Impara l’arte e mettila… a frutto ad ogni costo, sarebbe il caso di dire quando si parla di Silvia Toniolo, la giovane giornalista professionista che ha cominciato la propria carriera nel settore scrivendo per La Gazzetta di Lucca quando il giornale era ancora all’esordio. Quella di Silvia, infatti, è una storia di coraggio, determinazione, grande volontà e voglia, pur di fare ciò in cui crede, di “aprire cento porte per ogni porta sbattuta in faccia”.
Ci sono tanta grinta, determinazione e voglia di fare la differenza nelle parole di Silvia. Uno sguardo critico sul mondo, sul settore in cui naviga ormai da dieci anni e tanta passione per la professione. È questo quello che in una chiacchierata (telefonica ahimè!) ci ha trasmesso la protagonista di questo articolo. Una voglia di raccontare e di farlo bene che ci ha messo (almeno questo è quello che ci è parso e ci corregga se ci sbagliamo) subito in sintonia. Quelle sintonie che, spesso, in questo ambiente lavorativo, così come in altri, sono difficili da trovare e si scontrano con un senso d’arrivismo e un clima di competizione costante.
Lei stessa, senza troppi peli sulla lingua e con quella voglia di dire la sua con giudizio – che ci hanno raccontato anche essere una caratteristica distintiva della sua penna all’epoca della Gazzetta – ha sottolineato il suo distacco per il modo in cui la professione e il settore in generale stiano demotivando i giovani e spegnendo anche quelle fiammelle più luminose e vivaci.
“Il mio percorso nel giornalismo – spiega – è stato una sfida continua e spesso frustrante. In più di qualche contesto mi sono trovata a lottare contro logiche prive di senso, assurde, per le quali dimostrare di avere potenzialità, determinazione e capacità erano più note di demerito che altro. Meglio, invece, dimostrare di non ‘disturbare’ troppo, dentro e fuori dalle redazioni, di non rompere gli equilibri. Insomma, esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere lo spirito di questo lavoro. In questo contesto, la vera sfida è avere la forza di andare avanti con le proprie convinzioni, di non permettere agli altri, chiunque sia, di precluderci la possibilità. Ci vuole più tempo, ma prima o poi arriva il momento in cui finalmente ti imbatti in qualcuno che sa valutarti per le tue capacità e si apre una strada”.
Parlare di coraggio sembra scontato riferendosi a chiunque si trovi a navigare le acque (spesso) torbide del giornalismo come professione, nelle quali il rischio di essere risucchiato per poi essere sputato come un boccone troppo amaro è altissimo. È proprio per questo che è fondamentale un pezzetto della storia di Silvia, il primo in particolare, per capire chi abbiamo di fronte: da poco laureata, nel 2012 decise, dopo un colloquio con Aldo Grandi, di trasferirsi da Vicenza, sua città d’origine, a Lucca, città del suo compagno.
Era la sua prima esperienza giornalistica in assoluto: “Il colloquio con Aldo – ricorda – fu illuminante per la sua visione di questo lavoro e per come questa sua visione riuscisse (e riesca) a coinvolgere e far innamorare della professione ogni giovane. Così, grazie al fatto che Aldo ha subito creduto e scommesso sulle mie capacità, ma anche al sostegno della mia famiglia, senza nemmeno sapere se ci sarebbe stata la retribuzione, mi trasferì a Lucca a collaborare per il suo giovanissimo giornale”.
Un salto nel buio, reso ancora più complesso dalla mancanza di conoscenze sia relazionali che geografiche: “Non nego – prosegue – che i primi periodi siano stati resi complicati dal fatto che non conoscevo la città e che spesso mi ritrovavo a vagare per le strade, cartina alla mano, come una turista per cercare una qualisasi sede in cui fosse in programma la conferenza stampa di turno. Penso, però, che questo sia stato, alla fine, un punto di forza per imparare a conoscere Lucca, i suoi abitanti e le sue dinamiche, politiche e non, dalle basi e senza pregiudizi”.
Partita da zero in questo settore, la giornalista non sapeva fino in fondo che questa sarebbe diventata la sua professione. Anche se fin da piccola ha sempre amato leggere, scrivere e circondarsi di giornali, non aveva riconosciuto questa vocazione come un sogno: “Ad essere sincera – confida – i miei genitori si sono sempre immaginati che avrei fatto questo nella vita. L’unica che non se ne rendeva conto ero io forse proprio perché ho sempre visto il giornalismo come un mondo lontano e intoccabile”.
È proprio scrivendo per La Gazzetta di Lucca che la premonizione dei genitori è divenuta realtà con il traguardo del tesserino da giornalista pubblicista seguito poi, dopo qualche tempo, dalla procedura per diventare professionista: “Nel giornale mi occupavo un po’ di tutto, con una predilezione per la cronaca e la politica, che più mi appassionano. Inoltre, il direttore mi aveva affidato anche l’impaginazione dei giornali di Lucca e Viareggio. Ricordo quegli anni con affetto: è stato un periodo pieno di progetti e di entusiasmo in un ambiente vivace che si stava piano piano facendo strada in città”.
Dopo l’esperienza nel quotidiano online, sono state diverse le collaborazioni con altri giornali e realtà del settore finché il suo percorso l’ha condotta alla televisione e, nello specifico, a NoiTv per la quale lavora attualmente: "In realtà, passare alla televisione, è stata una scommessa anche per me perché mi sono trovata a fare un mestiere totalmente diverso. Scrivere e parlare davanti alla telecamera sono due cose completamente differenti. In questi quasi quattro anni trascorsi nella redazione, di cui due a Viareggio e due a Lucca, nella televisione ho trovato uno strumento a me congeniale. Un lavoro grazie al quale tutti i giorni sono diversi e, per una come me che odia la routine, questo aspetto è fondamentale”.
Nella redazione della tv locale Silvia lavora al telegiornale, ad approfondimenti di vario genere e conduce una sua trasmissione, Carpe Diem, nella quale spesso si trova ad intervistare personaggi di alto profilo. Quattro anni in cui è cresciuta molto a livello professionale acquisendo anche più autonomia nel maneggiare una telecamera e imparando con il tempo anche il montaggio dei servizi.
“Ciò che caratterizza maggiormente il lavoro che faccio oggi, e lo differenzia dalla scrittura, è che in televisione si deve essere in grado di cavarsela su più fronti contemporaneamente. E' un mezzo che ti obbliga, tra le altre cose, a pensare in fretta e a formulare nell'immediato la domanda giusta. Non è una cosa da poco: è un grande allenamento cerebrale. Qui manca tutto quel filtraggio e quella possibilità di ragionare con tranquillità che c’è nello scrivere. Insomma, non puoi pentirti di ciò che dici e correggerlo: quello che è detto è detto! Anche se è vero che si "cancella" in fretta. E devo dire che, proprio per questo motivo, non c'è niente che superi il mio amore per la scrittura che ti consente di far emergere la parte migliore di te, proprio perché ti dà la possibilità di scegliere le parole giuste, rileggere, correggere, rimodellare".
Alla fine della chiacchierata è proprio la stessa protagonista ad ammettere che, in occasione del suo decimo anno di impegno in questo ambito, che ha “festeggiato” lo scorso aprile, l’intervista è stata una bella occasione per guardarsi indietro e fare un bilancio con il desiderio che la sua storia faccia da messaggio positivo proprio per le giovani generazioni.
Un messaggio che incoraggi ogni giovane, desideroso di fare questa professione, a non stancarsi e a provarci così come ha avuto la costanza di fare lei stessa: “Se ci si crede davvero e se si ha la voglia di mettersi alla prova, di studiare e buttarsi – conclude – lo sforzo di aprire cento porte per ogni porta sbattuta in faccia viene da sé e prima o poi la perseveranza premia. In questo contesto per andare avanti ci vuole solo il massimo della volontà. È l’unica regola che conta e perseguibile in un ambiente in cui tutto quello che accade è spesso fuori dal proprio controllo. Sapere quello che si vuole e agire per raggiungerlo è l’unico modo per combattere e farcela contro certi distruttori di sogni”.