E adesso che cosa diranno i ristoratori, la stragrande maggioranza, che durante la pandemia hanno tenuto chiusa la propria attività nel rispetto delle disposizioni dei vari Governi succedutisi nei due anni di Covid? Già, perché questa mattina a Firenze l'imputato Momi al secolo Mohamed El Hawi, accusato di aver ripetutamente violato le misure che imponevano di tenere le serrande abbassate oltre ad aver rimosso più volte i sigilli apposti dalla polizia municipale fiorentina, è stato assolto dal giudice del tribunale che ha condannato la pubblica amministrazione a pagare le spese. Il giudice ha riconosciuto lo stato di necessità nel quale il ristoratore italiano di origini egiziane ha agito a tutela dei propri dipendenti e del proprio lavoro.
D'altra parte - ha scritto il giudice Paola Belsito - la limitazione dei diritti costituzionalmente garantiti (proprietà privata e lavoro) non può comprimere la libertà dei cittadini al punto di compromettere la loro sopravvivenza dignitosa.
Una sentenza storica, che dimostra come avessimo ragione sin da quel 25 aprile 2020 quando solamente in sei, tra cui il direttore delle Gazzette, Filippo Giambastiani e Andrea Colombini, scesero in piazza del Giglio per protestare contro un Governo di assassini che stava per uccidere una classe imprenditoriale e commerciale che aveva solamente la colpa di non possedere uno stipendio garantito.
Adesso, ecco che anche la magistratura, appellandosi allo stato di necessità, riconosce quello che chi scrive ha detto sin dal primo giorno: non è possibile, per nessun motivo al mondo, impedire alle persone di uscire di casa per lavorare e guadagnarsi di che vivere a meno che non si provveda al loro mantenimento dignitoso non certo come non hanno fatto i Governi Conte e Draghi. Era una considerazione talmente semplice e logica che, però, ha trovato tutti sordi e un'intera categoria, quella dei ristoratori, che per rispettare la legge - ma quale legge? - ossia una legge liberticida e omicida dal punto di vista economico e sociale, che ha chiuso andando incontro a fallimenti e suicidi. Oggi, ancora una volta, è stato dimostrato che avevamo ragione e che i giornalisti che per due anni e più hanno obbedito al padrone, qualunque esso fosse, avevano torto. Per carità, ognuno deve essere libero di scegliere, ma non di imporre ad altri la propria condotta.
Si tratta di una vittoria molto importante per Momi e per il movimento Io Apro in generale - ha commentato l'avvocato Lorenzo Nannelli del foro fiorentino - Il Tribunale pur non condividendo interamente la linea di questa difesa, ha comunque riconosciuto che l'imposizione della chiusura dell'esercizio operata dai vari DPCM costituiva una sorta di "condanna a morte" nei confronti del Ristorante-Pizzeria "Da Tito", ...ecco perché Momi facendosi promotore della protesta #IoApro (divenuta celebre proprio da gennaio 2021 a livello Nazionale) non ha fatto altro che cercare di sopravvivere esercitando il proprio inalienabile diritto al lavoro (nonché dei propri dipendenti) ed alla libera iniziativa economica, entrambi diritti fondamentali tutelati dalla nostra Costituzione. Dunque è stato affermato il principio che è stato sempre sostenuto dal mio Assistito e dal movimento IoApro in generale ovvero "Disobbedire per poter sopravvivere. Si tratta di una sentenza davvero importante che sposa le ragioni da sempre portate avanti da Momi e dagli altri ideatori del movimento #IoApro."