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Scritto da aldo grandi
L'evento
13 Luglio 2023

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Ci è andato giù peso, questa mattina in edicola, il quotidiano livornese Il Tirreno che, a firma Ilaria Bonuccelli, critica aspramente e duramente il concerto di avvio delle celebrazioni pucciniane che ha visto salire sul palco il direttore d'orchestra Beatrice Venezi che ha chiuso il concerto con l'esecuzione dell'Inno a Roma di Giacomo Puccini su parole di Fausto Salvatori.

Restiamo basiti di fronte a tanta veemenza, alle critiche subdole, al testo degli altri articoli a supporto di fronte ai quali, se fossimo nei panni della Venezi, non esiteremmo a convocare una conferenza stampa in risposta alla giornalista e al giornale. 

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In questo Paese senza dignità, svenduto alle logiche delle grandi multinazionali consumistiche e alla dichiarata volontà di annientare identità e senso di appartenenza, sta montando una campagna a livello nazionale, ma anche oltreconfine, nei confronti di una delle poche, direi quasi nessuna, donne che hanno il carattere, la grinta, la determinazione per portare avanti le proprie convinzioni senza leccare il culo a chicchessia tantomeno ai quattrini come, invece, fanno in maniera sfacciata intellettuali verniciate di rosso che compaiono quotidianamente sugli schermi delle nostre Tv cesso.

Ci colpisce che un giornale, appunto Il Tirreno, dai fasti gloriosi, ma da un presente nefasto, si preoccupi di attaccare, 'offendere' e demolire una giovane rappresentante artistica di una delle città dove, a regola, il quotidiano livornese ha sempre avuto una delle sue roccaforti. Il giornale che un tempo, quando noi sbarcammo in questa valle di lacrime nell'anno di (dis)grazia 1989, vendeva oltre 110 mila copie ed era diretto da Luigi Bianchi che era un signor giornalista, storico direttore del quotidiano labronico morto all'età di 94 anni, sta andando malissimo in termini di copie vendute. Anzi, malissimo è un eufemismo. Se non sta alla frutta, poco ci manca e qualcuno dice, addirittura, alla mancia.

A Lucca, ad esempio, i suoi lettori, sempre meno, sono arrabbiati perché qualche mese fa i geni della spartizione e del giornalismo con la G maiuscola hanno deciso di affiancare, nel fascicolo in vendita a Lucca, anche la cronaca di Pistoia di cui, ai lucchesi, frega assolutamente niente. Come si può pensare che in una città orgogliosa e indipendente fino all'arrivo di Napoleone, si possa imporre di leggere le notizie di una provincia con la quale non c'è mai stata trippa per gatti?

Tornando, però, a Beatrice Venezi e alle due pagine con cui le celebrazioni pucciniane sono state, letteralmente, massacrate, vorremmo aggiungere che, al di là delle eventuali responsabilità, tutte da accertare, in fase di programmazione da parte di Alberto Veronesi presidente del comitato ad hoc, quest'ultimo è finito nella lista delle persone da sbattere di fronte al plotone di esecuzione, metaforico per fortuna, sin da quando anzi, solo da quando, in occasione del ballottaggio per sindaco di Lucca tra Francesco Raspini e Mario Pardini, ha scelto di apparentarsi con il secondo suscitando un vespaio, visti gli esiti sconfortanti per la Sinistra lucchese, che non si è ancora fermato.

A Veronesi la Sinistra non perdona di essersi schierato armi e bagagli con Barsanti e Pardini e non ha tutti i torti, soprattutto, se si pensa che sei mesi prima del voto lo stesso Veronesi aprì una sede in via Vittorio Veneto - ricordiamo anche la visita ufficiale delle Valentina Mercanti del Pd - dichiarando apertamente che avrebbe appoggiato il candidato del centrosinistra. Quella sede fu chiusa e non se ne seppe più niente... Ah la politica e quelli che ancora ci credono.

Da qui, però, a massacrarlo un giorno sì e l'altro pure sparandogli addosso ad alzo zero ce ne corre, ma, si sa, i rossi sono sempre stati vendicativi e ne sanno qualcosa quelli che, nell'immediato dopoguerra, hanno pagato caro il prezzo dell'aver militato dalla parte sbagliata e perdente.

Il titolo del quotidiano labronico di questa mattina, titolo fatto, è bene dirlo, a Livorno e non certo a Lucca, è, a nostro modesto avviso, una martellata data sui coglioni dei colleghi lucchesi che ogni giorno si spaccano il fondoschiena per arginare la morìa di copie divenuta per certi versi inarrestabile. Ma come?, ci par di sentirli dire, noi lavoriamo a Lucca, tutti i giorni abbiamo a che fare con gente che lavora, studia, dirige, fa politica e va a vedere entusiasta il concerto in piazza Napoleone con Beatrice Venezi, abbiampo scritto del successo di distribuzione dei biglietti e voi che fate? Sparate tonnellate di merda sopra una manifestazione musicale che, sul palco del Summer Festival, ha avuto un successo strepitoso al punto che il tutto esaurito non è stato nemmeno sufficiente a fermare la richiesta di biglietti?

Tutto ciò rafforza, in noi che siamo di origini labroniche doc, la convinzione che abbiamo sempre avuto: Livorno è stata dalla fine della guerra una città allo sbando nelle mani di politicanti incapaci e senza testa e per capirlo basta guardare com'è ridotta oggi. Se non avesse il mare, non la visiterebbero nemmeno i disgraziati che ci sbarcano ogni giorno. I comunisti, pre o post è la stessa cosa, del resto, non sanno fare altro che distruggere, quanto a costruire, non hanno mai combinato granché. 

Lucca, che a Livorno non dà una pista, ne dà cento, dove la gente lavora davvero, non ostenta, non chiede prestiti a iosa, non mangia l'uovo in culo alla gallina e anche ad altri numerosi animali di specie diverse, avrebbe meritato ben altro trattamento. E soltanto per l'esecuzione dell'Inno a Roma, inno fascista asserisce il giornale che ha perso decine di migliaia di copie. 

Poveretti! Nascono tutti così a Livorno e non solo. Ideologizzati sin dalle viscere che li partoriscono. 

Inno a Roma inno fascista? Scusate, a noi la questione sembra molto più semplice: L'inno a Roma è bello o no? A noi sembra bellissimo quindi, cosa c'entra la politica?, cosa c'entra l'ideologia di queste mezze seghe verniciate di rosso? Ascoltatelo in questa esecuzione del direttore Andrea Colombini a Vienna:

E lo ribadiamo, nemmeno una donna per solidarietà o un uomo, per dignità e coraggio, che sia intervenuto a favore di Beatrice Venezi e di Puccini, delle celebrazioni pucciniane e di Veronesi o di Lazzarini del teatro del Giglio: a Sinistra tutti zitti, branco di eunuchi che non sa più nemmeno dove stiano gli attributi che madre natura ha loro donato.

Se fino ad oggi l'Inno a Roma è stato associato, anche giustamente, al fatto che Mussolini e il Regime lo scelsero come propria colonna sonora, beh, è arrivato il momento di scindere le due cose e rivitalizzare e rivalutare una musica che non conosce appartenenze politiche, ma che è italiana e bella a prescindere. Non trovate? A noi sembra lapalissiano, ma noi siamo menti semplici, ispirate dal buonsenso e non dalle contorti teorie che agitano le notti insonni degli intellettuali del Nuovo Pensiero Dominante Politicamente Corretto.

E se anche la Venezi avesse volutamente e provocatoriamente fatto eseguire l'Inno a Roma per qualsiasi motivo foss'anche una apologia nascosta del fascismo - cosa che non è e lo sappiamo e lo sanno benissimo tutti - sapete cosa vi diciamo? Che avrebbe fatto bene. Agli imbecilli che si abbeverano alla fonte della stoltezza, dell'ignoranza storica, della strumentalizzazione politica e dell'imbecillità elevata all'ennesima potenza, è il minimo che possa toccare. 

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