Lorenzo Fazio, per chi non lo conosce, è un intellettuale a tutti gli effetti. Cresciuto alla Einaudi di via Biancamano, lui ligure venuto su nei carruggi genovesi e innamoratosi del mare ad Alassio, prima è stato direttore della collana più prestigiosa della casa editrice torinese, quella della saggistica degli Struzzi, quindi responsabile della Bur da Rizzoli a Milano e, infine, direttore editoriale e socio di Chiarelettere. Da pochi mesi è in pensione all'età di 64 anni con, alle spalle, oltre quarant'anni di storia dell'editoria italiana.
Lo abbiamo incontrato tanti anni fa, era il 2000, alla presentazione della nostra biografia di Giangiacomo Feltrinelli edita da Baldini&Castoldi. Era in compagnia di Federico Fornero, successivamente divenuto parlamentare della Repubblica. Entrambi apprezzarono il nostro lavoro e ci suggerirono di passare a Einaudi per la redazione del prossimo libro. Ringraziammo e cominciammo a pensare se era il caso di lasciare Alessandro Dalai, lo squalo, l'editore che aveva creduto in noi che non eravamo nessuno così come aveva creduto a Susanna Tamaro, a Giorgio Faletti, a Naomi Klein, a Enrico Brizzi e a tanti altri ancora che aveva scoperto con la sua genialità. Alla fine cedemmo alle lusinghe - non economiche - ma di prestigio e facemmo il salto. Non ce ne siamo mai pentiti anche perché da allora prendemmo a seguire le orme del nostro mentore, appunto Lorenzo Fazio seguendolo ovunque scelse di andare.
Sono passati moti anni e che anni, da allora. Essendo a Torino, la sua città, per prendere parte al salone del libro con Gli ultimi giorni di Giangiacomo Feltrinelli in compagnia di Francesco 'Cecco' Bellosi ex militante di Potop e della colonna Valter Alasia delle Br e di Marco Castelnuovo, capo della redazione torinese del Corriere della Sera, ha voluto invitarci una sera, sabato 21 maggio, a conoscere una piola, termine che, in torinese o piemontese che dir si voglia, sta a significare una trattoria popolare tipica. Inoltre, ha aggiunto, dopo cena gita nientepopodimenoche a Superga per vedere la basilica, ma non soltanto. Quando sentiamo pronunciare questo nome, veniamo percorsi da un brivido. Anche se eravamo di là dal nascere, la tragedia che nel maggio 1949 pose fine ad una delle storie sportive divenute leggende con la scomnparsa della squadra di calcio del Grande Torino, ha accompagnato tutta la nostra giovinezza. Come non ricordare Sandro e Ferruccio Mazzola immortalati nelle figurine Panini, i figli di Valentino deceduto proprio in quella catastrofe aerea? E poi i mitici nomi di una formazione che aveva fatto sognare l'Italia e non solo i tifosi granata.
Torino è una città che non conoscevamo e che non pensavamo potesse riservarci, al di là del caldo soffocante di questi giorni - dai 30 ai 34 gradi - così tante piacevoli sorprese, a cominciare da una vivacità e semplicità che non vuol dire sciatteria, che non abbiamo riscontrato in altre metropoli del nord. Abbiamo soggiornato all'hotel Roma di piazza Carlo Felice, volevamo vedere di persona la stanza nella quale, il 27 agosto 1950, Cesare Pavese, uno degli scrittori che ha illuminato la nostra adolescenza, si tolse la vita.
"Vi passo a prendere alle 19.30". Parole di Fazio che non si smentisce mai quanto a precisione. A Torino, però, è giornata caotica, sia perché si è appena conclusa la tappa del giro d'Italia che terminava proprio a queste latitudini, sia perché in questo fine settimana si gioca la finale di calcio femminile della Champion's League tra il Barcellona e il Lione. Le strade del centro pullulano, infatti, di supporters in gonnella, ma non solo provenienti dalla Spagna e con, indosso, le maglie azulgrana della squadra della Catalogna.
Traffico ce n'è, ma ce ne sarà molto di più a tarda sera quando rientremo in albergo da Superga. Finalmente la calura del giorno ha lasciato il posto ad una leggera brezza che accarezza e fa sentire molto meglio.
C'è un tavolo che ci aspetta alla trattoria delle Poste in Strada Mongreno quartiere Sassi, luogo niente male e ricco di verde. Abbiamo attraversato il Po, il fiume della nostra cultura storica alle scuole medie. Il Risorgimento era ancora vivo cinquant'anni fa, oggi nemmeno più se ne ricordano i martiri e, anzi, si fa di tutto per dileggiarne la memoria e le aspirazioni.
Scattiamo, come al solito, delle immagini agli arredi del ristorante che si trova poco distante dalla stazione di Sassi da dove parte la cremagliera che porta alla basilica di Superga, sulla collina torinese. La trattoria occupa il piano terra di un edificio che ricorda molto i cascinali piemontesi, dalla facciata piatta in tinta crema e a un piano. Aperta ai primi dell'800, quando venne costruita la casa, era l'osteria adiacente lo stallaggio dei cavalli addetti alla consegna postale (da cui il nome). L'attuale gestore appartiene alla famiglia che lo rilevò nel 1951. La cucina è piemontese senza se e senza ma, i vini anche. Il servizio è ottimo, efficiente e condotto da Lilli Pintilie, rumena di Bacau, ai piedi dei Carpazi, italiano perfetto e una simpatia innata. Lo chef e anche proprietario è Enzo Monticoni, la sua cucina ci ha rapito senza bisogno di chiedere alcun riscatto.
Innanzitutto il vino. Piemontese ovviamente anche per fare gli onori di casa. Scegliamo il Barbera della casa anche se sappiamo bene che, fino a qualche lustro fa, i vini piemontesi erano considerati di difficile amabilità. Invece e come avevamo appreso leggendolo in giro, i titolari delle aziende vinicole di questa magnifica e austera regione sono stati capaci di rilanciare vini che sembravano troppo vecchi facendoli diventare sufficientemente giovani e apprezzabilissimi. Noi ne restiamo enologicamente affascinati e ne berremo almeno mezza bottiglia.
Fazio è una persona che possiede una dote molto rara, quella di saper ascoltare e di far parlare prima di intervenire e dire la propria. Il nostro opposto o quasi. Ci affidiamo ai consigli di Lilli per scegliere il menu. Ci gettiamo sugli antipasti che comprendono delle chicche favolose - il vitello tonnato è delicatissimo - affettati e stuzzichini, quindi ripieghiamo sugli agnolotti al sugo d'arrosto e sugli gnocchi al gorgonzola. Rinunciamo al secondo, in realtà optiamo per la ruota dei formaggi, svariate decine di triangoli appartenenti ai formaggi della razza piemontese doc. Proviamo anche il brasato con i peperoni, ma vorremmo anche tentare il coniglio allo Chardonnay, ma preferiamo mantenerci. si fa per dire, leggeri.
La conversazione scivola via come il vino senza incontrare ostacoli. Fortunatamente abbiamo sempre cura di circondarci, non solo nelle occasioni importanti, di persone che quando aprono bocca lasciano sempre qualcosa a chi le ascolta. Ci piace la compagnia che riscalda non solo il cuore, ma anche il cervello, che lo stimola al pensiero costruttivo, che affina la curiosità, che contribuisce all'elevazione dalla mediocrità imperante. Scopriamo, così, che nelle sue confessioni decisamente lontane da quelle, ben più famose, di un tal Jean Jacques Rousseau - sì, proprio l'autore del Contratto sociale - Lorenzo Fazio ci svela la sua passione per la vela e per la superficie sulla quale si muove. Una passione che è nata quando era ancora molto piccolo e col fratello venivano accompagnati e guidati dal padre che era innamorato del mare. All'epoca era vietato usare il motore anche quando si rientrava in porto, guai a fare manovra con quello cosa che, al contrario, oggi è divenuta obbligatoria. Il fratello di Fazio fa di professione lo skipper e nella sua esistenza ha anche costruito alcune imbarcazioni che sono dei veri e propri gioielli. Lorenzo ha preferito i libri e gli studi, ma il mare gli è rimasto dentro e, adesso che ha più tempo a disposizione, spesso lascia Torino diretto ad Alassio dove ha una casa di famiglia e dove ha acquistato una barca a vela di pochi metri, ma sufficiente a salpare e solcare il mare così da raggiungere l'isolotto che sta di fronte o giù di lì ad Alassio: l'isola Gallinara.
Conoscere gli esseri umani a qualunque latitudine essi si trovino è una cosa affascinante, irrinunciabile, che ti arricchisce e ti completa. La Lilli vorrebbe che assaggiassimo il dolce, ma decliniamo cortesemente l'invito. Niente da fare, Lorenzo Fazio si alza e va a pagare, inutil insistere per fare altrettanto. Vorrà dire che a Lucca sapremo farci valere. Arriva lo chef, si merita un applauso, gente semplice, gente vera, italiani doc, piemontesi docg. Più giriamo la penisola più siamo felici di essere nati in questo stivale sfasciato dal quale, però, non ci separeremmo mai. Saliamo in auto diretti a Superga: quando arriviamo la basilica è stupendamente illuminata e dal belvedere si gode un panorama fantastico. C'è un'aria fresca che fa venire voglia di adagiarsi ovunque e chiudere gli occhi. Ci rinunciamo, sarebbe disdicevole verso tutti e anche verso noi stessi. Siamo felici, per quel poco che serve e quel tanto che dà.