Con l’arrivo di maggio, si inizia a intravedere il tramonto della stagione ’23-’24 dei “Giovedì al Museo”, l’ormai noto contenitore culturale organizzato dal Museo italiano dell’immaginario folklorico di Piazza al Serchio.
Appuntamento settimanale fisso per un buon numero di studiosi e affezionati, i “Giovedì” regaleranno al loro pubblico un ultimo mese – in attesa della nuova stagione – fitto di ospiti e tematiche: una vera e propria scorpacciata culturale prima dell’arrivo dei caldi estivi.
Questa maratona maggiaiola ha preso il via nella serata di ieri, col museo piazzino che ha accolto, come ospite di turno, il professore universitario Matteo Rivoira, docente di dialettologia romanza e italiana all’Università di Torino e direttore dell’Atlante linguistico italiano.
Argomento principe dell’evento, affascinante e allo stesso tempo “esotico” viste le sue latitudini, è stata la toponomastica popolare dei territori appartenenti alle valli alpine piemontesi, regione da sempre parte di quella vasta are storico-geografica a confine tra Europa settentrionale e meridionale nota come Occitania.
Attraverso un’esposizione dei suoi studi e delle sue ricerche, supportate da immagini di repertorio e mappe geografiche, Rivoira ha saputo delineare un campo di studi estremamente particolare e un patrimonio culturale antichissimo quanto fragile, con l’omologazione linguistica degli ultimi settant’anni che rischia seriamente di cancellare toponimi – o quantomeno di far perdere il loro significato – in uso da secoli.
C’è la necessità di preservare queste forme idiomatiche, ma non si pensi a un mantenimento fine a sé stesso: nei nomi che la popolazione ha dato ai luoghi, infatti, è possibile rintracciare le motivazioni pratiche e, in alcuni casi, perfino l’utilizzo che si faceva di quello specifico spazio geografico, rappresentando dunque un valido indizio con cui arricchire la nostra conoscenza della mentalità e degli stili di vita dei popoli alpini.
Inoltre, e in “linea” con la missione stessa del Museo, la toponomastica popolare non si riferiva solo a concetti materiali, tradendo in alcuni casi un significato mitico o quantomeno legato al folklore e alla tradizione orale locale.
Stili di vita e immaginario, dunque, sparsi su un mappa geografica quasi come un mosaico in grado di raffigurare l’identità e la storia di una terra e dei suoi abitanti nel corso dei secoli.