Ogni anno ci caschiamo puntuali. Anzi, due volte l'anno: a primavera e in estate inoltrata. Roma, del resto, ci manca non tanto, purtroppo, per quel che è, ma per quello che era quarant'anni fa e che, oggi, è soltanto uno sbiadito ricordo sufficientemente vivido, però, per farci credere che la città attuale conservi ancora tracce di un tempo che fu. Così, anche per questa primavera, la scelta di trascorrere le vacanze pasquali nella capitale è azzeccata, soprattutto, perché Roma, in questi giorni, è realmente molto, ma molto più vivibile e godibile, si fa per dire, della maggior parte dei giorni dell'anno: traffico scarso, parcheggi non impossibili da trovare, mezzi pubblici se non vuoti nemmeno pieni, locali dove si può trovare anche all'ultimo tuffo un tavolo dove sedersi e mangiare romano. Per tutti coloro che, a Roma, amano recarsi per conoscerla e frequentarla, questo breve taccuino di viaggio può essere un piccolo contributo a viverla meglio e, magari, tornarci anche in futuro nonostante i difetti, ormai, siano di gran lunga più numerosi dei pregi, ma, in fondo, andarci da turisti è infinitamente meglio che diventare residenti. Lucca, al confronto, non teme paragoni: un'altra vita, un'altra, in particolare, qualità della vita, senza stress o con molto meno stress e, almeno e ci teniamo stretti, tre ore di auto ogni giorno per andare e tornare a casa propria.
Dopo il Covid i prezzi degli alberghi e delle location romane sono cresciuti a dismisura, addirittura triplicati in alcuni casi, almeno raddoppiati in tutti gli altri. A Pasqua, tuttavia, si respira appena appena un po' di più e si possono individuare alcune sistemazioni tra hotel e bed&breakfast o accomodation varie di buon livello e anche di più senza doversi svenare. Certo che se fino al 2020 si poteva trovare un hotel a 4 stelle anche in zone centrali a una cifra compresa tra i 120 e i 16 euro a notte, nell'anno di disgrazia 2024 ciò è, semplicemente, impossibile. Il Covid, come per tante altre cose, ha rappresentato uno spartiacque: chi sta una parte, quella fortunata e chi, invece, dall'altra, quella dove si passa più tempo a rincorrere che a camminare. In mezzo, la solita e sempre più sottile fetta del cosiddetto ceto medio che medio, ormai, non lo è più da un pezzo.
A Monteverde, in via di Monteverde 29, c'è Il sogno di Afrodite luxury b&B, gestito da Alessia Di Giorgio, romana doc. Si tratta di un appartamento al piano terra di un edificio situato a pochi metri da piazza San Giovanni di Dio e a un tiro di schioppo dalla stazione ferroviaria Trastevere. Zona tranquilla, garage a pagamento nei pressi, tre camere splendidamente arredate all'insegna del buongusto e degli ultimi ritrovati tecnologici. Avevamo letto le recensioni, tutte ottime, ma provare con mano è stato ancora più positivo: non manca nulla, dalla vasca idromassaggio alla rete wi-fi che è una scheggia, dalle serrature a prova di furto al televisore a schermo piatto con canali via cavo gratuiti appeso alla parete fronte letto, ma di dimensioni considerevoili, da 60 pollici e con bagni privati equipaggiati con bidet e accappatoi oltre alla possibilità, per i maniaci della perfezione, di stirare. Mini frigobar e servizi per la preparazione di tè/caffè, bottigliette di acqua di benvenuto con tanto di cioccolatini e kit-kay per i più bisognosi di... affetto. Materasso ottimo, pulizia quotidiana, stanza perfettamente insonorizzata, davvero niente da invidiare ad un hotel a quattro stelle. Niente colazione, ma quando sei a Roma chi ha voglia di restare al chiuso? Alessia ha investito molto anche in sicurezza e tecnologia. Prezzi accessibili e disponibilità in qualsiasi momento e per qualsiasi evenienza. Top davvero e la gentilezza, unita alla simpatia, non sono affatto scontate. Come ha ben descritto D'Amico Arreda che ha realizzato gli interni, si tratta di un b&b per immergerti nell'identità romana, dove storia e contemporaneità si fondono con il carattere eclettico della proprietaria che ha voluto fortemente questo progetto, raccontando tutta la passione per la sua città. (Per prenotazioni e informazioni chiamare il 331-7346306).
Incredibile, ma vero, il sabato 30 marzo a Roma si riesce a trovare parcheggio anche nel cuore di Trastevere e, se proprio non si vuole camminare, basta salire sul tram e in un battibaleno si è trasportato oltre Tevere in via Arenula, Campo de' Fiori, Largo Argentina, Piazza Venezia e, appunto, Portico d'Ottavia, il quartiere ebraico. Da consigliare una spremuta di frutta fresca ad uno dei consueti chioschetti che si trovano nella piazza intitolata al frate domenicano Giordano Bruno condannato al rogo per non aver abiurato le sue teorie filosofiche dal Sant'Uffizio il 17 febbraio del 1600. Proprio nella celebre piazza si trova la statua in bronzo eretta in suo onore il 9 giugno 1889 e realizzata dallo scultore Ettore Ferrari. Per chi alla spremuta preferisce il caffè o anche un maritozzo con la panna, da Roscioli è un rito, poche decine di metri distante in piazza Benedetto Cairoli. Caffè-Pasticceria frequentatissimo, al bancone si consuma veloce, per sedersi si fa sempre la fila. O quasi. Lungo la strada che conduce a Campo de' Fiori dal Caffè Roscioli alcune bancarelle di bigiotteria fatta a mano e su un tavolo due signore espongono orecchini, braccialetti, pendenti e collane che sono vere e proprie opere d'arte. Conoscono, entrambe, perché lo seguono con regolarità, una eccellenza lucchese, quell'Andrea Colombini che spopola ovunque e che troviamo in qualsiasi posto andiamo. Lo chiamiamo al telefono, risponde divertito e gentile, e gli passiamo le due donne che non stanno nella pelle.
A Pasqua il pranzo è servito. Volevamo un locale tipico dove mangiare, veramente, alla romana e situato in un quartiere caratteristico. Bene, dove meglio che da Checchino dal 1887? E', realmente, un ristorante storico ed elegante con pannelli in legno, cucina romana raffinata ed un tavolo, sia pure all'ultimo momento, si riesce a trovarlo. Siamo nel cuore di Testaccio, si parcheggi a due passi, vicino a quello che, un tempo, era il mattatoio, non distanti dal mercato rionale allegro e frequentatissimo. Testaccio è una istituzione, prende il nome dal monte Testaccio o monte dei Cocci, una collina artificiale alta una trentina di metri che in epoca romana fu realizzato con il deposito successivo di cocci di anfore romane. Qui, ad edifici popolari alcuni dei quali rimessi, almeno all'esterno, a nuovo, si affiancano palazzi quasi fatiscenti anche se conservano la loro maestosità popolare con i cortili che richiamano alla mente il recente film di Paola Cortellesi. La zona è conosciutissima, al di qua del Tevere che, al di là, c'è Trastevere, ma il degrado è percepibile ovunque sotto forma di sporcizia, rifiuti gettati ovunque, muri imbrattati dai soliti imbecilli che scrivono cose incomprensibili con bombolette spray vandalizzando di tutto, di più.
Al ristorante si respira un'aria tipicamente festiva e pasquale. Le famiglie romane amano ancora recarsi a tavola e celebrare la Pasqua. Checchino è più famoso ristorante di Roma per la degustazione del cosiddetto quinto quarto, ossia delle cosiddette frattaglie, quella parte dell'animale che, non essendo più o meno nobile, veniva cucinata dalle classi meno abbienti del popolino romano che lo rendevano non solo commestibile, ma anche parecchio gustoso. Il menu è roba da cultori della cucina tradizionale italiana e romana nella fattispecie: c'è un menu ad hoc per Pasqua e Pasquetta, ma si può ordinare anche dalla lista quotidiana. Partiamo affamati dalla cosiddetta Vignarola, un contorno romano a base di carciofi, piselli e fave, fresco e godibile, che fa da apripista a tutto il resto. Un assaggio di Carbonara e uno di Cacio e pepe sono assolutamente di rigore e ne vale la pena. Meglio, a nostro avviso, la seconda, più grintosa e gustosa della prima, poco... gialla e delicata. Ci tuffiamo nelle frattaglie che amiamo da sempre: coratella d'abbacchio con carciofi, qualcosa di straordinario a saperla fare e un carciofo alla romana tanto per gradire. Poi, senza se e senza ma, arriva sul tavolo un piatto di trippa alla romana e qui c'è ben poco da aggiungere. Le strisce di trippa si sciolgono quasi in bocca inzuppate e affogate nel pomodoro ricoperto dal formaggio grattugiato. Niente dolci, accanto al nostro tavolo c'è una famiglia composta da madre, padre e ragazzino che, avrà si e no 11-12 anni, si mangia prima una porzione di cervella burro e salvia e, poi, chiede e divora una coda alla vaccinara. Quando si dice le abitudini e la necessità di imprimerle sin dalla più tenera età...
Porta Portese c'è anche il giorno di Pasqua. Con molta meno gente e anche qualche banco di meno, ma pur sempre una rassegna dell'usato in vendita, dall'antico al moderno, dal tutto al nulla compresi. A cominciare, ad esempio, di una cosa mai vista: uno stand denominato I pacchi vostri dove, spiega il gestore, vengono venduti i pacchi inesitati ossia quelli che non vengono consegnati e che le poste, pare di capire, svendono perché non sanno cosa farci. In sostanza il tizio ha una bilancia sulla quale mette i pacchi che, a seconda del loro peso, costano da un minimo di 10 euro ad un massimo di 40 euro. Chi acquista non sa cosa c'è dentro né a chi erano destinati, compra a scatola chiusa senza sapere cosa c'è dentro. Roba da pazzi...
Attraversare via Arenula e recarsi a Portico d'Ottavia è una esperienza che tutti dovrebbero vivere andando a Roma. Le pietre d'inciampo in ottone, una iniziativa dell'artista tedesco Gunter Demnig per depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee, una memoria diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio, spingono inevitabilmente a riflettere. Qui, nel ghetto ebraico, la razzia dell'ottobre 1943 fa ancora testo e quell'accostare, ai giorni nostri, il genocidio nazista degli ebrei a quanto sta accadendo a Gaza e in Palestina, è cosa che, giustamente a nostro avviso, manda in bestia i nipoti e i parenti più o meno lontani di chi, quasi un secolo fa, il genocidio lo sperimentò realmente sulla propria pelle.
In un negozio gestito da un signore sulla sessantina all'interno del quale ci avventuriamo, dopo una breve presentazione, lo stesso esplode in un discorso accorato contro tutti quelli che hanno dimenticato quel che è accaduto il 7 ottobre 2023 con oltre 1400 ebrei - uomini, donne e bambini - uccisi dopo averli fatti a pezzi, smembrati e bruciati, arsi vivi, stuprati, violentati per non parlare di chi è stato sequestrato e che, ormai, chissà dove si trova e cosa ha patito: Che vangano a raccontarmi che noi ebrei stiamo facendo un genocidio. Proprio noi che lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Io ho avuto 12 familiari uccisi dai nazisti, pensavo che non sarebbe più accaduto e, invece, ecco che avviene di nuovo. Io ho un figlio che è andato a combattere a Gaza per Israele, lo sento una volta alla settimana e soffro come una bestia e sono in ansia perenne a pensare che potrebbe morire senza che io possa sentirlo almeno una volta ancora, senza che possa essergli vicina. Guardi questi video, li ho ricevuti direttamente da Israele, guardi cosa e come hanno trovato i cadaveri dopo i massacri del 7 ottobre. Un bimbo piccolo strappato alla madre è stato infilato in un forno che è stato acceso e la madre violentata sotto gli occhi del marito e dell'altro figlio. E i pezzi dei cadaveri trasportati nei sacchi sui camion provenienti dall'area dove si era tenuto il concerto? Che cosa avrebbe dovuto fare Israele a quel punto? Mi hanno lasciato un foglio di carta sotto la saracinesca scrivendo che passeranno a prendermi prima o poi... Che vengano, li scanno come capretti parola di un uomo che si è fatto cinque anni di corsi di addestramento in Israele.
Bisogna esserci nati, ebrei - aggiunge - per capire che cosa si prova e come ci si sente a non avere pace.
La sera di Pasqua - per gli ebrei la Pasqua, detta Pesach, dura otto giorni e quest'anno verrà celebrata da lunedì 22 aprile a martedì 30 aprile. Essa ricorda la liberazione del popolo ebraico dall'Egitto e il suo esodo verso la terra promessa. Durante la Pasqua cristiana, quindi e fatta eccezione per il sabato, i ristoranti sono regolarmente aperti e il Baghetto, il più famoso, dei fratelli Ilan, Eran, Avi e Amit, ci accoglie a braccia aperte. Sono anni che veniamo qua e ogni volta è come se fosse la prima.
Sul tavolo atterrano i piatti, uno dopo l'altro, dal carciofo alla giudia al misto mediorientale (5 Falafel, Hummus/ceci, Tahina/sesamo, Baba Ganush/melanzane). Ilan fa portare una pinsa, un lievitato di farine diverse cosparso di ghiottonerie. Le puntarelle con acciughe piombano all'improvviso e sono squisite, il clima è piacevole, la serata tiepida e si cena fuori. I controlli dei carabinieri sono intensi, le auto passano più volte sulla strada adiacente i locali del Ghetto. Numerosi coloro che indossano sul capo la kippah, il copricapo circolare usato dagli ebrei maschi obbligatoriamente nei luoghi di culto, ma anche, a volte, nella vita di tutti i giorni. Abbacchio con patate al forno, questo piatto ci mancava nel nostro tour gastronomico romano pasquale. Patate squisite e ben cotte, abbacchio tenero come si addice ad un agnellino di appena un mese di vita che è stato nutrito solamente con latte mentre l'agnello ha già mangiato anche l'erba è non ha le carni così morbide. L'hummus di ceci, con salsa piccante, porta via la bocca o quasi, ma è fantastico ed appetitoso. C'è un fiume di gente nel cuore di Roma... perché come ci si allontana dal centro, il degrado di questa città è, semplicemente, inarrestabile sotto tutti i punti di vista.
Se Parigi val bene una messa come ebbe a pronunciare Enrico III di Navarra in occasione della sua incoronazione a re di Francia col nome di Enrico IV, Roma val bene, sempre e comunque, una Pasqua.