Un inno alla vita e un monito a chi, venendo al mondo, non si accorge della fortuna che ha.
La "Piccola Ribalta" di Pesaro mette in scena, per la regia di Maurizio Garattoni, "La piccola città" di Thornton Wilder (su traduzione di Carlo Fruttero e Franco Lucentini) per inaugurare il Gran premio del teatro amatoriale italiano nel rinnovato "Idelfonso Nieri" di Ponte a Moriano. Un audace volo o, se si preferisce, un azzardo per la complessità del testo premio Pulitzer nel 1938.
Primi del '900, Grover's Corners. Una piccola, rurale e anonima cittadina del New Hampshire, in U.S.A. La musica in sottofondo è quella giusta. Un blues. Gli attori entrano alla spicciola sul palco, passando tra il pubblico. Un inizio meta-teatrale. La direttrice di scena, Veronica Mastrogiacomi, abbatte subito la quarta parete: si rivolge direttamente alla platea. Sarà lei la voce narrante di questo spettacolo, a metà tra la commedia e il dramma.
Veronica è Veronica. Non ha un nome il suo personaggio. È reale, di carne. Il suo ruolo è quello di introdurre i personaggi, che, inizialmente, sono come degli spettri nella penombra. Inespressivi, immobili, seduti. Si animano solo quando vengono invocati dal narratore onniscente. C'è molta tecnica cinematografica nella rappresentazione. Molta Hollywood.
Certo, la figura di Veronica - per quantità di battute e presenza - oscura, nella prima parte, quella dei protagonisti che - si scopre solo dopo - sono, in realtà, due ragazzi innamorati: Emily (una convincente Annarita Ferrantino), la figlia di Charles Webb, direttore del quotidiano locale; e George (Samuele Ruini, che colpisce per fisique-du-role, ma pecca di dizione), il figlio del dottor Frank Gibbs, il medico del paese.
Capire chi sono gli attori non protagonisti di un'opera così corale è davvero complicato: sono il macchiettistico professor Willard (molto caricato da Franco Cesaroni), l'esilarante signora Carter (un'Anna Secchiaroli sopra le righe), l'ubriacone Simon Stimson (Stefano Gennaro, efficace nel ruolo) ovvero il direttore del coro? La verità è che non ci sono attori non protagonisti in un allestimento del genere. Protagonista è il consorzio umano nella sua varietà.
La scenografia è scarna, spartana. L'arredo non dà riferimenti geografici. I costumi sono credibili per l'epoca nella quale è ambientata la storia. Le luci giocano sul contrasto tra il blu, abbinato alla tristezza, e il giallo, riferito alla vita. Belle alcune combinazioni come quella del dialogo amoroso, tra le finestre delle rispettive abitazioni, di Emily e George, mentre sullo sfondo il coro intona un funereo canto di chiesa; o come quella tra il coro (che ricorda, in questo caso, la tragedia greca) delle anime morte e il seppellimento di Emily.
Le musiche, beh. Si passa da "Divenire" di Ludovico Einaudi a citazioni de "La vita è meravigliosa" di Frank Capra (il cui messaggio di fondo è, in sostanza, quello de "La piccola città" di Wilder), con sbalzi temporali vertiginosi. Una scelta un po' spiazzante. Apprezzabile, però, il silenzio che sembra avvolgere il copione. Il ripetuto rumore della campagna, sullo sfondo, può suonare monotono ed insipido. In realtà, è funzionale al contesto. In questa cittadina i soli suoni che si odono sono quelli. La vita è piatta. Ci si esalta per piccole conquiste, non ci si stupisce di niente. Si nasce, ci si sposa, si partorisce e si muore.
La regia. Lo spettacolo si segue bene. Il problema, però, è che si applaude poco, nonostante che i momenti per farlo, di certo, non manchino. Il pubblico è come sopraffatto dai monologhi e dai dialoghi. Sono asfissianti. Raramente si raggiunge un'apice e si lascia, allo spettatore, lo spazio minimo per esprimersi. I due atti annunciati ad inizio serata erano davvero abbastanza, senza la coda del terzo che ha appesantito l'atmosfera rendendo, di fatto, difficile mandare giù il finale.
Il giudizio definitivo è rimandato alla fine del premio quando sarà possibile comparare questo spettacolo con gli altri. Già da ora, però, possiamo ringraziare la F.I.T.A. - e, in particolare, la sua presidente regionale Rita Nelli - perché si preannuncia davvero un'avvincente edizione.
Foto di Nicola Tognetti
"La piccola città", il capolavoro di Thornton Wilder al Teatro Nieri: felice è chi sa di esserlo
Scritto da andrea cosimini
L'evento
06 Aprile 2025
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