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Scritto da aldo grandi
L'evento
07 Giugno 2023

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Arrivano alla spicciolata, con la minaccia della pioggia che pende su piazza del Carmine, una delle più caratteristiche di questa città dove sorge l'omonimo Mercato, ex struttura del convento dei Carmelitani Scalzi che lo hanno retto fino agli inizi del '900. Fu, poi, il fascismo a ristrutturarlo e ad adibirlo, appunto, a mercato con 31 negozi, 200 banchi di vendita, 30 banchi per il pesce e sei magazzini. I lavori vennero completati nel 1936, l'anno dell'Impero per chi non lo ricordasse. Il ristorante da Gigi è proprio di fronte, e quest'anno celebra il ventennale da quando tre amici quali Michele Tambellini, Natale Mancini e Carmine Mariniello, lo rilevarono facendolo diventare uno dei più frequentati e rinomati ristoranti tipici lucchesi.

E', ormai, la quarta cena con Aldo dopo le precedenti all'Antica Locanda di Sesto e al Caffè Santa Zita. Undici, in tutto, i commensali con tre rappresentanti del gentil sesso ché, altrimenti, ci accusano di misoginia. Padrone di casa è lui, Carmine Mariniello, l'uomo dalle mille risorse, l'oste della malora, proprio come recita il bel titolo del libro, edito nel 1973 da Vallecchi a Firenze e scritto da Luigi Volpicelli, pedagogista, allievo di Giovanni Gentile - quest'ultimo uno tra i più importanti protagonisti della vira culturale del Novecento ed esponente di spicco del fascismo, ucciso dai partigiani dei Gap il 15 aprile 1944 - che volle raccontare, ironicamente, gli sviluppi della cucina cercando di riportare il tutto al gusto del buon cibo, unico metro di giudizio. La cucina di un popolo è espressione della sua civiltà e rientra direttamente nei valori della sua cultura. Così recitava l'introduzione. Niente di più vero.

Gigi ha scelto un programma gastronomico di tutto rispetto, con un budino di verdure di stagione su fonduta di pecorino, un primo con gnocchi fatti in casa alla burrata, pomodori secchi e crema di basilico, pollo fritto con le sue verdure fritte e, infine, déssert con crumble di mele.  Prima di passare all'assaggio, però, un brindisi è di rigore e appena anche l'ultimo dei commensali, Alessandro Bianchi, medico veterinario da Altopascio, giunge con il suo stile elegante e raffinato, l'evento può avere inizio e, immediatamente, si materializza non tanto e non solo un sommelier, ma un maestro sommelier, uno, cioè, che insegna e che è, appunto, Carmine Mariniello, madrelingua tedesca e italiana, ottimo inglese, cultura filosofica notevole, guida turistica da anni. Nei calici scende, per primo, uno champagne Veuve Pelletier dal colore giallo intenso, dal perlage vivace con le sue bollicine che salgono senza sosta e persistenti. 

Ci tenevamo ad invitare e ad avere alla nostra tavola un personaggio di grande spessore professionale e umano, l'avvocato Carlo Cacciapuoti, legale, fino a un anno fa e per decenni, della famiglia e del Gruppo Marcucci. In pensione, si gode la vita senza dimenticare le persone che, in un modo o nell'altro, ha incontrato durante la sua lunga carriera forense. E' arrivato a Lucca e ha scelto di pernottare all'hotel Ilaria proprio per essere libero di stare a cena fino a tarda sera senza doversi mettere in auto per rientrare a Genova, la sua città.

E' stato proprio lui, anni fa, a recapitarci una richiesta di risarcimento danni in sede civile di 180 mila euro, per via di una serie di articoli, oltre 40, dai quali, a suo avviso, trapelava un malcelato intento denigratorio nei confronti del suo assistito, l'ex senatore Andrea Marcucci. Ci eravamo, poi, incontrati, in sede di mediazione alla Camera di Commercio, lui affiancato da Marialina Marcucci e noi dal nostro immancabile avvocato Cristiana Francesconi. Com'è andata a finire lo sanno tutti o, almeno, quelli che ci hanno seguito: un accordo in base al quale nessun risarcimento era dovuto né alcuna pretesa sarebbe stata portata avanti e, in cambio, la rimozione di una quarantina di articoli giudicati, a torto o a ragione, pesanti per la reputazione del parlamentare barghigiano. 

Di acqua e di tempo, sotto e sopra i ponti, ne sono passati e quello che, all'inizio, era un acerrimo avversario che avremmo volentieri spedito a quel paese, alla fine è diventato e non esitiamo ad usare questo termine, un amico con cui abbiamo più volte cenato e scambiato pareri e considerazioni sui massimi - e minimi - sistemi. Carlo Cacciapuoti non è un qualsiasi avvocato, è un avvocato che non si è mai limitato a studiare pedissequamente il codice penale, ma ha cercato di andare oltre convinto e consapevole che il ruolo di un legale, spesso, si icnrocia e va a braccetto con quello dell'amico e dello psicologo. Persona simpatica, gaudente, amante delle cose buone e della cucina di qualità, da Gigi resta basito: non c'era mai stato e ci tornerà con la consorte. A proposito, dopo tanti anni, tornerà a fumare, proprio in questa circostanza, un sigaro toscano. Grande Carlo.

Si alzano i calici con un a noi che, senza punto esclamativo per di più, ci auguriamo non susciterà le isterie e le rimostranze di qualche nostalgico antifascista. Accanto al capotavola c'è, alla sua destra, Manuela Giuliani, psicoterapeuta, fondatrice della clinica ambulatoriale Das a Lucca e, ultimamente, nella Media Valle del Serchio. Con un team di una trentina di professionisti di varie discipline mediche legate alla salute mentale e non solo, dei pazienti, agisce in tutta la Lucchesia e ha il grande merito, lei in primis, di trasmettere non solo joie de vivre, ma curiosità, fiducia, speranza, empatia per dirla in un solo termine. Se avessimo bisogno di farci ascoltare e guidare in un percorso psicologico, non avremmo dubbi: sceglieremmo lei tutta la vita. Aspirante sommelier - avrà l'esame fra pochi mesi - viaggiatrice instancabile alla scoperta di sapori e costumi, donna di grande intelligenza e di grandissima umanità, mette in crisi, sistematicamente, i nostri, rari, slanci... maschilisti. Di piacevole compagnia.

Alla sinistra di Cacciapuoti l'ideatore di questi simposi, l'organizzatore di queste serate, a volte anche pranzi, all'insegna di una riscoperta dei giusti e veri ritmi esistenziali, dove la tavola e tutto ciò che la circonda non sono una corsa continua a finire prima per arrivare nuovamente sul luogo di lavoro, ma qualcosa di più che lascia a chi li sperimenta la sensazione di aver ritrovato una sorta di pace grazie alla quale la parola riassume il suo antico valore.

A fianco di Manuela Giuliani c'è Natale Mancini. E' la sua seconda volta e anche lui, come Cacciapuoti, al termine della convention fumerà con gusto e serenità un sigaro toscano portato appositamente dal presidente del club Amici del sigaro toscano, Luca Piattelli, professione imprenditore di benessere e parrucchiere di grande esperienza. Mancini, questa volta, fa il pari con Gianni Mercatali, entrambi appassionati di Formula 1, quest'ultimo che è stato perfino testimone di nozze di Mauro Forghieri, direttore tecnico della scuderia Ferrari  dal 1962 al 1971 e dal 1973 al 1984 e Mancini che a dieci anni, nel 1981, si fece immortalare con il mito Enzo Ferrari a Fiorano durante una gita per assistere alle prove di Gilles Villeneuve. Mancini racconta la sorpresa di trovarsi di fronte quest'omone che era arrivato al circuito con tanto di autista alla guida di una Fiat Ritmo. Il grande Enzo Ferrari su una Fiat Ritmo! L'incontro con Ferrari è stato l’inizio di una passione che ha portato Natale a girare il mondo e a conoscere personaggi del calibro di Niki Lauda, Clay Ragazzoni, Mario Andretti, Jackie Stewart e tanti altri dell’attuale circus della Formula 1.

Gianni Mercatali, invece, il pari lo ha fatto con Carlo Cacciapuoti, visto che tutti e due sono appassionati di champagne e che il primo, addirittura, è stato per oltre dieci anni il comunicatore di Krug e scusate se è poco. Comunicatore. Ci tiene Gianni a questa parola, ché pierre sarebbe, per lui, riduttivo e insufficiente. Cacciapuoti è un fan di Louis Roederer Champagne Cristal mentre Mercatali, ovviamente, è un krughista a tutti gli effetti eternamente rivale di Dom Perignon.

A proposito di champagne, dopo il Veuve Pelletier, è la volta di una bottiglia di Joseph Perrier Brut Cuvée Royale. 

All'altro capotavola sta la moglie di Gianni, Flavia Fabietti, anche lei già protagonista delle nostre serate enogastronomiche. Questa volta, tuttavia, sorprende tutti perché - e noi che la conosciamo da quasi trent'anni non lo abbiamo mai saputo né chiesto - rivela la sua età anagrafica così, senza alcuna remora o timore, con una luminosità nel volto e una classe per le quali è difficile trovare un aggettivo adeguato. Restiamo, tutti, basiti perché verrebbe quasi da dire che abbia firmato un patto col diavolo per garantirsi una forma di eterna giovinezza. Chapeau e non soltanto a livello estetico, ma come spirito, voglia di vivere, capacità di entusiasmarsi anche per le piccole cose e la grande dote di saper stare bene ovunque.

Vicino, un'altra donna splendida, di grande cultura e di altrettante tradizioni. E', infatti, la nipote di Gaetano Salvemini, storico, intellettuale, antifascista, studioso come pochi altri della cosiddetta questione meridionale. «Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere». Così ebbe a scrivere nel 1932 e non possiamo che sottoscrivere. La nipote è Lorella Pagnucco Salvemini, abitante, attualmente, a Pietrasanta, originaria di Venezia e Mestre dove è cresciuta. E' editore e direttore della rivista d'arte AW ArtMag. Chi l'ha conosciuta così ha scritto: Nella sua geografia dell’anima ha Venezia, la città natale, nel cuore e la Versilia eletta a buen retiro. Quando nell’adolescenza le chiedevano che cosa avrebbe desiderato fare da grande, rispondeva sicura: viaggiare e scrivere. Così, per raggiungere lo scopo, si è messa a studiare lingue prima, lettere poi.  E sono oltre 30 anni che pubblica romanzi, saggi, scrive articoli, gira per il mondo. Ci sono tre cose - dice - di cui non può fare a meno: il mare, la scrittura, il caffè. Tutto vero e, infatti, a cena conclusa, è la prima a domandare un tazzina di caffè.

Galante come sempre, elegante come già detto, Alessandro Bianchi è un perfetto conversatore e un altrettanto piacevole compagno di avventure gastronomiche anche se, va detto a sua colpa, è astemio da una vita e si perde molto, anzi, moltissimo. E' un caro amico, una persona a cui vogliamo bene da tanti anni e che ha sempre dimostrato di sapersi assumere la responsabilità - e anche il peso - delle proprie scelte. E' inoltre, un bravissimo papà e lo testimoniano, quotidianamente, i suoi cinque figli.

C'è, oggi, un caro amico che ci segue da tanti anni, che, sin dall'inizio, volle dimostrare anche concretamente, facendoci pubblicità, il suo sostegno alle Gazzette. Andrea Taddeucci, commercialista, sposato con Rita proprietaria del centro estetico Tuinà all'Acquacalda, è una persona riservata, che non ama stare sotto la luce dei riflettori, ma che ha uno sguardo vivido che non perde un colpo e una capacità di sintesi pressoché unica. E' anche una persona che non fa drammi o, almeno, così ci è sempre parsa. Passione per le auto d'epoca da rimettere in sesto, dopo una meravigliosa Jeep Cherokee proveniente dal Texas e datata 1984, una favola che gira ogni tanto per le strade di Lucca, sta restaurando un pullmino Volskwagen di quelli divenuti, ormai, veri e propri oggetti cult. Bella persona.

Mancano in due all'appello e sono entrambi seduti l'uno accanto all'altro. Beniamino Placido, capo di gabinetto del comune di Lucca, amico da sempre di Mario Pardini, dicono anche suo 'braccio armato', ma sono solo voci che si rincorrono. In realtà ha fama di essere uno tosto che non ha peli sulla lingua, un po', anche qui dicono, come il papà Vincenzo Placido fratello dell'attore Michele. Placido padre è stato un personaggio molto legato e conosciuto a Lucca dove era approdato come insegnante negli istituti superiori. Socialista, tra i fondatori di Forza Italia nel capoluogo, fedelissimo e amico di Marcello Pera, Placido Vincenzo ha lasciato una sua personale traccia in questa città. Non abbiamo mai avuto grandi contatti, ma una volta ci sorprese in positivo manifestandoci il suo apprezzamento per il nostro modo di scrivere. Coraggioso diceva. Suo figlio è sbarcato a Lucca voluto direttamente da Pardini che lo ha fatto arrivare togliendolo ad un lavoro di spessore e molto bel retribuito in quel di Milano. Ci sta simpatico e conviene anche lui che se qualche volta bacchettiamo l'amministrazione comunale, beh, facciamo il nostro dovere e magari riusciamo anche a scuotere eventuali apatie. Entusiasta, a fine cena, dell'evento. Gli crediamo e lo richiameremo più avanti. La prossima volta, il 3 luglio, ci sarà il sindaco in persona.

Last but not least scrivono gli inglesi, ma per noi è una persona che appartiene alla nostra carriera professionale da quando siamo piovuti in questa valle di lacrime. Alessandro Tosi detto Mimmo, figlio di Alcide maestro fotografo a Lucca e dintorni, fratello di Claudio, è stato - e lui lo è ancora - fotografo al quotidiano La Nazione di piazza del Giglio insieme a noi per vent'anni. Per lui noi, giunti dalla capitale, avevamo una marcia in più, soprattutto per come ci proponevamo anche quando si andava a chiedere la fotografia o testina del morto da poter far riprodurre dal fotografo per pubblicarla sul giornale l'indomani. Ecco, con i social questa scuola di vita ancor più che di giornalismo, non esiste più. Eppure, credeteci, andare per forza di cose a domandare la foto della persona appena defunta, indipendentemente dalla sua età, ai familiari a poche ore dalla tragedia, è una prova di sfrontataggine per alcuni, indecenza per altri, coraggio per pochi, che ci sentiremmo di consigliare a tutti coloro che vogliono intraprendere questa professione. Andavamo sui luoghi degli incidenti - racconta Mimmo Tosi - e Aldo Grandi ci sorprendeva perché non prendeva mai appunti. Il giorno dopo, sul giornale, c'era scritto tutto e ci chiedevamo come riuscisse a farcela senza scrivere nulla. E' vero. Fanno sorridere i colleghi che si presentano alle conferenze stampa - salvo alcune eccezioni ovviamente determinate dalla caratura degli interlocutori - con tanto di registratore o anche sugli incidenti con tanto di taccuino. Ci sono cose che non hanno bisogno di essere riportate, basta essere concentrati e ciò che resterà, sarà ciò che conta. Nomi e dati a parte ovviamente anche se noi non annotiamo pure quelli. La famiglia Tosi è una famiglia lucchese doc che ha testimoniato e raccontato tramite immagini la storia di questa città. La mostra che qualche anno fa organizzarono nella chiesa sconsacrata di San Cristoforo in via Fillungo riscosse un successo clamoroso ed è un peccato che non sia divenuta itinerante o permanente. Alessandro Tosi ha un amore infinito per Lucca e anche la sua tenuta, in località Tre Cancelli dove si trova il ristorante In Cantina, è la prova di un attaccamento fortissimo al territorio e alle tradizioni.

Il budino di verdure e formaggio è qualcosa di strabiliante e non è un caso che, non mangiando verdura la Lorella, noi con l'avvocato Cacciapuoti ci tuffiamo a pesce sul piatto rimasto intonso. Gli gnocchi, poi, sono un colpo al cuore: fatti in casa, teneri, delicati, con una crema che fa impazzire anche i più sani di... stomaco. Infine il pollo e le sue verdure fritte: leggerissimi tutti e due, niente unto e niente olio, squisiti e Cacciapuoti che è sempre più sbalordito e si chiede come mai non era mai stato da Gigi. Colpa sua che andava sempre e solo a Barga.

Apriamo tre bottiglie di Criseo Bolgheri, un bianco fermo nella terra dei grandi rossi Supertuscan, del 2020 delle cantine Guado al Melo, azienda vinicola che conosciamo bene, podere Guado al Melo a Castagneto Carducci. Gianni Mercatali se ne esce con un complimento a voce alta per questo vino e altrettanto fa il maestro sommelier Ais Mariniello che lo esalta rispetto a certe 'sciacquature' che spesso vogliono spacciare per vini di qualità. Recita il sito di questo podere bolgherese in località Murrotto: Con il “Criseo” Bolgheri Bianco, Guado al Melo, cantina del bolgherese che negli ultimi anni si sta ritagliando un ruolo importante all’interno della denominazione, ha voluto scrivere una nuova storia, ossia quella di un bianco votato all’invecchiamento. Si tratta di una novità per un territorio da sempre rinomato per la creazione di grandi rossi, che però può contare sull’esperienza di Michele e Attilio Scienza, enologi di spicco che supervisionano la produzione di quest’etichetta.

Avrebbe dovuto essere della partita anche Valentina Mercanti, che ha dovuto disdire all'ultimo e ce ne dispiace. Conoscendola, si sarebbe divertita e avrebbe passato una serata senza parlare, sarebbe stato assolutamente vietato, di politica. 

Il dolce giunge a restituirci il bisogno di affetto: un crumble di mele annaffiato e qui Carmine ci stupisce, con una bottiglia che non lasceremo a metà, di Ramandolo del 2019, un vino passito ”dolce e non dolce” straordinariamente equilibrato. Prodotto con uve verduzzo giallo in purezza, prende il suo nome da una minuscola frazione del comune di Nimis, nei Colli Orientali del Friuli. Mariniello ci illustra la grande proprietà di questo nettare, essere, cioè, un vino passito, ma non troppo né troppo poco dolce, un equilibrio magico. Vino da meditazione e noi meditiamo a lungo. 

Ancora una volta la serata ha avuto un successo, umano in primis, straordinario. E' da quando frequentavamo la scuola superiore che eravamo convinti di come, a tavola, si raggiungano intese e si comprendano cose che non è possibile raggiungere o comprendere in altri luoghi. Per questo, quando arrivammo a Lucca e cominciammo a portare in redazione la pizza al pomodoro di Felice in via Buia, suscitando simpatie e momenti di giusta complicità, venimmo redarguiti dall'allora caposervizio Paolo Magli che ci rimproverò di aver trasferito a piazza del Giglio, da Roma, un clima di goliardia. Stronzate, ovviamente, ma la vita di chi cerca di essere quel che sente di voler essere ha, purtroppo, a che vedere con decine di incomprensioni e avversioni. Importante è, però, fregarsene e andare avanti per la propria strada. O, quantomeno, provarci.

Foto by Ciprian Gheorghita e Foto Alcide

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