La libertà di cui oggi godiamo è frutto di scelte eroiche compiute da uomini e donne, spesso giovanissimi, che, tra la fine del 1943 e il 1945, decisero di sacrificare tutto pur di restituire dignità e speranza all’Italia. Ricordarli non è soltanto un dovere della memoria, ma anche un invito alla responsabilità: la libertà non è mai scontata.
In occasione dell'80° anniversario della Liberazione, ieri, nella sala consiliare di Palazzo Pancrazi a Barga, si è tenuta la conferenza “La continuità delle forze armate italiane nella guerra di liberazione”, a cura del colonnello (Ris.) Vittorio Lino Biondi. L’evento è stato promosso in collaborazione con l’Associazione nazionale combattenti e reduci - gruppo Barga e l’Associazione militari in congedo - Barga, con il patrocinio del comune di Barga.
La sindaca Caterina Campani ha aperto i lavori, ricordando l'importanza di luoghi come Sommocolonia, simboli di memoria e di pace: “È da questi luoghi che deve partire un messaggio di pace, di cui oggi sentiamo ancora più forte il bisogno”.
Subito dopo, Roberto Conti, presidente dell’Associazione militari in congedo di Barga, ha ringraziato i presidenti e i rappresentati delle associazioni presenti, spiegando come la conferenza nasca dall'esigenza di spiegare il vero ruolo delle forze armate italiane nella guerra di liberazione, contro la narrazione riduttiva che spesso le presenta come sorte improvvisamente dopo l’8 settembre 1943. Invece venivano da reparti già esistenti prima dell’annuncio dell’armistizio, ed erano impegnati in teatri di guerra dove il governo italiano aveva deciso di mandarli.
Il colonnello Biondi ha tracciato un quadro storico della situazione italiana a partire dal 25 luglio 1943, giorno della caduta del regime fascista per effetto dell'ordine del giorno Grandi. Ne seguì un momento di gravissima incertezza, durante il quale i tedeschi militarizzarono rapidamente l’Italia, schierando fino a 17 divisioni. All’8 settembre, con l’annuncio dell’armistizio via radio, seguì il caos: il re e il governo fuggirono a Brindisi, la catena di comando si sfaldò e le forze armate furono lasciate senza direttive precise. Fu allora che alcuni reparti scelsero consapevolmente di continuare a combattere, alcuni rimanendo fedeli al governo, altri sganciandosi. Nasce così il Primo Corpo Italiano di Liberazione, dotato di struttura di comando, stato maggiore e unità combattenti, che, partendo dal sud, si unirà progressivamente agli alleati. Con l'appoggio angloamericano, attraverso il riconoscimento della cobelligeranza, gli italiani ricevettero armi, mezzi e viveri e avanzarono fino a Rimini.
I primi a resistere attivamente furono i militari della divisione Granatieri di Sardegna, che il 10 settembre 1943 si schierarono a difesa della parte sud di Roma contro l’avanzata tedesca.
Il colonnello Biondi ha mostrato una fotografia storica, che ritrae un carrarmato tedesco davanti all'Altare della Patria, con due soldati italiani che, nonostante l'occupazione, continuarono a presidiare il sacello del Milite ignoto, simbolo di fedeltà e dignità nazionale.
È stato poi ricordato Ettore Rossi, sottotenente a capo di un piccolo reparto incaricato di rallentare la discesa delle truppe corazzate tedesche su Roma. Insieme ad altri sei ragazzi lucchesi, tentò di minare un ponte come ordinato. Non riuscendo nell’impresa, caricarono un camion di esplosivo, lo portarono sul ponte e, sotto l'avanzata nemica, lo fecero saltare usando bombe a mano, sacrificandosi tutti.
Un altro episodio riguarda un colonnello sessantacinquenne richiamato in servizio per sorvegliare un campo di internamento. Il 10 settembre, un reparto tedesco proveniente da Tassignano cercò di prendere prigionieri gli inglesi detenuti. Il colonnello ordinò la fuga dei prigionieri attraverso un'uscita secondaria e fu ucciso dai tedeschi. Tra coloro che riuscirono a scappare vi fu il maggiore Sandus, che raggiunse Pedogna dove, insieme a don Gino Bachini, fondò la banda Sandus, formazione partigiana locale.
Il colonnello ha anche ricordato la drammatica vicenda degli internati militari italiani, deportati in Germania come "schiavi" militari, senza lo status di prigionieri di guerra e senza la possibilità di ricevere pacchi o assistenza.
Poi il massacro della Divisione Acqui a Cefalonia: isolati, senza ordini chiari, i soldati italiani furono ingannati dai tedeschi con la falsa promessa di un trattamento da prigionieri. Consegnate le armi, furono sterminati.
Sono seguiti i racconti di altri protagonisti:
Giovanni Frignani, tenente colonnello dei Carabinieri, che arrestò Mussolini su ordine del Re e che fu poi ucciso dai tedeschi; Salvo D'Acquisto, giovane vicebrigadiere, che si autoaccusò di un sabotaggio inesistente per salvare un gruppo di civili sequestrati dai tedeschi. Fu fucilato pur sapendo che sarebbe morto innocente, a soli 23 anni; Giuseppe Martinelli, giovane tenente partito da Lucca, che cadde vicino a Jesi dopo giorni di agonia per una grave ferita; il sergente partigiano Pistis, morto durante un'azione di sabotaggio su una galleria ferroviaria; Urbano Lazzaro, partigiano noto come "Bill", che arrestò Mussolini al posto di blocco di Dong; Manrico Ducceschi "Pippo", comandante partigiano lucchese, con formazione militare, protagonista nella lotta sulla Linea Gotica.
Il colonnello ha ricordato che Genova fu una delle pochissime città europee a liberarsi completamente per mano dei partigiani, grazie anche all'organizzazione militare di comandanti esperti.
Anche Barga, secondo i documenti d’archivio, venne liberata dai patrioti il 9 ottobre, prima dell'arrivo delle truppe brasiliane l’11 ottobre. Lucca vide il passaggio del potere al CNR già il 4 settembre 1944, come riportato nei verbali ufficiali, un giorno prima dell’arrivo degli americani.
Tra le figure lucchesi ricordate: Bonacchi, giovane sottotenente che, travestito da gerarca fascista, riuscì a salvare tre partigiani destinati alla fucilazione; il commissario Giovanni Palatucci, che, come questore di Fiume, salvò centinaia di ebrei falsificando documenti, e pagò con la vita; Arrigo Boldrini "Bulow", ufficiale dell’esercito, che comandò con grande abilità una brigata partigiana romagnola.
Sono stati ricordati anche Bagna, Vannucci, Bechi Luserna e Gamerra, militari a cui sono intitolate oggi caserme tra Pisa e Livorno. E ancora, Cadorna, che a 50 anni si fece paracadutare nel nord Italia per guidare il CLNAI e firmare l'arresto di Mussolini.
Il colonnello ha voluto anche ricordare il contributo femminile: Paola Del Din "Renata", considerata la prima donna paracadutista militare; "Fiammetta", pseudonimo di un'altra coraggiosa partigiana che nel 1944 compì un lancio operativo; Vera Vassalle, agente informativo che, trasportata in Toscana con un sommergibile, attraversò a piedi la Maremma e la Versilia per continuare a trasmettere informazioni vitali.
La libertà non è mai un dono. È una conquista. Il coraggio di quei giovani uomini e donne, la loro scelta di resistere anche nell'incertezza più totale, ci ricorda che ogni diritto va difeso e ogni conquista va onorata. L’Italia di oggi esiste grazie anche a loro.
Foto di Nicola Tognetti