La Basilicata (o Lucania per i puristi) è una regione atipica: spesso bistrattata, vittima di ritratti poco rispettosi o addirittura discriminatori, a volte persino dimenticata e derubricata a luogo di second’ordine. Eppure, tra la Puglia e la Calabria c’è un vero e proprio tesoro, fatto non solo di pietra e calcestruzzo, ma specialmente di memorie, riti e usanze che poggiano le loro basi nelle culture italiche preromane e nei porti della Magna Grecia: un vero e proprio patrimonio di idee e rappresentazioni della realtà che ha saputo resistere alle tentazioni del “progresso” fino a pochi decenni fa, ed oggi, nonostante sia in difficoltà, non smette di affascinare gli esperti e di ispirare un senso d’identità nel popolo lucano.
L’antica cultura della Basilicata, fatta di miti, personaggi del folklore e storie incredibili, ma anche di pratiche quotidiane, riti di passaggio e formule propiziatore, si strutturava in complesso sistema di conoscenze che prendeva in esame, e assorbiva, tutta la vita dell’individuo: dal suo concepimento fino all’ultimo saluto, passando per l’adolescenza e l’età adulta.
È stata proprio l’infanzia, e tutto ciò che ne derivava, nella Basilicata di inizio Novecento la protagonista assoluta dell’ultimo incontro dei “Giovedì al museo”, evento ormai noto ad appassionati e non, e organizzato dal Museo Italiano dell’Immaginario Folklorico di Piazza al Serchio.
Attraverso un’accurata scelta di testi, dell’archivio museale, da parte di Enrichetta Dallari, e guidati dalle letture di Valeria Agostini, Manola Bartolomei e Simona Nobili, il nutrito pubblico online ha potuto addentrarsi in un mondo che alla povertà materiale univa molto spesso una ricchezza culturale e spirituale incredibile, fatta di mille sfaccettature, pericoli e rimedi inaspettati, legami sociali e battaglie soprannaturali che tra la realtà e l’immaginario hanno formato per millenni la mentalità e i gesti degli uomini e le donne nati in quello specifico lembo di terra.
Si parte dai primi contatti con la società e il mondo, come la nascita stessa e tutti i riti collaterali al battesimo, fino ai riti di passaggio nell’adolescenza e verso l’età adulta: un percorso segnato in ogni suo passo da una continua lotta tra un bene (e benessere) e male (e degradazione) in cui gli uomini dovevano vedersela costantemente con fattucchiere, poteri maligni e stregoni, arginati e fronteggiati con oggetti magicamente segnati, preghiere, scongiuri e riti individuali e collettivi.
Ciò che restituisce l’appuntamento di ieri sera è un mondo che molto spesso ci sembra così lontano, quasi esotico, eppure alla base del vivere comune dei nostri antenati fino a pochi decenni fa: un tempo in cui la natura, le malattie, la violenza tra gli stessi uomini marcavano come ferite indelebili gli individui costretti ad intraprendere il loro personale viaggio della vita in quegli spazi, e che provavano a dare un senso a tutto ciò, quasi come una “scienza” ante litteram come affermano molti antropologi, che di certo non saziava ma serviva come il pane.