È un successo dietro l’altro, anche quest’anno, quello conseguito dalla stagione di prosa del teatro “Dei Differenti” di Barga. Dopo le interpretazioni di Lino Guanciale e Francesco Montanari in “L’uomo più crudele del mondo” e quelle dei fratelli Fresi e Toni Fornari in “Cetra una volta”, anche l’attore veneto Pierpaolo Spollon è riuscito infatti a conquistare il pubblico della Mediavalle del Serchio, che per l’occasione lo ha accolto con un tutto-esaurito quasi da record.
Lo spettacolo messo in scena da Spollon, andato in scena lo scorso venerdì e dal titolo “Quel che provo a dir non so”, ha visto il giovane attore, noto al grande pubblico per la sua interpretazione in numerose serie targate Rai, mettersi, metaforicamente, a nudo in uno spassoso e tragicomico monologo incentrato su aneddoti ed esperienze della sua giovinezza e sul potere delle emozioni nel nostro percorso di crescita.
L’esuberanza di Spollon è contagiosa, e la sua costante voglia di interagire col pubblico rendono quest’ultimo quasi come un secondo attore in scena.
Non ci sono filtri, non c’è nessuna voglia di nascondere particolari a volte esilaranti e in altri casi persino cupi: la sceneggiatura di “Quel che provo a dir non so” è la stessa vita dell’attore, che con uno stile molto vicino alla Stand-up-comedy e una presenza corporea tutt’altro che evanescente dà luogo a una danza di gesti e parole che provano a creare una piccola “guida” tra le emozioni umane, le parole con cui le definiamo e il loro impatto nella vita di tutti usando il più semplice, ma anche il più complicato, materiale a sua disposizione: sé stesso.
Che cos’è, dopotutto, un’emozione? Come la riconosciamo? E soprattutto, con quali parole sappiamo descriverla?
Ciò che proviamo, cerca di spiegare Spollon, ma soprattutto come intendiamo quel sentire, diventa un marchio indelebile che ci segue per tutta la vita.
Non è un lavoro facile conoscere sé stessi e ancora di più il modo con cui “sentiamo”: c’è bisogno di tempo per capire le emozioni, viverle sì sul momento, ma prendersi poi il giusto spazio per dargli valore per noi e per gli altri.
A volte meravigliose, a volte tremendamente amare, le emozioni ci guidano come compagne lungo tutto il nostro essere: avere il vocabolario giusto è sicuramente un buon modo per riconoscerle, ma forse serve anche qualcosa di più.
L’attore prova a metterlo in mostra, ma quello che traspare è quanto le irripetibili esperienze personali di ognuno rendano il percorso più difficile di quello che si pensi: un viaggio emozionale irripetibile che vede ognuno di noi di fronte al proprio io.