Il fagiolo mascherino ed il pieverino sarebbero già probabilmente scomparsi dalle nostre tavole se non fosse per un gruppetto di aziende ed hobbisti che ancora oggi li seminano e li producono. La stessa sorte sarebbe toccata al pomodoro fragola di Albiano Minucciano, al grano formenton otto file e al biroldo della Garfagnana. Sono solo una piccola parte dei tesori agroalimentari della provincia di Lucca a rischio estinzione che contribuiscono all'inimitabile paniere regionale che proietta la Toscana al terzo posto a livello nazionale dietro a Campania e Lazio. Una lista di specialità lunga 467 prodotti di cui sono entrati a far parte, nell'ultimo aggiornamento, i celebri befanotti o befanini, i biscotti di varie forme che si preparano durante le festività di Natale. A dirlo è Coldiretti Lucca sulla base dei dati elaborati dal suo Osservatorio Strategico relativi al censimento delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni.
"Le produzioni tipiche e gastronomiche raccontano la storia del nostro territorio; sono un potente strumento di promozione, la principale porta di accesso al turismo che ha permesso a molti borghi e paesi di essere scoperti, apprezzati, ripopolati. Ma hanno anche un ruolo chiave nella crescita e nello sviluppo delle filiere che sono spesso legate a piccole realtà agricole e a particolari momenti della vita delle singole comunità. – spiega Andrea Elmi, Presidente Coldiretti Lucca – Insieme al paesaggio, questo enorme patrimonio agricolo ed alimentare, di cui le aziende agricole sono un presidio fondamentale, è parte della nostra identità. Volani che consentono alla Toscana, e alla nostra provincia, dalla Garfagnana al mare della Versilia, di essere associata ad un territorio dove si vive e si mangia bene e di essere oggi tra le mete turistiche più ambite al mondo".
Sono 80 le produzioni tipiche tradizionali della provincia di Lucca ma per almeno la metà il futuro è incerto: si va dal buccellato alla mondiola della Garfagnana, dal pecorino della Garfagnana al cavo nero riccio di Lucca, dal pane di Altopascio alla trota iridea. Molti però, quasi uno su due, sono i prodotti censiti che oggi sono catalogati "a rischio" scomparsa soprattutto tra gli ortaggi ed i frutti dove troviamo per esempio il fagiolo malato, il cui nome deriva dalla fragilità della sua buccia ed il fagiolo aquila o lupinaro destinato per lo più all'autoconsumo. "Una fetta importante della nostra biodiversità rischia di sparire dalla nostra dieta a causa di un'offerta standardizzata da parte dei grandi produttori che privilegiano le grandi quantità e le rese. E' questa la ragione per cui nei banchi dei supermercati troviamo solo alcune varietà di ortaggi e di frutta quando, nella sola nostra provincia, ne avremo una trentina. – ammette la presidente di Coldiretti Lucca – Da qui l'importanza della filiera corta e dei mercati contadini di Campagna Amica che permettono alle aziende agricole di valorizzare e commercializzare molte di quelle produzioni tradizionali e ai consumatori di apprezzarli. Per salvare questi prodotti dobbiamo tornare a consumarli".
Il grande contributo ai primati delle "bandiere del gusto" arrivano dalla categoria degli ortaggi e della frutta (33) a conferma della straordinaria biodiversità vegetale del territorio provinciale seguita da pasta fresca e prodotti della panetteria, pasticceria e dolci (31) e dalle specialità di carne fresche ed insaccati (16). "Molti di questi prodotti sono vincolati alla passione e all'amore di piccole comunità e famiglie che li coltivano negli orti domestici in piccole quantità e per uso personale. – spiega ancora il Presidente di Coldiretti Lucca, Andrea Elmi - Altri appartengono alla tradizione di una manciata di norcinerie sparse su tutto il territorio il cui metodo di produzione si tramanda di generazione in generazione. Lo stesso vale per i dolci e gli altri prodotti le cui ricette passano da famiglia a famiglia". Coldiretti Lucca punta la lente anche sul metodo di produzione soprattutto dei trasformati: "prendiamo l'esempio degli insaccati. – spiega ancora il Presidente Elmi – La lista prende in considerazione solo la ricetta, quindi il processo produttivo, ma non gli ingredienti con cui i prodotti trasformati sono realizzati. Le carni usate per esempio per gli insaccati devono provenire da allevamenti del territorio e non dall'estero. Noi crediamo che si debba ancorare la ricetta al prodotto finale privilegiando l'impiego di ingredienti locali".
Non è infatti un caso che nei piccoli borghi – sottolinea Coldiretti Lucca – nasca il 92% delle produzioni tipiche secondo l'indagine Coldiretti/Symbola, una ricchezza conservata nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture storiche. Un patrimonio che spinge a tavola 1/3 della spesa turistica alla scoperta di un Paese come l'Italia che è l'unico al mondo che può contare sui primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare. E spinge verso la Toscana, nelle aziende agrituristiche, 5 milioni di turisti che arrivano da tutto il mondo per vivere un'esperienza all'insegna del buono, del sano e del bello.
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