Per caso, in cerca di informazioni sul connubio tra cucina e arte, capita di imbattersi in un libro che cattura l'attenzione dei più curiosi. E' il caso di Let's Bake Art, scritto dalla giornalista di arte e, più in generale, di cultura, Mariapia Bruno, nel quale la Gazzetta si è imbattuta. Subito ha deciso di approfondire, contattando direttamente l'autrice, con lo scopo di conoscere più a fondo le sue esperienze lavorativa, letteraria e personale.
Com'è nata l'idea di "Let's Bake Art"?
"All'uscita da una mostra, per caso, ho notato il libro "Alla tavola di Monet" che raccoglie le ricette del celebre pittore impressionista. Non credevo ai miei occhi: un aspetto così importante, quotidiano, della vita di un artista di cui si sa tutto, non era mai venuto a galla, né durante i miei studi, né durante le ricerche per i miei articoli; non ne avevo letto in nessun libro, né ascoltato cenni durante nessuna lezione d'arte. Così ho deciso di approfondire l'argomento e capire se anche altri artisti avessero lasciato un segno in campo culinario".
Quali parametri ha usato per questa raccolta di ricette d'artista?
"Sono partita da una ricerca generale: quali artisti si sono interessati anche alla cucina? A saltare fuori per primi sono stati Frida Kahlo e I Futuristi, ma anche diversi artisti americani ancora poco noti in Italia, come Georgia o Keefe. Una volta raccolte ricette e testimonianze, ho creato una breve introduzione cronologica sul rapporto tra arte e cucina, senza addentrarmi troppo nei dettagli, altrimenti saremmo arrivati alle origini della storia dell'arte. Ho subito pensato ad un ricettario, che raccogliesse ricette alla portata di tutti, dagli antipasti al dolce e che potessero attrarre il pubblico più disparato. L'idea era quella di avvicinare il grande pubblico all'arte, attraverso la cucina".
Quando e come ha scoperto la sua passione per l'arte?
"In realtà sono sempre stata una grande appassionata di storia dell'arte, fin dalle scuole primarie. Ancora oggi, non mi faccio mancare musei o belle mostre".
Quali di questi artisti su cui ha lavorato è più affezionata? E perché?
"Sono molto affezionata a Frida Kahlo. Ammiro quest'artista, per la sua forza e il suo coraggio, ma, in particolare, per il modo in cui ha saputo raccontare la sua vita, le sue emozioni, attraverso le sue opere: senza fronzoli, senza filtri, accettando il male, la perdita, la sconfitta, le delusioni sentimentali, mostrandosi per quello che era veramente. Il mio cane si chiama Frida proprio in suo onore".
Quanto sono importanti la presentazione visiva dei piatti e la pittura?
"Sono fondamentali: se ne avessi la possibilità, rifarei tutte le ricette del mio libro per una nuova edizione con nuovi impiattamenti. Chiederei anche agli artisti di interpretarli".
Ci sono molti quadri che raffigurano frutta, pietanze, banchetti... Secondo lei, quale era il valore che davano i pittori al cibo? Cosa volevano comunicare?
"La storia dell'arte pullula di rappresentazioni del genere, è un argomento molto vasto. Nel caso dei dipinti che raffigurano i banchetti, erano spesso i pittori di corte ad eseguirli, per raccontare l'opulenza di un determinato casato o di un regno; erano opere eseguite su commissione, il pittore rappresentava quello che vedeva o quello che doveva mostrare. Le pietanze e le tavole imbandite tipiche delle nature morte, soprattutto del periodo rinascimentale, erano anch'esse frutto di commissioni. Credo che un legame più prezioso tra il pittore e il cibo sia nato nel novecento: si pensi ai mangiatori di patate di Van Gogh e a come l'artista usa il cibo per raccontare altro (c'e un pragrafo in Let's Bake Art su questo dipinto). Oggi, al tema del cibo, i pittori accostano valori come la sostenibilità e l'attenzione agli sprechi".
Quali sono le emozioni che ha provato nel scrivere e pubblicare il suo libro?
"E' stata un'esperienza arricchente: ho fatto affidamento soltanto su me stessa, sulle mie intuizioni, ho rischiato e sono molto soddisfatta del risultato".
A quale pubblico è rivolto?
"A tutti".
Lei era una giornalista culturale e d'arte, cosa vuol dire e come è stato esserlo?
"Come per tutte le professioni, bisogna mettere in conto un grande impegno e qualche rospo da ingoiare. Un giornalista d'arte non va solo per musei o divertenti viaggi stampa: bisogna scrivere di tutto, saper dire di no, confrontarsi con chi la pensa in maniera opposta e rinunciare a qualcosa a cui si tiene".
Lei ha lavorato per testate importanti, come mai ha deciso di abbandonare il mondo del giornalismo?
"Da quando mi sono trasferita a Praga, ho deciso di cambiare vita: sono una giornalista professionista, ho scritto sempre con grande entusiasmo, ma essere freelance o vivere nella speranza di un rinnovo annuale di contratto, non è sostenibile se si hanno determinati progetti (mutui, investimenti) o si desidera un certo stile di vita (viaggi, escursioni, hobby). A Praga ho trovato la stabilità che mi è sempre mancata in Italia, sia in ambito lavorativo (sono specialista antiriciclaggio per una banca internazionale e ho maturato più di cinque anni di esperienza nel campo dell'anti-frode) che sociale".
Lei è originaria di Agrigento, ed ora abita a Praga. Com'è stato il distacco dalla sua terra? Cosa le manca di più della Sicilia?
"Ho lasciato il mio paese a 18 anni, ho studiato a Milano e a Lugano. Ho anche vissuto per un periodo a Roma. Non ho subito alcun distacco. Mi sento più in sintonia con Praga (dove vivo con la mia famiglia, composta da marito e cane) rispetto sia alla Sicilia che alle città italiane in cui ho vissuto. Non mi manca nulla, non mi manca il mare, non mi manca il sole e detesto il caldo. In più, qui si mangia bene ovunque. E con meno di due ore di aereo posso rivedere mia madre quando voglio".
Secondo lei, il connubio arte e cucina può essere un modo per alimentare la mente delle persone?
"Sì".
Se potesse essere una pietanza, quale le piacerebbe?
"Sarei di sicuro un dolce: la Pavlova, che è attualmente il mio dolce preferito".
Ringraziando Mariapia Bruno, per la disponibilità e la pazienza dimostrata a partecipare a quest'incontro, una frase di Daniel Pennac salta alla mente: "In cucina funziona come nelle più belle opere d'arte: non si sa niente di un piatto fintanto che si ignora l'intenzione che l'ha fatto nascere".
Il libro "Let's Bake Art" è disponibile anche in versione digitale, basta scrivere all'autrice Mariapia Bruno.
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