Sono cresciuta con sapori semplici ma pieni di gusto: pane sciocco, focaccia, pomodori veri, olio buono e piatti lenti che profumavano tutta la casa. La cucina era ed è casa, famiglia, chiacchiere a tavola.
Poi sono arrivata a Londra... e ho scoperto un altro mondo.
Il cibo qui è comodo, non conviviale …qui si mangia in piedi, in fretta, da soli. Il pasto è visto come carburante, non una celebrazione; infatti si trovano i meal deal a 3 sterline. I meal deal (offerta pasto) è una promozione di vendita che racchiude tre articoli: un piatto principale (spesso un panino ), una bevanda e uno spuntino (patatine gusto sandwich al formaggio e cipolla o dolciumi). Voilà, pranzo fatto. Dove noi italiani facciamo della tavola un teatro, qui c’è solo il backstage.
Ma andiamo a esplorare l’assurdo. Non so voi, ma io quando entro in un supermercato inglese mi sento un po’ come in una puntata di Black Mirror versione gastronomica. La prima volta ho pensato: “Ma che sarà mai, devo solo comprare il pane.”
Ecco le stranezze che ho trovato tra i scaffali che mi hanno fatto restare a bocca aperta – e non per la fame:
- Ravioli in scatola con “sugo italiano”… che dell’Italia ha solo il nome.
- Spaghetti. Sì, avete capito bene. Spaghetti. In. Scatola.
Al pomodoro, affogati in una salsa arancione che pare ketchup allungato. - Prosciutto cotto in latta, da schiacciare per farlo uscire come fosse tonno. Se mia nonna lo sapesse, risorgerebbe per andare a protestare davanti al Parlamento Britannico.
- Mela caramellata confezionata. Da noi la vedi solo alle fiere, qui la trovi tutto l’anno nel reparto frutta (più o meno). Chi ha pensato che una mela zuccherata potesse essere considerata uno “snack salutare” meriterebbe il premio creatività.
- Acqua di cocco …col cocco. Hai sete? Invece della bottiglietta, qui ti vendono proprio la noce di cocco intera, bucata con la cannuccia già infilata. Comoda, eh… ma prova tu ad aprirla in autobus.
- Marmite, qui si entra in un altro livello. Una crema scura fatta di estratto di lievito, amata da alcuni come fosse oro nero, temuta da altri come la peste. La pubblicità qui dice: “Love it or hate it.”
- Zuppe in polvere, piatti pronti al microonde, mac & cheese istantaneo.
- E ovviamente, patatine con ogni gusto possibile, da pollo arrosto a cocktail di gamberi fino al sandwich completo.
A questo punto mi chiedo cosa scegliere tra fresco, surgelato, o in scatola? Allora in teoria, qui si predilige il “fresh”. In pratica, il fresco è spesso prelavato, pretagliato, preconfezionato. I surgelati sono l’orgoglio nazionale: dal curry al sushi, dalla shepherd’s pie alla paella. E poi, le scatolette: baked beans, spezzatino, ratatouille e polpette al sugo. Se devo scegliere, vado col surgelato. Gli italiani – qui come in Italia – si fidano del freezer, non della latta. Perché una scatoletta sa di solitudine, di mensa, di “non c’ ho voglia”.
Le polpette devono avere la crosticina, non il liquido d’attesa. E comunque no: non comprerò mai delle polpette in latta. I miei genitori mi scomunicherebbero.
Una cosa che mi piace è impastare e ho imparato che ciò è il mio modo di prendermi cura. Quando ho voglia di qualcosa, se è fattibile, cerco sempre di farmela da sola – certo, con un po’ di organizzazione. Non vi nego che qualche volta, le verdure per il minestrone le ho comprate tra i surgelati. La praticità fa parte della vita. Ma la soddisfazione di sporcarsi le mani di farina non ha eguali.
Noi siamo fatti di pane e memoria. Siamo quelli che leggono le etichette, che annusano il basilico, che si offendono se un ragù cuoce solo mezz’ora. Io, qui, mi sento un po’ ambasciatrice del cucinato lento. Ma finché resisto alla tentazione delle polpette in latta, posso ancora guardarmi allo specchio. E poi ci lamentiamo noi italiani che nei supermercati trovi “troppa roba”. Almeno noi una lasagna la troviamo. Qui devi pregare che nel reparto "world food" ci sia qualcosa che non sia “pasta alla bolognese con i piselli”.
Però, diciamoci la verità: anche questo fa parte dell’avventura di vivere a Londra. Ogni volta che vado a fare la spesa mi sento una piccola esploratrice, armata di occhio clinico e spirito critico, pronta a scovare l’ennesima stranezza da raccontare.
Concludo con una massima che mi ripeto spesso davanti allo scaffale delle salse: “Ribollita nel cuore, ma con il tè in mano.” E con la spesa... meglio andare cauti.
Alla prossima,
Lovely to see you!
T&R
Josette Sedami Agbo
"Mi chiamo Josette Sedami Agbo, Josy, e sono originaria del Benin. Per molti anni ho vissuto ed ho lavorato in Valle del Serchio. Un anno e mezzo fa mi sono trasferita a Londra assieme al mio compagno, Marco, di Pieve Fosciana. Sono appassionata di viaggi, musica e cucina. Mi piace l'arte: oltre a frequentare mostre, mi diletto nel realizzare quadri con la tecnica della pirografia. Sono una persona sensibile, curiosa e creativa. Parlo, oltre all'italiano, anche il fon - ovvero la lingua del mio paese di origine -, l'inglese e il francese. Su La Gazzetta del Serchio ho già curato la rubrica "Scusi, posso assaggiare?".