, con l'inganno, ai danni di mia madre, dicendole che l'avremmo portata in una struttura per effettuare degli esami diagnostici. Netto è stato il mio rifiuto a procedere a questo "tradimento". Non ha mai voluto interagire con mia madre per convincerla dell'opportunità di un ricovero "definitivo", anche solo per un periodo di prova. Allora ha scelto di dimettersi, senza neanche volerne discutere. Iniziando all'improvviso a darmi del "lei", nelle comunicazioni e scomparendo dalla scena. Il danno è stato provocato lo stesso, fornendo al suo successore, l'attuale ADS , una descrizione fuorviante della mia persona : oppositiva a prescindere. Egli ha poi rappresentato al giudice una ricostruzione dei fatti lontana dalla realtà, descrivendomi come "pericolosa e nociva", dicendo che tenevo irresponsabilmente in una situazione di presunto pericolo mia madre.
Purtroppo chi ha il dovere di indagare ha accolto questa versione dei fatti, senza chiedersi chi fosse questa figlia "scapestrata", senza indagare sul perché di una tale narrazione negativa. Senza puntare il dito contro nessuno, l'attuale ADS, oggi confermato nel suo ruolo da parte del Giudice Tutelare, non ha mai, in nessuna occasione, cercato di interagire in modo, se non empatico, per lo meno genuino, con mia madre, la beneficiaria della sua amministrazione.
Affermo questo perché è venuto a casa di mia madre tre volte in dodici mesi, in nessuna di queste occasioni ha mai cercato di interagire in prima persona con mia madre, di conoscerla, di capire chi fosse. In tutte e tre le occasioni (fine marzo 2022, aprile 2022, ottobre 2022), è sempre venuto accompagnato da assistenti sociali, da una collega dello studio legale e da uno psichiatra, che a suo dire avrebbe dovuto fare una perizia per stabilire se mia madre fosse o meno capace di intendere e di volere.
Secondo il giudizio questo modo di fare intimidatorio, da vera e propria ispezione, da un lato non ha portato i frutti da lui sperati, dall'altro è andato totalmente contro lo spirito della legge 6 del 2004, che prevede che l'amministratore di sostegno (art. 410 C.C.), nello svolgimento dei suoi compiti, debba tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, ovvero che il cosiddetto soggetto fragile venga coinvolto nel proprio "progetto di vita" (di cui per altro è esclusivo titolare). In teoria quindi, lo stesso ADS, diverrebbe portavoce delle istanze e della volontà del beneficiario. In questa situazione i fatti riportano uno scenario diametralmente opposto; l'AdS anche davanti al Giudice Tutelare ha sostenuto che le parole di mia madre fossero mero rumore, parole vuote, imbeccate magari da qualcuno, perciò non corrispondenti a opinioni. Tutto questo senza mai produrre alcun documento che supportasse la sua tesi, facendo ricondurre tutta l'autorevolezza delle sue affermazioni al fatto che lui è un pubblico ufficiale. Per fortuna, questo atteggiamento non è stato sufficiente, di fronte alle nostre prove inconfutabili, foto della casa e di tutte le camere, descrizioni minuziose dei dispositivi e ausili che avevamo reperito in modo autonomo, contratti di lavoro da me sottoscritti. Il Giudice ha preso atto che sussistessero i presupposti per un rientro a domicilio di mia madre. Anche le relazioni che il Giudice ha voluto esaminare, i pareri medici, hanno confermato che la scelta del proprio domicilio è sempre preferibile, ove ne sussistano le condizioni, per una persona anziana, anche quando non autosufficiente. Infine, abbiamo presentato ben due perizie che attestano come il decadimento cognitivo di mia madre sia lieve, non così grave come dipinto dall'amministratore di sostegno. Perché con un pretesto si voleva chiudere mia madre in una Rsa, per il resto dei suoi giorni, dopo un breve ricovero in ospedale della durata di una settimana, per una lieve insufficienza respiratoria.
Quali sono gli avvenimenti che hanno creato delusione nelle vostre vite?
Nel momento fatidico i parenti più prossimi si sono dileguati, dopo avermi dichiarato che, se avessi reso pubblica la storia di Dora Piarulli, non avrei più potuto contare sul loro appoggio. Non importa. Non avrei agito diversamente da come ho fatto, credo fermamente nel rispetto delle volontà di un essere umano, specialmente se negate e nella necessità di rivolgersi alla magistratura. Non biasimo chi si è sottratto in quel momento. Va bene così, credo che, ognuno in cuor suo, sappia benissimo cosa è giusto o sbagliato, si chiama etica.
Ha fatto molto tenerezza il racconto di Dora: "Ogni volta che suona il citofono, ho paura che qualcuno mi riporti nella RSA". Ancora oggi ha questa paura?
Si, ancora oggi ha paura che "lui" torni a prenderla, quasi fosse l'Uomo Nero. Affrontiamo giorno per giorno tutto ciò che accade con serenità, siamo certi di aver fatto la scelta giusta, e continueremo a portarla avanti.
Quando parla con sua madre, quali sono le preoccupazioni che la sconvolgono maggiormente?
Quando cercavo un interlocutore per raccontare la mia storia, per prima è stata proprio la Gazzetta di Viareggio a parlarne, il 27 marzo, grazie all'ottima giornalista Lucia Paolini, grazie anche al coraggio del vostro direttore, Aldo Grandi. Dora chiede sempre, a gran voce, che quello che è successo a me non capiti più a nessuno! Faremo tutto ciò che è possibile per continuare il cammino intrapreso, pensiamo che sia necessario coraggio e determinazione per portare avanti questo discorso, argomentandolo e facendolo proprio, ma dobbiamo sentirlo nostro, tutti quanti. C'è bisogno di dar voce alle persone fragili. Inoltre, mia madre non vuole più avere a che fare con questo amministratore di sostegno, ma lui non sente il bisogno di dimettersi, vedremo cosa accadrà e chi ci darà ascolto.
Lei è una figlia combattiva, ma si avverte nel suo racconto tanta amarezza e dispiacere.
Essere trattata da estranea mi ha fatto male.
Allontanata, il giorno in cui l'hanno ricoverata in modo coatto, nella RSA di Aulla. Non poterla visitare tutti i giorni e sentire la sua voce disperata la sera. Quando la chiamavo e si trovava al buio in una stanza già alle otto di sera, con accanto una donna di 96 anni, che non era più cosciente e chiamava "aiuto, mamma".
Essere impotente e sentirla terrorizzata, è stato orribile. Aver chiesto tante e tante volte , che mi dicessero quale fosse la sua terapia farmacologica, senza aver risposte.
Mi dicevano: "L'amministratore di sostegno ha vietato di fornire alcune informazioni". Cercare per giorni, di parlare con la responsabile della struttura e dover scrivere mail quotidiane, alle quali solo una volta in sei settimane ho avuto risposta. Un muro di gomma.
Chiedere di poter uscire anche solo in cortile con mia madre, nelle giornate di sole di marzo, per sentirmi dire "l'amministratore di sostegno ha detto che, Dora non può uscire, per la sua sicurezza". In definitiva essere estromessa, trattata come un'estranea, dopo che da 20 anni mi curo della salute di mia madre, che ho sacrificato tanto per curarla nel migliore dei modi. Essere trattata da scocciatrice, solo perché facevo domande, essere definita come un problema, un "ostacolo da superare nella procedura".
Credo che abbiamo subito una vera e propria violenza, sia mia madre sia io e che qualcuno dovrà assumersene le responsabilità e risponderne. Mi sono chiesta tante volte come si riesca a non cedere alla malattia, alla morte in vita, dopo questi traumi potenti. Come nutrire l'amore, la parte sana di ognuno di noi, la parte sana di mia madre Dora, che ho sempre cercato di rispettare, e che non ho visto rispettata, nella dinamica di questa vicenda. Come nutrire la speranza, quando si ha a che fare con un muro di gomma così vasto e sordo!
Le persone anziane e fragili devono essere rispettate. Un suo appello alla politica?
Mi rivolgo a tutta la classe politica. Possibile che a nessuno interessi quello che sta accadendo in un paese che si definisce democratico, nel 2023? Sembra che non a molti interessi quella che a mio parere è una battaglia per il diritto fondamentale all'autodeterminazione dell'individuo, alla libertà di scelta di terapia , ma anche di fine-vita.
Si parla tanto di famiglia, su quale sia quella più "regolare", ma si ignora, o meglio non si nomina il bisogno di una famiglia, il supporto che chiedono, che chiediamo. Laddove, ci siano due persone che si vogliono bene, sono legate per sangue o per scelta, quella è una famiglia. I legami vanno tutelati, sempre, non si può finire nelle maglie di una burocrazia asettica che sceglie in luogo della persona stessa , dove un essere umano e fragile debba essere curato, vivere o morire. Anche sulle RSA andrebbe ripresa in mano la questione; come si può demandare solo alla sfera privata la salute pubblica?
Gli anziani fragili vanno rispettati! Le RSA sono un business enorme, qual è la ratio che regola la presa in carico della salute degli anziani e dei fragili, può essere il mero profitto? No, assolutamente. Maggiore profitto vuol dire minore qualità. I servizi offerti più scadenti, cibo di scarsa qualità, infrastrutture fatiscenti o non allineate con standard accettabili. Le ho viste queste situazioni. Chi ha questa responsabilità dovrebbe controllare a chi è stata appaltata la nostra salute e quindi il nostro benessere, come società.
Solidarietà dai media, associazioni, professionisti e gente comune. Vuole ringraziare pubblicamente qualcuno?
Oltre al mio avvocato difensore, Niccolò Domenici, dello studio Ethos, gli attivisti di tante associazioni, tra cui Diritti alla follia e Alibes, formate da persone comuni e professionisti del settore. Le collaboratrici che aiutano nell'accudire mia madre, Grazia Pieretti e Marina Gurguchiani. Sicuramente devo ringraziare la stampa. Grazie a tutti i giornalisti e le giornaliste che hanno avuto occhi e orecchie attente per ascoltare e raccontare questa storia. In particolare Michele Farina, è stato il primo con il quale ho interagito per settimane, è riuscito a coinvolgere anche monsignor Paglia, che ha speso parole per il caso di Dora, una scelta di campo importante, una voce autorevole in materia di diritti degli anziani.
È arrivato tutto in modo inatteso, a tratti sconvolgente, la solidarietà delle persone comuni, degli amici che ci sono stati sempre vicini, delle persone che non sentivamo da tempo di Camaiore, dal sindaco, che ci ha chiamato personalmente a Don Silvio Righi. Sono tante le persone che hanno festeggiato con noi, il ritorno a casa di Dora, che ci hanno telefonato facendoci arrivare anche da lontano tanta solidarietà.
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L’arte popolare e, in essa, la pittura di genere, è stata una più proficue fonti creative per gli artisti italiani dal ‘500 in poi. I capolavori d’arte popolare sono effettivamente numerosi, tanto da rendere molto difficile individuare quelli che sono i più emblematici.
Proviamo a riassumere quali sono gli artisti più celebri e quali sono le opere che ci hanno lasciato in eredità.
Cos’è la pittura di genere
Con il termine pittura di genere si suole intendere una rappresentazione pittorica che ha per soggetto scene ed eventi della vita quotidiana: dai mercati agli interni delle abitazioni, sono numerosi gli aspetti che questo genere pittorico può raffigurare. A lungo considerato un genere minore rispetto alla pittura storico-religiosa o alla ritrattistica, in realtà il genere ebbe tra i suoi rappresentanti degli artisti di portata globale, da Vincenzo Campi a Bartolomeo Passerotti, da Annibale Carracci a Pietro Longhi, da Antonio Rotta a Vincenzo Petrocelli.
La pittura di genere fu particolarmente prolifica anche in altre parti d’Europa, come l’Olanda. È qui che, ad esempio, il pittore Jan Sanders van Hemessen dipinse innovative scene di genere. Fecero strada anche Joachim Patinir, così come Pieter Aertsen o Pieter Brueghel Il Vecchio, che rappresentò come soggetto di molti dei suoi dipinti i contadini e il loro lavoro, spesso in modo molto naturale.
La Fruttivendola di Vincenzo Campi
Occupandoci dei soli artisti italiani, cominciamo da Vincenzo Campi, pittore del ‘500 che, nella sua carriera pittorica ambivalente, ebbe modo di realizzare delle famose opere d’arte popolare. Tra di esse, una delle più citate è La Fruttivendola, un dipinto a olio su tela del 1580, oggi conservato presso la Pinacoteca di Brera, a Milano. È il dipinto più noto della serie che comprende anche La Pollivendola, La Cucina e La Pescivendola.
I bari di Caravaggio
È di qualche anno dopo l’ancor più celebre I bari, di Caravaggio, probabilmente una delle opere più antiche a tema di giochi di carte. Dipinto di olio su tela, raffigura tre personaggi, due dei quali sono intenti a giocare una mano di un gioco di carte. Il terzo personaggio si trova invece alle spalle di un giocatore, spiandolo e favorendo l’altro che si trova di fronte a lui.
Il Mangiafagioli di Annibale Carracci
Tra gli altri dipinti di genere molto noti in ambito internazionale non possiamo che citare anche Il Mangiafagioli, del bolognese Annibale Carraci. Custodito nella galleria di Piazza Colonna a Roma, il dipinto risale al 1679 e, come altri dipinti di tema feriale di Carracci, mostra delle affinità con altri maestri dello stesso campo, apportando però alcune innovazioni profonde.
Per esempio, sebbene il soggetto del Mangiafagioli sia un contadino che mangia un pasto umile, ma contrariamente alle opere di altri artisti di cui Carracci è ideale prosecuzione stilistica, mancano deformazioni grottesche. Particolare è anche l’espressione del protagonista del quadro: il Mangiafagioli sembra infatti sorpreso della presenza dell’osservatore, tanto da bloccare il gesto di portarsi il cucchiaio alla bocca.
Pastorello in piedi di Pietro Longhi
Risale al 1740 il Pastorello in piedi di Pietro Longhi, uno dei più celebri dipinti dell’artista, eseguito con la tecnica dell’olio su tela. L’opera è un dipinto giovanile del pittore che, nella prima fase della sua carriera, si dedicò alla rappresentazione di persone umili come, appunto, il pastore fanciullo che ha scelto di ritrarre in questa opera oggi esposta al Museo del Seminario di Rovigo.
L’ortolanella di Antonio Rotta
Risale invece al 1884 il dipinto L’ortolanella di Antonio Rotta, pittore italiano di genere vissuto nella seconda metà dell’800. Il quadro ritrae una bambina intenta a mangiare un acino d’uva mentre guarda il suo osservatore.