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Scritto da Redazione
Ce n'è anche per Cecco a cena
12 Gennaio 2021

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Venerdì prossimo, 15 gennaio, decine di migliaia di ristoratori di ogni parte d'Italia - ad eccezione, a quanto pare, di Lucca (e Versilia, Garfagnana e Massa Carrara?) dove non ce n'è nemmeno uno o così pare, apriranno i battenti per non chiudere più in spregio, giustificato, ai ridicoli e inconcludenti dpcm del Governo di incapaci e di inetti oltreché di privilegiati che sta conducendo il nostro già disgraziato paese allo sfascio. Il pericolo di morte, del resto, per la più grande delle eccellenze italiane, la gastronomia, è imminente e viste le promesse da marinaio di Giuseppe Conte i titolari di ristoranti hanno deciso che è il momento di scendere in pista, di disobbedire, di ribellarsi a chi, senza motivo, senza alcuna giustificazione, sta facendo di tutto per 'ucciderli'. L'iniziativa è partita da tre ristoratori, Antonio Alfieri da Sassuolo, Umberto Carriera di Pesaro e il nostro giovane Mohamed El Hawi di Firenze, egiziano di origine, ma fiorentino di nascita, musulmano, ma, allo stesso tempo, più italiano di tanti altri italiani. Di quest'ultimo, Momi per gli amici, abbiamo più volte parlato e non solo noi. Siamo stati noi, però, i primi che lo hanno 'adottato' facendo il possibile, con articoli e non soltanto, per far conoscere la sua grinta, la sua ferma determinazione, la sua volontà di non perire sotto i colpi e le multe, ingiuste e vergognose, che questo stato senza cuore gli ha inflitto a più riprese. Vedremo come questo Governo di fantocci privi di ogni rappresentatività, buoni solo per chiudere la gente in gabbia e privarla delle libertà fondamentali, riuscirà a contenere la lunga rabbia di questi imprenditori che non hanno, ormai, più niente da perdere perché consapevoli che i lockdown non solo sono inutili e troppo facili da adottare, ma che il Governo e i suoi consulenti senza senso e senza umanità andranno avanti per mesi se non per anni incuranti delle conseguenze devastanti sotto tutti i punti di vista.

Hanno, i ristoratori, compreso anche che se non saranno loro a scegliere come vivere la propria vita, nessuno se ne prenderà cura. Dispiace che a Lucca nessuno della categoria abbia il coraggio di uscire allo scoperto e rifiutare le allucinanti imposizioni portate avanti con la folle giustificazione di voler contenere i contagi. Aprite gli occhi. Non potete far finta di nulla, ne va delle vostre vite prima di tutto e di quelle dei vostri figli. Come è possibile che le vostre menti siano state accecate fino a questo punto? Perché a Lucca ognuno pensa per sé, ma non c'è alcun dio che pensi per tutti? Perché la paura di fare il primo passo e vincere il timore di essere additati al pubblico ludibrio, puntualmente, terrorizza e immobilizza anche le migliori energie?

Hanno costretto migliaia di ristoratori a spendere soldi per adeguare i propri locali alle misure anti-Covid. Poi, hanno spiegato che non sarebbe servito a nulla e che, quindi, proprio per poter godere di un natale e di tempi migliori, era necessario richiudere tutto convinti che proprio il tenere aperti i ristoranti avrebbe rappresentato un fortissimo veicolo di espansione per il virus.

Sono passati mesi, ma i contagi restano ugualmente alti il che, se non siamo scemi, significa che i ristoranti, evidentemente, non c'entrano nulla e non hanno responsabilità. Ma loro fanno finta di niente e si accaniscono ancora passando da un colore all'altro e giocando con gli esseri umani e le loro esistenze come se fosse un videogioco. Ci hanno detto che si può stare seduti al tavolo se si mangia senza mascherina, ma che se ci si alza anche solo di poche decine di centimetri, la mascherina diventa obbligatoria. Ma come si può credere a simili amenità? Dove è finita la nostra capacità di critica? Possibile che la paura e i mezzi di informazione inquinati da giornalisti e intellettuali senza spina dorsale siano riusciti nel miracolo di rendere tutti privi di intelletto?

Arriva un momento, nella vita di ciascuno di noi, in cui occorre fare delle scelte e, facendole, si rinuncia, inevitabilmente, a qualcosa o a qualcuno. Certo, più facile e più comodo sarebbe non dover scegliere e pretendere di conservare tutto, ma la vita non funziona così. Adesso è uno di quei momenti e siamo chiamati a scegliere se vivere o rinunciare a farlo per chissà quanto tempo in nome di una presunta emergenza il cui unico risultato, oltre alle migliaia di morti da una certa età in su e soltanto se provvisti di robuste patologie pregresse, è quello di stare distruggendo ogni fiducia nel futuro mettendo in discussione una intera generazione di giovani accusati di essere degli untori.

Siamo arrivati al punto che indossare la mascherina, lavarsi le mani, mantenere le distanze, rifiutare abbracci e strette di mano, chiudersi in casa senza uscire e senza vedere alcuno siano tutte manifestazioni di Sinistra mentre l'opposto rappresenterebbe, secondo i soloni dell'imbecillità progressista e mainstream, l'essenza stessa del sovranismo, del fascismo, dell'individualismo, del razzismo, del, viene da ridere, trumpismo e chi più ne ha più ne metta.

Ma vi ricordate questi aneddoti? «Le mascherine per le persone sane non servono a niente», diceva il 25 febbraio Walter Ricciardi, nella sua prima uscita pubblica da consulente del Ministero della Sanità.

«I presidi medici vanno riservati a medici e infermieri, bisogna farne un uso intelligente: usare la mascherina non ha senso se si mantiene la distanza. Non la indosso se sto a un metro e mezzo di distanza» sosteneva il 19 marzo Alberto Villani, presidente della società italiana pediatria.

«Oggi non è necessario, per chi riesce a mantenere le distanze e a rispettare le indicazioni che sono state date, utilizzare le mascherine» gli faceva eco il 3 aprile il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, in conferenza stampa per i dati giornalieri sui contagi sempre senza mascherina.

Ora ci sono venuti a dire che la mascherina è una seconda pelle, mentre, in realtà, è l'anticamera del burqa così ci prepariamo meglio all'islamizzazione progressiva della società. 

Vediamo gente che ha perso di vista il proprio cervello, che indossa la mascherina anche se è da sola in auto con tanto di finestrini chiusi, se è a passeggio all'aria aperta e in un raggio di centinaia di metri non c'è anima alcuna. Ma quanto vi ci vuole per azionare l'indipendenza di giudizio e la facoltà di critica per comprendere che ci stanno prendendo sistematicamente in giro? Che stanno muovendosi non in base a considerazioni di carattere umano, ma su numeri ed algoritmi che niente hanno a che spartire con le nostre misere esistenze ed esigenze quotidiane? Cosa devono ancora fare per ridurvi in schiavitù?

Bene, per quanto ci riguarda noi non soltanto appoggiamo pienamente la disobbedienza civile dei ristoratori e di tutte quelle categorie che si rifiutano di lasciarsi morire, ma, da parte nostra, rifiutiamo di indossare la mascherina all'aperto come primo gesto di rifiuto verso misure che non hanno prodotto alcun risultato. La verità è che stanno cercando un capro espiatorio che spieghi il loro totale fallimento. Poiché non vogliono ammettere che questo virus non è la peste bubbonica né l'ebola e che non provoca più morti di quanti non ne abbiano provocati, in passato altri virus altrettanto virulenti, annunciano costantemente nuove ondate per giustificare la loro repressione. E se i numeri non calano non è mai colpa loro né dei comitati di (in)esperti pagati profumatamente con soldi pubblici, bensì nostra che non facciamo mai abbastanza, che non ci sacrifichiamo mai sufficientemente, che ci divertiamo a ballare in mezzo alla strada, che vogliamo, semplicemente, ritornare a vivere per la semplice ragione che non esiste alcuna motivazione lucida e razionale per non farlo.

Ecco perché noi non rinunciamo a una stretta di mano, ad un abbraccio, ad un sorriso, ad uno scambio di emotività. Rivendichiamo il diritto ad essere, innanzitutto, soprattutto e prima di tutto, esseri umani dotati della facoltà di discernere. Non neghiamo ciò che è evidente, ma non ci pieghiamo né siamo disposti a rinunciare all'unica insopprimibile libertà che l'uomo non può mai perdere: quella di combattere per la propria continuità, per il proprio presente e per il proprio futuro. 

Non obblighiamo nessuno a pensarla come noi o a comportarsi di conseguenza, ma non provino ad obbligarci a fare ciò che non vogliamo o a non fare ciò che riteniamo giusto.

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