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Scritto da aldo grandi
Ce n'è anche per Cecco a cena
25 Aprile 2023

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Anche questo 25 Aprile è passato. Con le sue solite cerimonie assolutamente inutili e, soprattutto, scarsamente frequentate, in particolare, dai giovani che hanno, sicuramente, qualcosa di meglio da fare che ricordare cosa accadde quasi un secolo fa e grazie al quale possono godere di quella libertà che, altrimenti, difficilmente si sarebbero potuti permettere. A Sinistra sembra ieri, pare, cioè, che la guerra civile e il secondo conflitto mondiale, per l'Italia, siano realmente terminati una settimana fa tanti sono la rabbia, l'odio, il rancore, l'ardore con cui celebrano una ricorrenza che definire politicamente strumentalizzata sarebbe un eufemismo. Poi, a pensarci bene, che a celebrarla siano dei politici o anche dei politicanti, la razza meno pura e coerente che c'è, è davvero buffo. Il problema, del resto, sta tutto o quasi sui banchi di scuola, dove insegnanti ignoranti e incapaci, a malapena riescono a far stare gli studenti in classe o, nel migliore dei casi, a farli appassionare alle materie che dovrebbero conoscere. Allora, siccome non si è in grado di far amare ciò che si dovrebbe insegnare, si ricorre a tutto ciò che con la scuola non c'entra alcunché: convegni, testimonianze non si sa bene di chi visto che, ormai, sono tutti morti, appelli ad associazioni che si autodefiniscono antifasciste in un periodo storico in cui, il fascismo, si fa fatica a trovarlo persino a Predappio. Battute a parte, ci tocca leggere e apprendere, con un po' di ironia, che sono diventati tutti professori e che tutti sono capaci di insegnare che cosa sia stato il fascismo e perché, adesso, a 80 anni di distanza, dovremmo averne ancora paura per evitare che si ripresenti. Addirittura, qualche imbecille tenta di spacciare le giuste rivendicazioni identitarie dei popoli come una sorta di Nuovo Fascismo da cui guardarsi e da combattere. Non solo imbecilli, anche idioti e in malafede. Purtroppo l'ignoranza è una brutta bestia, soprattutto, quando la si trova tra chi, al contrario, pretende di essere sapiente.

Avevamo un padre, una volta, classe 1914, nativo di Jolanda di Savoia che, per chi non conoscesse la storia e nemmeno la geografia, è un piccolo paese del ferrarese. Era cresciuto in campagna, nuotava nel Po e uno dei passatempi preferiti, in estate e durante l'adolescenza-gioventù, era quello di attraversarlo da una sponda all'altra. La mamma, per non parlare del padre fattore, non aveva granché tempo di star dietro a tutti quei figli e la parola sostituzione etnica, così come le Elly Schlein e l'invasione immigrazionista, erano di là da venire.

Era, potremmo dire, fascista naturaliter, ossia non aveva avuto e visto altra realtà che non fosse quella disegnata e voluta dal duce al secolo Benito Mussolini e, ad essere sinceri, in quella Italia post bellica sarebbe stato difficile riuscire a trovare qualcuno, in particolare tra i giovani, che fascista non fosse. Comunque sia a vent'anni era già sposato con prole e a causa di un incidente agricolo, riuscì a non essere inviato in guerra come, purtroppo e al contrario, accadde a numerosi coetanei che, successivamente e per la stragrande maggioranza, non poterono tornare a raccontarlo.

Dopo l'8 settembre 1943, tuttavia e, nella fattispecie dopo la nascita della Repubblica Sociale Italiana, in diverse circostanze, conoscendo le immutate simpatie per il regime e per Mussolini, gli fu chiesto se fosse disposto, lui dirigente alla Ducati di Bologna Borgo Panigale, ad arruolarsi per andare a stanare quei rompicoglioni dei partigiani che ne combinavano di tutti i colori, rosso in particolare. Ebbene, quel padre, che fascista era sempre stato e che fascista continuò a rivendicare di esserlo stato senza vergognarsi per questo, rispose seccamente di no perché, diceva, di andare ad ammazzare altri italiani non se la sentiva e non lo avrebbe mai fatto.

A fine guerra, come accadde un po' dappertutto, ci furono le epurazioni salvo che, a dover essere epurati per primi, avrebbero dovuto essere tutti coloro che, chi prima, chi dopo, avevano fornicato col fascismo ottenendone prebende e cadreghini salvo, poi, rinnegare tutto come se niente fosse accaduto: politici, magistrati, amministratori, intellettuali, giornalisti, un potpourri dove si poteva trovare di tutto senza che, però, ci fosse qualcuno disposto ad andarlo a cercare per sputtanarlo a dovere.

Così accadde che, di punto in bianco, anche quel fascista con prole fu costretto ad andarsene dalla Ducati e a trovare altrove i mezzi di sostentamento. Fortuna volle che a quei tempi i figli non avevano tutta questa voglia di stare attaccati alle chiappe dei genitori e la vita, per quanto ingrata, appariva ancora una scommessa da vincere o, quantomeno, da provarci.

Sarà stato, probabilmente, anche per questo, per questa vaga memoria, che l'autore di queste righe si è sempre sentito, in ogni luogo, in Italia o all'estero, italiano a tutto tondo, consapevole dei difetti di un popolo, ma anche orgoglioso del senso di appartenenza che ne derivava. Così, quando arriva il 25 Aprile, ma anche tutti i giorni del resto dell'anno, ci tocca sorbirci i discorsi privi di senso, ma, in primis, di intelligenza politica e umana che fuoriescono dalle bocche più o meno spalancate di politicanti da strapazzo a tutti i livelli, locali e nazionali, il cui massimo livello di cultura e di conoscenza storica raggiunti potrebbe essere paragonabile, ad essere ottimisti, con quello di un sorcio schiacciato sull'asfalto. Ossia pari a zero.

Se un senso, questa ricorrenza dovrebbe avere per tutti e non soltanto per i verniciati di rosso, dovrebbe essere la volontà di superare gli steccati per riscoprirsi, prima di tutto, proprio quello che non siamo mai stati capaci di essere e che, va detto, solamente durante il fascismo sia pure con tutti i limiti esistenti e al di là delle inconfutabili tragedie e viltà provocate, fu. Italiani, quindi, prima di tutto e sopra di tutto, ma in un mondo dove sentirsi o dirsi italiani viene considerata una sorta di suprematismo bianco o, peggio ancora, nero, c'è ben poco da sperare. La sinistra fa schifo (ma anco la destra però...) e questo lo sappiamo da sempre. Ha rovinato quel poco che dal fascismo si era salvato e ha contribuito ad annacquare anzi, a distruggere ogni giusto senso di appartenenza identitario in nome di un principio di uguaglianza senza capo né coda dove si azzera tutto convinti che, dopo, sia più facile edificare. In realtà, azzerando tutti resta solamente il nulla, ma vallo a spiegare ai dementi verniciati di rosso o, peggio ancora oggigiorno, rosa-fucsia, tutti presi dalla necessità di tutelare chi, della propria identità e in tutti i sensi, non sa cosa farsene.

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