L'evento
Simone Costa al Grande Fratello lascia la fidanzata Yulia Bruschi in diretta Tv: "Per cortesia ora togliti l'anello"
La storia d'amore tra il ristoratore Simone Costa e la sua fidanzata e anche dipendente presso l'Antico Caffè delle Mura è finita ieri sera durante la trasmissione del Grande Fratello nella cui casa la ragazza di origini cubane, Yulia Bruschi, è concorrente
Lega Toscana, 'prosegue collaborazione con comitato Vannacci'
''Prosegue in vista delle prossime elezioni regionali ed amministrative, nell'ottica di una sempre maggiore integrazione, la collaborazione da parte della segreteria regionale con il comitato 'Il mondo al contrario', riferimento del parlamentare europeo Roberto Vannacci, e nello specifico con il suo delegato Massimiliano Simoni'
La Gazzetta del Serchio cambia dominio: da .it a .net
Non cambieranno la grafica, che resterà la stessa né i contenuti archivio compreso. L'indirizzo di posta elettronica diventerà
Disobbedienti: Vannacci e Rizzo attaccano il politicamente corretto
Al VI° Congresso di Meritocrazia Italia, il palco ha visto confrontarsi due protagonisti di quella politica italiana che non teme di andare controcorrente: il Generale Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega, e Marco Rizzo, leader di Democrazia Sovrana e Popolare
Fabio Vergamini e Anna Maria Fabrizi alla Targa Florio: un rocambolesco terzo posto ottimo in chiave campionato italiano GT
In campionato vincono il titolo Italiano delle Prove di Media, si riprendono la piazza d'onore nella generale e vincono il campionato scuderie
Consiglio provinciale di Lucca, giovedì 17 ottobre la prima seduta del mandato di Marcello Pierucci
Si terrà giovedì 17 ottobre, alle 17, nella sala Rappresentanza di Palazzo Ducale il primo Consiglio provinciale di Lucca dopo le elezioni dello scorso 29 settembre. L'ordine del giorno della prima seduta del…
Disturbi dello spettro dell’autismo: l’importanza dei facilitatori sociali (ESP) e dei gruppi di auto-aiuto in un evento formativo a Castelnuovo
Si è svolto nei giorni scorsi (11 ottobre), nella Sala Suffredini del Comune di Castelnuovo di Garfagnana, il seminario “ESP, le risorse dell’esperienza: DSA e gruppo di auto-aiuto”, accreditato…
Kedrion: l'eccellenza del biofarmaceutico e il viaggio del plasma per la cura di malattie rare
Porte aperte nell’hub produttivo di Bolognana per dialogare con Istituzioni e associazioni di donatori e pazienti
Roberto Vannacci alla cerimonia per la nomina del nuovo comandante del 9° Reggimento d'assalto 'Col Moschin'
Una giornata emozionante alla caserma Vannucci di Livorno per il generale di divisione ed europarlamentare che, dal 2011 al 2013, ha guidato il reparto più prestigioso dell'esercito italiano. Unica autorità politica presente alla cerimonia
"Giovanni Pascoli narratore dell'avvenire", incontro con Luigi Nicolini
Torna per il sesto anno consecutivo la collaborazione tra Fondazione Giovanni Pascoli e LuccAutori - Premio letterario Racconti nella Rete, festival giunto alla sua trentesima edizione. E' dal 2019…
- Scritto da Redazione
- L'evento
- Visite: 1850
Normalmente le storie dell’emigrazione raccontano di quelli che ce l’hanno fatta, spesso self made men che dal nulla sono riusciti a costruire un grande impero di cui andare universalmente orgogliosi.
Quando Carlo Ilio Mannocci, nativo di Gallicano e oggi residente in Oregon, mi chiese se avessi invece mai sentito parlare di Pia Battaglia, conosciuta là come Mama Pia di Molazzana, capii subito che questo personaggio seguiva tutt’altra narrazione, per essergli rimasta nella memoria per ben 67 anni.
Pia Leonardi in Battaglia, classe 1900, emigrò col marito a Cincinnati in Ohio nel ‘25, chiamati da un cugino che gestiva un ristorante, il Walnut Hills. Pia fu impegnata per anni nella sua cucina, lavorò poi in una sartoria e infine aprì in proprio una modesta lavanderia. Ma il suo piccolo grande sogno era quello di iniziare un’attività tutta sua nella ristorazione, in un Paese che notoriamente sapeva riconoscere il merito all’iniziativa privata. Nel 1950 finalmente, con i pochi risparmi messi da parte, riuscì da acquistare, al civico 995 di Pavilion Street in Cincinnati, un piccolo negozio di dolciumi, sulla famosa collina chiamata Mount Adams, che in quell’epoca si stava notevolmente sviluppando come centro residenziale. Pia aveva passeggiato spesso su quell’altura, che era stata prima un grande vigneto nell’Ottocento, poi sede del famoso osservatorio astronomico di Cincinnati trasformato successivamente nella chiesa e convento di Santa Croce.
Quel luogo, in alto sulla città, con una vista mozzafiato, le ricordava un po’ la Garfagnana, e lì avrebbe voluto sviluppare il suo sogno e rimanere per il resto della vita. Pia trasformò il modesto locale acquistato in un negozio di alimentari, distinguendosi per aver importato anche l’olio di Lucca. Divenne subito famosa per il suoi sandwiches e le zuppe calde, anche grazie agli avventori del teatro Playhouse of the Park, aperto da poco nei dintorni. Pure il famoso giocatore di baseball, ricevitore nei Cincinnati Reds ed inserito fra i più grandi dell’Hall of Fame, Johnny Bench, nella sua biografia, ci ha lasciato un affettuoso ricordo dedicato a Pia Battaglia, rammentando come gli riservasse spesso del buon cibo, la mattina, preparando sempre più di quanto avesse potuto mangiare, come nella tradizione di ogni buona madre di famiglia italiana. Ma il Sandwich Shop era anche il luogo dove chiunque, anche senza soldi e affamato, avrebbe potuto avere da Pia un panino o una zuppa calda.
A molti rimase particolarmente impressa l’inusuale bontà e generosità di questa mamma garfagnina emigrata in Ohio. Abbiamo trovato molti abitanti di Cincinnati che ricordano la gentilezza e l’affabilità della nostra. Resta ancora oggi viva la memoria di chi adorava il suo famosissimo panino con l’insalata all’uovo e chi, saputo nel 1981 la prossima chiusura del locale, acquistò un numero spropositato di zuppe per poterle poi conservare, congelate, per un po’ di tempo. Molti la ricordano ancora oggi come uno dei più famosi personaggi di Cincinnati, essendosi conquistata sul campo il titolo di “Sindaco di Mount Adams”. Di Cincinnati rammentiamo sicuramente, in valle del Serchio, la famosa Molly dello struggente poemetto Italy di Giovanni Pascoli. A noi spettava ancora, in Garfagnana, di dedicare modestamente anche a Pia, una piccola ma sentita e nostalgica memoria.
- Galleria:
- Scritto da Redazione
- L'evento
- Visite: 1070
Il 15 marzo ricorreva il cinquantesimo anniversario della morte di Giangiacomo Feltrinelli, voglio raccontarvelo con un libro.
Leggere oggi a cinquant’anni dalla morte di Giangiacomo Feltrinelli questo libro di Aldo Grandi a me ha fatto un certo effetto. Non ho potuto fare a meno di domandarmi cosa può pensare un ventenne di queste pagine, di questi eventi, per quel concetto di “memoria evaporata” di Paolo Morando. Non starò qui a dire di che lavoro prezioso sia stato questo di Aldo Grandi, l’accuratezza del racconto, l’occhio vigile del cronista su una vita così complessa non ha ceduto mai neppure per due pagine soltanto alla seduzione della compilazione.
Parlerò invece di lui, del protagonista, dell’idea che mi sono fatta leggendo Gli ultimi giorni di Giangiacomo Feltrinelli.
Per me il fascino sta proprio qui, nelle pieghe di questi pensieri, nelle esperienze che gli hanno consentito di far sedimentare certe convinzioni. Dalle testimonianze di quell’ultima compagna di vita, Sibilla Melega, riusciamo a capire quanto il suo sguardo fosse filtrato attraverso un prisma di emozioni, compassione e una forma di pagano misticismo.
“Nel 1967, a seguito della cattura in Bolivia di uno dei suoi autori, il giovane filosofo francese Régis Debray, accorso in Sud America sulle tracce di Ernesto «Che» Guevara, che a sua volta aveva lasciato Cuba per una impresa impossibile nelle campagne boliviane insieme a un pugno di rivoluzionari, Feltrinelli decise di raggiungere quei luoghi nel tentativo di portare soccorso all’amico. Questi era stato arrestato e il suo processo si sarebbe dovuto tenere di lì a breve. Feltrinelli partì con Sibilla Melega, che inizialmente lasciò in Perù, a Lima, dirigendosi da solo a La Paz. Da qui telegrafò alla compagna affinché lo raggiungesse. Quando lei arrivò in albergo, comprese di trovarsi in una situazione molto più grave di quanto avesse potuto immaginare. Di lì a breve la coppia fu arrestata e soltanto la mobilitazione internazionale e quella delle autorità italiane fecero sì che, dopo alcuni giorni trascorsi in carcere e sotto estenuanti interrogatori, i due fidanzati fossero liberati ed espulsi in quanto ospiti non graditi.”
Come spesso accade agli attivisti, fu fieramente indipendente, bramava creatività, soluzioni originali; aveva bisogno della libertà di essere innovativo, concedersi di perdere la pazienza, di avvilirsi se incastrato in un ruolo ordinario.
Lasciatemi fare, vi prego, la “psicologa della porta accanto”, io penso che, come spesso accade a personalità come quella di Giangiacomo Feltrinelli, l’intuito può essere indegno consigliere, spinge a presumere, a leggere equivoci segnali vanificando piani che un approccio più banale avrebbero rivelato più semplici. Questo tipo di stress sociale deve aver vissuto, che inferno è stato per chi come lui viveva focalizzato su una “armonia sociale” che credeva possibile e desiderabile soprattutto . Emotivo e sensibile si è portato nella tomba quel cruccio di non essere stato considerato “più ricco, cioè dotato di altri pregi e difetti oltreché la disponibilità finanziaria”.
“Gli ultimi giorni di Giangiacomo Feltrinelli” attraversa anni incredibili della nostra storia, penso al racconto che Aldo Grandi fa degli anni dal 1958 al 1972 (e un po’ dopo) che videro realizzarsi un mutamento globale dell’Italia contadina, sotto-sviluppata e ancora provata dalla seconda guerra mondiale e lui, Giangiacomo, non fu capace di stare a guardare, di accodarsi a questo o a quello, volle piuttosto perseguire quel suo ideale che Franco Piperno, non senza una vena di amicale polemica definì “guevarismo antifascista”.
Giangiacomo Feltrinelli credeva e basta in quelle scelte laiche che mal si adattavano alle logiche degli schieramenti e quindi non gli hanno lasciato scampo nella partita doppia del dare e avere di certe ideologie.
L’Italia che lo ha colto cadavere (1972) era un’Italia in cui la rigidità del mercato del lavoro delle regioni del Nord, l’alienazione degli operai, il risentimento degli immigrati meridionali, l’immobilismo dei governi di centro-sinistra (incapaci di portare a termine i programmi di riforme promesse agli elettori ) esacerbavano gli animi. Erano già tre anni che Gaber cantava Com’è bella la città, denunciando i falsi miti che millantavano un futuro migliore, e quattro anni prima la rivista La Sinistra ( n. 16 marzo ’68) aveva messo in prima pagina una Molotov con tanto di istruzioni per fabbricarla spiegandone il possibile impiego.
L’aver avuto a che fare con coloro che gestivano il potere economico e politico l’ha in qualche modo inviso al mondo proletario che pure ambiva a difendere, l’ha lasciato alla mercè di chi voleva suggere il suo denaro per una lotta che non riteneva potesse essere la sua, le “sincere intenzioni comuniste” non furono sufficienti a farne apprezzare la complessità umana.
Di certo, a così tanti anni di distanza, vien da sorridere a mezza bocca all’idea di come quella morte avvenuta per un’azione incompiuta abbia sclerotizzato certa politica ma erano gli anni in cui L’Espresso pubblicava l’appello contro il Commissario Calabresi (1971), al cinema trasmettevano “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri e intanto Feltrinelli aveva avuto il tempo di pubblicare Il dottor Živago di Boris Pasternak e Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, di vivere, amare e morire. A 46 anni.
Gli ultimi giorni di Giangiacomo Feltrinelli di Aldo Grandi
Chiarelettere
Pp 240 Brossura € 18,00