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Scritto da Redazione
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25 Ottobre 2020

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Il Comitato per l'Attuazione della Costituzione - Valle del Serchio compie un'analisi lucida, inappuntabile e, purtroppo, oggettivamente devastante di come la classe digerente italiana ha ridotto questo Paese:

"Il bombardamento mediatico sul Covid cui siamo quotidianamente sottoposti, ci porta ad esprimere alcune considerazioni e preoccupazioni che, nonostante la lunghezza del testo, ci auguriamo portino ad una comune riflessione sulla evoluzione di alcuni processi, dove il virus non è l’unico attore.

Le conseguenze e le preoccupazioni di questo nefasto 2020 non riguardano solo gli aspetti sanitari ed economici, ma anche quelli legati ad evoluzioni verso diversi modelli sociali e politici. Vista la natura del nostro Comitato, durante la lettura riteniamo utile tenere a mente alcuni passaggi della nostra Costituzione: Art.3(È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale .. etc.); Art. 4(La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto); Art. 17(I cittadini hanno diritto di riunirsi ….); Art. 32(La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività …);Art. 41 (L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana)

Con i dati degli ultimi giorni, riemergono tutte le criticità del nostro sistema sanitario. Criticità, sottolineiamo, delle quali non va incolpato il virus, ma decenni, soprattutto l’ultimo, in cui sono state sottratte risorse molto consistenti alla sanità pubblica. Il virus ha solamente portato in drammatica evidenza un grosso problema, che in diversi avevano sollevato pur rimanendo inascoltati (anche il nostro Comitato in una iniziativa pubblica del novembre 2019), circa lo smantellamento della sanità pubblica a favore di quella privata; l’intasamento dei pronti soccorso, l’insufficienza dei posti letto e delle terapie intensive, le liste di attesa infinite, il costo delle prestazioni, la scarsità di organici e le condizioni di lavoro del personale sanitario e degli addetti alle pulizie, etc. etc., hanno una genesi indipendente e precedente al SARS COVID 19.

Nei primi mesi dell’emergenza sembrava che tutti avessero preso coscienza della necessità di porre al centro dell’azione politica la questione del rilancio della sanità pubblica. A distanza di 6 mesi è lecito domandarsi se vi sia stata la tanto declamata inversione di tendenza verso il  rilancio della sanità pubblica, se l’azione del governo e delle Regioni in questo campo sia stata sufficiente o meno.

La risposta non può che essere negativa. Gli interventi in campo sanitario per fronteggiare la prevedibile risalita dei contagi è stata insufficiente. E’ scandaloso il  tempo di attesa per poter fare il tampone e successivamente per averne l’esito!!! Giorni e giorni di attesa, in cui il cittadino deve rimanere bloccato; abbiamo in mente, aldilà delle quarantene dovute, quanto incidano questi tempi di attesa, inutili e superabili, non solo sulla tracciabilità del virus, ma anche sull’assenza dal lavoro e sugli aspetti psicologici e sociali etc.? Ci rendiamo conto delle conseguenze di  giorni e giorni di attesa per i titolari di un’attività, piccoli commercianti ed artigiani, lavoratori precari e “false”   partite iva? La mancata predisposizione di materiali, attrezzature e personale per consentire tamponi in tempi brevissimi, ha ricadute importanti in termini economico-sociali. E poi scopri, anche in questo caso, che basta andare dal privato e pagare, per avere subito il test. Premesso che il contrasto al Covid non dovrebbe essere un business e quindi il  privato dovrebbe star fuori da questa partita (e non solo da questa), come è possibile non indignarsi? Siamo davanti a incompetenza, negligenza oppure ad un preciso disegno?

In tutta questa vicenda non possiamo dimenticare le angosce quotidiane che affliggono tantissime persone, amplificate dal clima di paura trasmesso dai media ed aggravate ormai dall’assenza di una rete sociale di protezione: il titolare di una piccola attività che non sa se riuscirà a tenere aperto o a riaprire; il lavoratore, precario e non solo, che teme per la conservazione del posto di lavoro;  le lavoratrici domiciliari il cui futuro sempre in bilico, oggi lo è ancora di più; chi vive da solo e non sa come potrebbe affrontare un’eventuale malattia, in assenza di una rete di assistenza domiciliare adeguata; infine chi più semplicemente, teme, con le limitazioni agli spostamenti, di non poter frequentare i propri cari.

E come non parlare del disastro nel comparto dei trasporti? Abbiamo assistito durante l’estate ad un dibattito estenuante sulla fornitura di banchini per la scuola, per consentire, giustamente, la ripresa normale delle lezioni in presenza.  Le varie misure prese per consentire l’esercizio delle lezioni scolastiche in sicurezza vengono vanificate dalla mancata riorganizzazione del servizio di trasporto pubblico. Stessa problematica per migliaia di cittadini e pendolari che per recarsi a lavoro utilizzano bus, treni, metropolitane. Anche qua, come per la sanità, i danni non derivano dal virus; per decenni i vari governi  hanno investito su Alta Velocità e linee di fascia alta, trascurando il  meno redditizio trasporto locale. Ma era veramente impossibile fare qualcosa in questo campo e destinarvi risorse adeguate? La ministra dei trasporti sembra essersene accorta solo nel mese di ottobre.

Senza rischiare di essere accusati di complottismo e/o negazionismo, aldilà degli aspetti sanitari ed economici immediati, ci preme evidenziare e mettere in guardia che niente sarà più come prima, ma sarà molto peggio di prima. E’ innegabile che qualcuno stia usando l’emergenza per modificare a proprio favore i rapporti economici e di potere. E’ noto che nei momenti emergenziali, in un clima di paura, i pericoli di svolta autoritaria sono reali ed inoltre si creano le condizioni per trasformazioni sociali, peggiorative, che in tempi normali sarebbero impensabili. Purtroppo siamo in un passaggio di questo tipo. Non è un problema solo italiano, ma riguarda tutto il mondo occidentale. Tali condizioni sono favorite da un sistema mass mediatico ormai completamente asservito alle potenti oligarchie economiche transnazionali, incapace di un sussulto di indipendenza o di spirito critico nei confronti del pensiero unico dominante. In questi mesi i giornali e le televisioni occupano la quasi totalità dei loro spazi a parlare del Coronavirus, del numero dei contagi, cifre su morti e ricoveri; non c’è altro tema, sembra non vi siano più morti per altre cause (malattie, incidenti, infortuni sul lavoro). Vengono colpevolizzati i comportamenti individuali, per mascherare le responsabilità di un sistema economico dominato dal profitto che ha quasi distrutto sanità, servizi pubblici e stato sociale.

Il passaggio da distanziamento fisico a distanziamento sociale è sottile e pericoloso. Le classi dominanti stanno cercando di rendere ognuno di noi sempre più individuo e meno membro di una comunità. Le nuove modalità di lavoro e di studio, dietro a nomi ed acronimi ammiccanti a sorti magnifiche e progressive (smart working, industria 4.0, Dad, etc.) nascondono il rischio di nuove forme di alienazione e sfruttamento, lavoro atomizzato,  individui sempre più soli e soggetti a sfruttamento; il distanziamento sociale rende più complicato il formarsi di coscienze e rivendicazioni collettive, di aggregare insieme istanze di conflitto di classe e di trasformazione della società. Abbiamo già visto negli ultimi mesi il  piglio aggressivo di Confindustria; aspettiamoci un ulteriore attacco alle condizioni ed ai diritti di cittadini e lavoratori, allo stato sociale. Ci aspettano anni con la perdita di  migliaia di posti di lavoro e dove l’occupazione rimanente sarà sempre più precaria; ad esempio guardate cosa succede nelle banche, dove con la scusa della protezione dal Covid, vengono spostate sempre più funzioni su automazione ed on line, con futura chiusura sportelli e riduzione di posti di lavoro.  

Ma gli equilibri e gli assetti di potere si stanno modificando in maniera forte anche tra le classi dominanti. Anche in quell’ambito ci sono vincitori e vinti. Il 2020 segna in termini di fatturato e capitalizzazione la crescita violenta dei grandi gruppi del websoft e del commercio elettronico (Apple, Microsoft, Facebook, Alphabet/Google, Amazon, Alibaba); gruppi che, guarda caso, operano in settori chiave per la diffusione dell’informazione, ma anche acquisizione di dati e controllo su ciò che facciamo e pensiamo.

Infine ci preoccupa molto il restringersi degli spazi, anche fisici, per lo svolgimento dell’attività politica attiva da parte dei cittadini e delle forze politiche. Il  DPCM del 18/10 pone di nuovo forti limitazioni a convegni ed iniziative pubbliche; il corretto distanziamento fisico, così come si può ottenere nei ristoranti, può essere organizzato anche nei contesti di iniziativa politica e culturale. Ci giungono notizie di autorizzazioni negate ad iniziative politiche in luoghi pubblici in ottemperanza appunto a tale decreto. Il confronto politico non può essere ridotto alle “caciare” televisive, dove compaiono sempre i soliti noti e dove il cittadino è solo passivo. Non vorremmo che con la scusa del Covid si volesse limitare l’attività politica di base, quella dove i cittadini sono soggetti attivi e, guardandosi negli occhi, si confrontano, elaborano, fanno sintesi, sviluppano proposte ed azioni. Ma questo consente anche di sviluppare coscienza critica, crescita democratica, conflitto ed opposizione sociale nei confronti del potere. Ma non sarà proprio questo che qualcuno da anni cerca di limitare con continui attacchi alla nostra Costituzione?"

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