Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione del Comitato per l'attuazione della Costituzione - Valle del Serchio sulla Fase 2 dell'emergenza sanitaria.
"Molti cittadini speravano che la tanto annunciata "Fase 2" aprisse veramente la strada ad un progressivo ritorno alla normalità, dunque all'affermazione del diritto al lavoro e ad un reddito dignitoso, nonché al ripristino dei tanti diritti costituzionali violati dalle decisioni del governo. Così non è stato, procrastinando in questo modo una situazione non più accettabile da nessun punto di vista.
Il Comitato per l'attuazione della Costituzione della Valle del Serchio ha ben presente la centralità della questione sanitaria, tant'è che la sua ultima iniziativa pubblica, tenutasi nell'autunno scorso a Fornaci di Barga, aveva come titolo "In difesa della sanità pubblica. Mobilitiamoci!". In quella sede denunciammo la gravità della situazione, il taglio dei posti letto, quelli al personale ed alle risorse destinate al settore. I fatti degli ultimi mesi sono lì a dimostrarci quanto fosse giusta quella denuncia.
Mentre non accennano neppure alla più piccola autocritica, quelli che sono stati i responsabili delle politiche che ci hanno portato al disastro sanitario, ci propongono adesso la semplice prosecuzione (appena un po' allentata dal 4 maggio) di una sorta di arresti domiciliari di massa. Non siamo d'accordo!
I sacrosanti diritti alla salute (che costoro hanno fin qui calpestato con le decennali politiche di austerità) ed alla sicurezza, non possono essere scambiati con la rinuncia ad altri diritti fondamentali della persona e della collettività, anch'essi tutelati dalla nostra Costituzione.
Questo ricatto non è accettabile, ed altri paesi hanno trovato forme di contrasto all'epidemia molto più rispettose dei principi di libertà. Come hanno ricordato eminenti giuristi, ogni limitazione transitoria ai diritti costituzionali dovrebbe infatti rispettare i principi di adeguatezza e proporzionalità. Così non è stato, così continua a non essere nella cosiddetta "Fase 2".
La Costituzione non prevede alcun "stato di emergenza", ma solo lo "stato di guerra", eppure lo stato d'emergenza è stato dichiarato dal governo senza alcun voto parlamentare. Siamo dunque al di fuori della legalità costituzionale. Un arbitrio confermato poi dal continuo ricorso ai Dpcm (Decreti della presidenza del consiglio dei ministri), un abuso degno di una monarchia assoluta non certo di una democrazia parlamentare come quella italiana.
Nei giorni scorsi, oltre 30 giuristi (tra presidenti di tribunale e avvocati) hanno scritto una lettera aperta al governo, con la quale chiedono che si ritorni al rispetto della Costituzione, gravemente leso dalle misure degli ultimi due mesi. Quali siano le principali lesioni, i giuristi lo dicono chiaramente nella loro lettera, alla quale ci associamo:
«Le misure (centrali e locali) introdotte per fare fronte all'emergenza Covid-19 ledono fino quasi ad annullare le libertà e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, incluse la libertà di circolazione (articolo 16), la libertà di riunione (17), il diritto di professare la propria fede religiosa nei luoghi di culto (19), il diritto allo studio (33-34), la libertà di iniziativa economica (41), financo la libertà di espressione del pensiero (21) e soprattutto la libertà personale (13) e i diritti inalienabili della persona».
Noi non sottovalutiamo affatto l'epidemia. E siamo i primi ad esigere la tutela della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini tutti. Ogni decisione deve però tenere conto, insieme a questa esigenza, anche delle necessità economiche, sociali ed umane. Alla fine i danni fatti all'economia ed al vivere sociale potrebbero rivelarsi ancora più gravi (forse anche termini di vite umane) di quelli del coronavirus. Se in nome della sicurezza si mettono sul lastrico milioni di persone, e si getta nella più cupa incertezza almeno la metà della popolazione, qualche domanda bisognerà pure farsela.
Noi pensiamo che questa situazione non sia più sostenibile, che non si possa rinunciare alla vita ed alla libertà in nome della sicurezza. Ben sapendo, fra l'altro, che la prima sicurezza è proprio quella che viene dal lavoro e da un reddito dignitoso.
Diciamo dunque basta al confinamento, che ha compresso gravemente i diritti costituzionali, le attività economiche e culturali, la crescita educativa (è scandaloso come la scuola venga sempre buon'ultima nei pensieri dei governanti), la stessa salute fisica e mentale di 60 milioni di italiani.
Si torni dunque alla Costituzione! Lo si faccia subito senza ritardi e senza le vigliaccherie di un ceto politico ormai indecente".