Non ricordiamo che età avesse, ma lui, al contrario, ce lo rammentiamo benissimo. Giuseppe Bini era sbarcato nel pianeta Gazzette una 10ina di anni fa, animato dalla voglia di prendere il tesserino di giornalista pubblicista e farsi strada in una realtà non del tutto facile ai nuovi ingressi. Scriveva dalla Media Valle del Serchio e dalla Garfagnana le zone che meglio conosceva e dove abitava. Sposato, si era poi separato e aveva un figlio. Furono, quelli, anni di soddisfazione e anche di simpatia visto che sia noi, sia lui, non eravamo alieni dalla voglia di cazzeggiare alternando, ovviamente, la serietà del lavoro. Poi, decidemmo di affidargli il desk dei giornali, e per circa un anno, titolò e impaginò i nostri parti giornalistici. Poi, improvvisamente, e, subito dopo che altri se ne erano andati in cerca di miglior fortuna, ci telefonò per dirci che Arnaldo Moriconi, futuro presidente della Lucchese e proprietario di una tv locale, DìTV gli aveva offerto se non mari, sicuramente monti spingendolo ad accettare l'offerta che gli pareva vantaggiosa, sia sotto il profilo economico, sia sotto quello professionale. Non ci arrabbiammo più di tanto, anche se, sicuramente, gli dicemmo che stava facendo una cazzata e ciò che avvenne in seguito non fu altro che la conferma della nostra previsione. Giuseppe Bini divenne una sorta di braccio destro di Moriconi, arrivando anche ad assumere incarichi dirigenziali all'interno della società calcistica rossonera che, a seguito del fallimento del sodalizio sportivo, gli riservò non poche vicessitudini di natura giudiziaria.
Quando la Lucchese scomparve perché risucchiata dal suo fallimento economico e sportivo, ci chiamò per chiederci se fossimo interessati a riprenderlo nelle Gazzette. Gli dicemmo che, onestamente, che non eravamo interessati perché le spese erano quelle che erano ed eravamo già al completo, ciò nonostante accettammo con piacere la sua richiesta di poterci inviare, a sua discrezione, qualche pezzo tanto per tenersi in allenamento. Aveva passato, e stava vivendo, un momento psicologico particolarmente difficile costretto, suo malgrado, e non certo per colpa sua, ma di ben altri soggetti a dover rispondere in sede processuale di reati che non aveva avuto nemmeno la consapevolezza di concorrere a compiere. La malattia, poi, ha, se così si può dire, se non cancellato rimosso tutto lasciandolo alle prese con un nemico ben peggiore di una ipotetica condanna giudiziaria.
Era un bravo ragazzo, forse, troppo buono per riuscire a sopravvivere in un mondo dove i buoni non sempre riescono ad essere riconosciuti per quello che sono e per quello che fanno. Con lui avevamo perso, oramai, da tempo i contatti pur sapendo che gli era stata diagnosticata la terribile malattia che tutti purtroppo conosciamo. Quando accadono queste cose anche le parole lasciano il tempo che trovano. Noi, non possiamo fare altro che ricordarlo con affetto, sperando che là dove si trova ora possa, in qualche modo, stare meglio di come la malattia lo aveva costretto a vivere in questi ultimi anni.