Se non combatti anche da solo per le cose in cui credi e che devi proteggere, nessuno ti regalerà nulla specialmente in un paese di ladri come questo. Momi, al secolo Mohamed El Hawi, 37 anni, ristoratore con tre locali a Firenze, due in Egitto, uno in Spagna aperto questa estate, non ama i giri di parole e va dritto al sodo. E', senza ombra di dubbio e fino a prova contraria, il locandiere che ha ricevuto più contravvenzioni di tutti per violazione della normativa anti-Covid, 38 verbali uno più, uno meno. Per ben dieci volte ha sistematicamente rimosso i sigilli alla porta d'ingresso del suo ristorante, l'unico, rimasto aperto ad oltranza durante la pandemia, il Tito Baracca in via Francesco Baracca a Novoli. Del resto, uno che gestisce una pizzeria di alto livello gastronomico in una strada che porta il nome del più grande asso dell'aviazione italiana durante la prima guerra mondiale, non poteva essere e fare altrimenti.
E non è tutto. Il 3 maggio prossimo venturo, a Firenze, in tribunale, ennesima udienza nel corso della quale si vedrà se il giudice, come è già accaduto cinque volte su altrettanti procedimenti legati alle opposizioni alle multe ricevute, gli darò, definitivamente ragione. Ma c'è anche il penale. A Roma, infatti, il 6 aprile 2021, nel corso di una manifestazione, mentre gli agenti della Celere lo stavano malmenando con i manganelli, con una mossa fulminea - Momi pratica regolarmente arti marziali e pugilato - ne ha sfilato uno dalle mani di un poliziotto e lo ha gettato all'indietro verso la folla. Per questo è stato denunciato per furto con destrezza - siamo al ridicolo, menavano gente che chiedeva solo di lavorare e contro gli anarchici insurrezionalisti se la fanno addosso - e resistenza a pubblico ufficiale. I suoi avvocati sono, a Firenze, Lorenzo Nannelli e Sigfrido Fenyes, a Roma Nicola Trisciuoglio. E non è difficile credere che qualcosa debba pur pagare per la loro assistenza legale.
E tutto questo, in fondo, per cosa? Per non darla vinta a chi voleva chiudere la gente in casa impedendole di lavorare per vivere anzi, per sopravvivere. "Se non ti danno i soldi per mantenerti - ha sempre detto Momi - come possono pretendere che tu smetta di lavorare e io avevo sulle spalle decine di dipendenti".
Non tutti stanno dalla sua parte e non tutti lo sono stati durante la Covid-follia. Molti colleghi non hanno gradito che lui facesse quel che, invece, loro non facevano rispettando le regole imposte dal Governo Conte prima, Draghi poi. Ma lui è andato ugualmente avanti, questione di carattere e di convinzione.
Oggi che di acqua - e di morti - ne sono passati, sotto i ponti, parecchi, Mohamed El Hawi è ancora lì, al suo posto, fiero di non aver mollato e di non aver ceduto alle imposizioni che non avevano senso e che, alla luce di quello che stiamo vedendo e a cui stiamo assistendo, erano solamente una vergognosa imposizione da parte del potere che non sapeva più che pesci prendere.
La scorsa estate, in Spagna, ha aperto un locale-pizzeria che sta andando alla grande. Ha vissuto con moglie e bimba appena nata sei mesi nella penisola iberica dove ha imparato la lingua e dove, dice, lavorare è molto più facile che in Italia, un Paese morto, con una burocrazia che uccide chiunque abbia voglia e volontà di emergere e non sia il classico parassita.
E pensare che lo avevamo scoperto noi e ci abbiamo visto giusto. Era - ed è - Momi, un ristoratore impareggiabile, un manager di se stesso, un personaggio televisivo che buca lo schermo, ma, soprattutto, un uomo con gli attributi e dispiace - come abbiamo più volte ripetuto, che sia venuto da un musulmano sia pure nato e cresciuto in Italia e tifoso della Fiorentina come noi - che non ci sia stato un solo italiano capace di fare altrettanto nella stessa maniera e con i medesimi risultati. O forse ci sarà stato, ma ci è sfuggito e chiediamo venia.
Lo avevamo anche consigliato a Matteo Salvini, proprio prima di sedersi - loro - al tavolo del ristorante All'Olivo in via Arancio, in città, insieme all'ex presidente del Senato Marcello Pera, al presidente di Lucca Crea Mario Pardini e al candidato alle regionali Susanna Ceccardi. Lo avevamo conosciuto mentre stavamo aspettando l'arrivo dei politici-politicanti e quando incrociammo Salvini, ci permettemmo di dirgli di conoscere questo giovane musulmano che, però, tifava viola, mangiava il maiale e beveva il vino non perché fosse un miscredente, bensì perché era italiano nell'anima e, soprattutto, faceva un mestiere in cui conoscere i cibi e le bevande era un atto dovuto. Ovviamente Salvini era da tutt'altro preso e non afferrò - ma per farlo avrebbe dovuto essere particolarmente perspicace cosa che, evidentemente, non è - quanto questo ristoratore avrebbe potuto significare in termini di (dis)integrazione del fondamentalismo, si fa per dire, islamico in Italia.
Ecco perché, poi, la Lega è finita com'è finita ossia con le pezze al culo. Basta guardare a Lucca dove non ha una classe digerente pardon dirigente e possiede un ex parlamentare che presiede la Geal, azienda che gestisce le risorse idriche del territorio, ma fino a un mese fa anche una piscina abusiva da 25 anni in una zona paesaggisticamente vincolata rimossa solo dopo la nostra denuncia e due sopralluoghi della polizia municipale con tanto di drone.
Ma tornando a Momi, dopo di noi lo cercarono e vollero tutti: sui giornali, alla radio, in Tv. Il sindaco di Firenze Nardella gli disse apertamente che se voleva sposarsi con la fidanzata che era sua simpatizzante, avrebbe dovuto moderare il comportamento in funzione anti-Covid. Per tutta risposta Mohamed gli voltò le spalle dicendogli che, piuttosto, non si sarebbe sposato salvo, poi, recarsi in comune a Calenzano e chiedere al sindaco del piccolo centro alla periferia di Firenze, di presenziare alla cerimonia, ma senza imposizioni di sorta. Alla faccia di Nardella e del Pd.
L'amicizia, per certi versi, è perfino, almeno per gli uomini, più forte dell'amore, si basa su convinzioni e comportamenti che vanno a braccetto con la ragione e il raziocinio sfuggendo ai compromessi sentimentali dettati dalla paura o dal desiderio.
A tavola siamo in quattro, oltre a chi scrive e a Momi ci sono il fotografo Ciprian Gheorghita e Flavio Torrini, uno che ha l'abitudine di sentirsi libero e sarà per questo che ama la neve sulle montagne. A proposito, è anche fratello di Enrico, presidente del consiglio comunale, ma a lui, della politica, frega poco o nulla. E per questo lo stimiamo e gli vogliamo bene. Durante il Covid, due anni mica scherzi, si è fatto un mazzo così per aiutare i commercianti lucchesi in un modo o nell'altro messi in ginocchio, come tutti in Italia, dalle misure assassine del Governo che accoglieva e accoglie cani e porci provenienti dai quattro angoli del globo, ma quando si tratta di difendere gli italiani e chi produce e lavora, spesso, anche per gli altri, se ne sbatte altamente.
Siamo in quattro, non quelli dell'ave maria ché di religione, a tavola e non solo, non si parla, ma che hanno in comune, tutti, il non volersi piegare più di tanto alle direttive allucinanti e omicide degli organismi sovranazionali. A parte Flavio che, forse, lo ha fatto nemmeno tanto convinto, gli altri tre non si sono mai vaccinati e mai lo faranno e, almeno stando ai risultati, per ora non hanno avuto conseguenze di alcun tipo mentre, è assurdo, ma lo stiamo registrando giornalisticamente, non passa giorno senza che qualcuno, anche piuttosto giovane, non muoia colto da un malore denominato arresto cardiaco. Così, tanto per facilitare le cose. Peccato che nessuno saprà mai che cosa ha determinato il malore o arresto cardiaco che dir si voglia.
Mangiamo, beviamo - una bottiglia di champagne Taittinger acquistata all'enoteca, storica, Ugo Massei di via Sant'Andrea a Lucca e un fantastico Rosato delle Ripalte proveniente dalla omonima tenuta dell'isola d'Elba - e brindiamo alla follia umana che vede ancora oggi migliaia di persone andare in giro con la mascherina della serie quando il cervello è andato, non lo si recupera più.
Adriana, manager del locale Tito, ci ha coccolato magistralmente, affiancata dalle sue collaboratrici originarie di Tunisia, Algeria, ex Jugoslavia, che vestono, vivono e si innamorano come tutte le ragazze di questo emisfero. Questa è l'integrazione che ci è sempre piaciuta, quella di chi sa imparare a migliorarsi. Grande Momi, peccato che gli imbecilli, in particolare in politica, abbiano la madre sempre incinta.
Foto Ciprian Gheorghita