Se avessimo immaginato quello che sarebbe poi stato detto all'indomani del concerto di apertura delle Celebrazioni Pucciniane in piazza Napoleone, beh, sicuramente avremmo cercato in qualche vecchio magazzino di costumi, una camicia nera con tanto di pantaloni alla zuava, una giubba con il cinturone e anche un fez come erano soliti indossare gli appartenenti alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale di mussoliniana memoria. Lo avremmo fatto perché fascisti? Neppure per sogno. Lo avremmo fatto perché provocatori, perché stanchi di questo politicamente corretto che ci ha fatto due coglioni così, perché non ne possiamo più di questi imbecilli verniciati di rosso il cui livello di intelligenza è pari a quello di un sorcio appena schiacciato sulla strada ossia, inevitabilmente, zero. Ci dispiace, inoltre, perché nessuna donna di sinistra, nemmeno quelle lugubri femministe che tappezzano le piazze di questo sfasciato stivale solamente quando lo ritengono adatto alle loro esigenze, ha avuto la dignità ancor più che il coraggio di aprire quelle bocche dalle quali, di solito, fuoriescono frasi senza senso per difendere Beatrice Venezi, una donna nel vero senso della parola, che non cerca consensi per le sue posizioni pro Lgbtq che, fortunatamente, nemmeno si sogna di avere come la maggior parte delle donne italiane, che non ama leccare il culo ai potenti, che ha conquistato il diritto ad essere chiamata direttore d'orchestra quando sarebbe stato molto più semplice e politicamente corretto accettare la declinazione al femminile di direttrice. Ma possibile che nessuna intellettuale di Sinistra, di quelle che parlano bene e razzolano male, abbia sentito la necessità o anche solamente la voglia di scendere in pista per manifestare a questa donzella lucchese davvero coraggiosa e di grande temperamento, che la sua esibizione di ieri sera è stata non solo stupenda, ma appassionata e degna di tutti i complimenti possibili?
Il consigliere comunale Gianni Giannini, comunista o post comunista non sappiamo bene, uno che deve sempre aprire la bocca in consiglio comunale anche quando, come nel caso di Bianucci, se ne farebbe volentieri a meno, dopo aver esordito magistralmente ammettendo di essere andato in piazza Napoleone senza i classici paraocchi, è scivolato riconoscendo di aver, invece, indossato, i paraorecchie proprio come i cavalli contro mosche e zanzare e così da non sentire se non quello che vogliono ossia nulla. Giannini ha accusato di ipocrisia Beatrice Venezi e, in sostanza, di aver proposto a fine serata l'Inno a Roma, meraviglioso inno patriottico scritto nel 1918 da Fausto Salvatori e musicato da Giacomo Puccini, peraltro sempre nello stesso anno, quando i fasci di combattimento dovevano ancora vedere la luce e Mussolini era ancora interventista e da poco fuoriuscito dal partito socialista.
Ipocrita, caro Giannini, non è la Venezi, ma siete voi, che di Puccini volete ascoltare solamente le opere tradizionalmente conosciute dal popolino, ma che quando sentite la musica dell'inno più bello del mondo dopo quello di Mameli, ve la fate sotto dalla paura che, un giorno o l'altro, da qualche angolo di questo disgraziato Paese, venga fuori un nuovo Benito. Tranquilli, di mediocri ne è pieno il mondo e continuano a crescere in grande quantità anzi, si moltiplicano come i pani e i pesci. Di Mussolini, che ha condotto l'Italia alla dittatura prima, alla rovina e alla tragedia, poi, provocando centinaia di migliaia di morti e di distruzioni, ma che era un grande giornalista e, almeno per una decina d'anni, un altrettanto ineccepibile statista, in giro non se ne sono visti, non se ne vedono e non se ne vedranno - per fortuna - mai più.
Giacomo Puccini quando ha musicato l'Inno a Roma nemmeno sapeva cosa fosse il fascismo né che il regime avrebbe acquisito il componimento come proprio inno. Che c'entra, quindi, oggi, accusare Beatrice Venezi di essere neofascista? Andando così dietro a quei miserabili gauchistes di merda d'Oltralpe che a Nizza non la vorrebbero far dirigere? Beatrice Venezi oltre ad essere lucchese è italiana con la I maiuscola, una donna con le palle a differenza di tanti, troppi uomini che le palle, ormai, le hanno dappertutto fuorché nell'unico posto dove madre natura gliele ha attribuite.
L'Inno a Roma ha subìto un ostracismo ingiusto proprio perché adottato dal fascismo mentre sarebbe il caso che tutta l'Italia lo riscoprisse come opera d'arte.
La Gazzetta di Lucca per Beatrice Venezi è disposta anche a mobilitarsi, a prendere a pesci in faccia chiunque si azzardi a toccarla o anche solo a sbeffeggiarla, a distribuire una robusta dose di calci in culo a chi pensa di storpiare la musica e la cultura dipingendola con i colori di un presunto neofascismo che soltanto gli imbecilli di Sinistra vedono compresa quella Elly Schelin che soltanto a guardarla e a sentirla parlare ci viene l'itterizia.
Attenzione gente. Vogliono stravolgerci, distruggerci, devastare le nostre radici, modificare le nostre consuetudini approfittando della grassa ignoranza di una società che si abbevera alla fonte della stupidità e del consumismo sfrenati. Sanno che il Pensiero Unico Dominante proprio degli organismi sovranazionali è in grado di modificare persino le identità degli individui, producendo terzi, quarti e quinti sessi a seconda delle necessità del mercato delle grandi multinazionali del profitto a tutti i costi.
Vogliono, a noi della Gazzetta, tapparci la bocca e la decisione del collegio di disciplina del (di)ordine dei giornalisti de Lazio nei nostri confronti che pubblicheremo a breve, ne è la testimonianza. Ma noi, cari amici, come nel caso del Covid, non molliamo di un centimetro e, anzi, siamo contenti di poterci scontrare con i parassiti del pensiero autonomo e indipendente. Saremo chiamati populisti, sovranisti, fascisti, razzisti, omofobi, maschilisti: sottoscriviamo. Siamo tutto questo e anche di più se a voi così vi pare. Abbiamo gli attributi per potercelo permettere e a tutti quelli che credono di poterci chiudere il becco, diciamo che fino all'ultimo respiro continueremo a vomitare addosso all'ignoranza travestita di perbenismo e, questa sì, ipocrisia, tutto il nostro disprezzo.