Entrando nel suo ufficio, a Piano di Coreglia, le prime cose che saltano all'occhio sono una grande riproduzione a colori del Quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo e, più in disparte, una piccola foto autografata del beniamino locale, il calciatore ghivizzanese Giovanni Di Lorenzo, difensore (e capitano) del Napoli e della nazionale italiana.
Dietro la scrivania, poi, c'è lui: Fulvio Mandriota, 75 anni, abitante a Barga, pensionato e attualmente ai vertici lucchesi dell'unione nazionale delle pro loco. I collegamenti con Napoli, Ghivizzano e il socialismo sono presto detti: Fulvio è nato e cresciuto nella città partenopea ma, dopo aver abbandonato al terzo anno gli studi universitari, si è trasferito nella frazione coreglina per lavorare; nel frattempo, ha condito la sua esistenza con una lunga militanza nelle file del partito socialista italiano, prima, e in altre compagini politiche, poi.
Nella sua vita c'è stato un episodio segnante: all'età di poco più di un anno, ovvero in pieno periodo post-bellico, ha contratto il virus della poliomielite. E, da quel momento in poi, la sua vita non è stata più la stessa. Nel libro autobiografico Una storia diversa, edito da Felici Editore, Fulvio ha voluto raccontare la sua lotta per la parità affinché possa contribuire ad assicurare, un giorno, condizioni più favorevoli ai disabili.
Fulvio Mandriota, ci parli dellle sue origini
"Sono nato a Napoli, da padre pugliese (Torquato Mandriota) e da madre ghivizzanese (Bartolomea Frediani). Avevo un fratello, Adriano, che aveva 11 anni più di me: non fu molto presente in famiglia, perché intraprese la carriera militare; però si può dire che mi allevò".
Quanto è stato importante il supporto della sua famiglia nella malattia?
"Direi determinante. Se non avessi trovato una famiglia disponibile, sarei stato scaricato completamente nelle mani delle istituzioni. E questo può rivelarsi una disgrazia laddove la società non crei un supporto sufficiente perché il disabile abbia modo di essere sostenuto ed aiutato".
Non tutti sanno cos'è precisamente la poliomielite. Vuole spiegarcelo?
"È una grave malattia infettiva, che si contrae per bocca e va a colpire il midollo spinale. L'effetto è la paralisi. Negli anni '50 fu un vero e proprio flagello, ma ancora oggi è presente in molte zone della terra".
In lei come si è manifestata?
"Da piccolo mi si sono paralizzate entrambe le gambe; poi, col tempo, grazie alle trasfusioni di sangue, ho recuperato parzialmente la mobilità della sinistra. Me la sono così cavata fino alla mia età, camminicchiando, ma dovendo spostare tutto il peso a carico di uno dei miei arti. Alla fine anche la gamba sinistra - già poliomielitica - ha ceduto ed ora sono costretto a deambulare in stampelle".
C'è stato un episodio nella sua gioventù che l'ha spinta a non mollare?
"Sì. Ricordo che, per le strade di Napoli, c'erano gruppi di ragazzini che giocavano a calcio e organizzavano le squadre. Di solito, se mancava un giocatore, chiamavano me e mi piazzavano in ala. Una volta mi arrivò un pallone e, non so come, feci gol. Fu in quel preciso momento che mi scattò una molla. Mi dissi: se ho fatto rete anch'io, vuol dire che non sono così tanto diverso dagli altri".
Crede che si potrebbe fare di più per i disabili, oggi?
"Consideri che, in Italia, sono circa 4 milioni i disabili: sono quindi una risorsa umana. Non si investe però sulle loro capacità e competenze. Bisogna pensare che, quando una persona contrae una disabilità, sviluppa maggiormente altri sensi. Io, ad esempio, avverto meglio il pericolo. E questo mi è servito anche nella vita".
Perché ha scritto questo libro autobiografico?
"Non volevo essere io il protagonista di questa storia. Volevo, piuttosto, che - tramite la mia testimonianza di vita - si sensibilizzasse sul problema delle pari opportunità per i disabili. Purtroppo, oggi, viviamo in una società che tende ad accantonare le minoranze invece che integrarle. Quello che una volta veniva considerato un obbligo morale - ovvero aiutare un disabile -, nella società 'liquida' di oggi è visto come un problema sociale secondario: prima vengono i ricavi, gli stipendi, le bollette..."
Qual è stata la spinta decisiva che l'ha portata a scriverlo?
"È stata una naturale reazione a chi, durante i due anni di pandemia, sosteneva che il vaccino contro il Covid non andasse fatto. Se al mio tempo avessero inventato - cosa che sarebbe accaduta in seguito - un vaccino contro la polio, non l'avrei contratta e non avrei quindi avuto una vita così difficoltosa".