Giovanni Pascoli riletto con Ludovico Ariosto? Sì, ma con un pizzico di Dante Alighieri.
Si è volato alto, oggi, alla Fondazione Ricci di Barga. Un’originale conferenza, un’appassionata (ed appassionante) lectio a cura della dottoressa Sara Moscardini che, da incallita studiosa pascoliana, si è concentrata su un aspetto, a dire il vero poco indagato, del poeta bargo-romagnolo: il suo particolare rapporto con la felicità.
Pascoli e la felicità. Quasi un ossimoro se si pensa all’immagine che ognuno di noi si è costruito del poeta decadente sulla base, principalmente, di reminiscenze scolastiche. Esiste una felicità per Pascoli? E se sì, in cosa consiste? Ecco. È proprio a questo - affascinante - dilemma che ha cercato di rispondere la giovane e competente ricercatrice barghigiana attraverso un duro e faticoso lavoro sulle carte.
“Giovanni Pascoli e la ricerca della felicità”: questo il titolo della sua fortunata conferenza. Un titolo che, già di per sé, contiene una risposta alla domanda di cui sopra: se una felicità esiste, per Pascoli, questa va necessariamente rinvenuta nell’atto stesso della ricerca. Nello studio, nella contemplazione, nell’indagine. Interessante, a tal proposito, il suggerimento avanzato dal pubblico di un possibile rimando alla lettura leopardiana: in effetti, anche in Giacomo Leopardi la felicità era qualcosa da attendere, come si attende il sabato nel villaggio.
La dottoressa Moscardini ha citato un emblematico verso dei "Primi Poemetti" dedicato proprio alla felicità: "non è, la vedi: è, non la vedi". Come un incantesimo che ricorda quello del Palazzo di Atlante, nell'Orlando Furioso, dove chi entra pensa di scorgere l'oggetto dei propri desideri, ma mai lo afferra perché si tratta, in fondo, di un'illusione. O come la bellezza per Emily Dickinson che non ha causa, esiste: "inseguila e sparisce. Non inseguirla e appare"
Pascoli l'aveva capito: alla felicità si può solo tendere. E, prima di lui, lo aveva capito un altro poeta - forse il più grande di tutti - che, 600 anni prima, intraprese, nel mezzo del cammino della sua vita, un viaggio letterario ultraterreno che dagli inferi lo portò al paradiso trovando la felicità, non in un approdo, ma in una musa ispiratrice. Ma già Omero l'aveva intuito nell'Odissea: felicità è mettersi in viaggio verso una mèta. E, da qui, l'augurio di Kavafis: devi solo augurarti che la strada per la tua Itaca sia lunga.
Complimenti a Cristiana Ricci per aver ospitato questo pomeriggio di alto valore culturale. Un merito da spartire con il comune di Barga, l'Unitre, la Fondazione Giovanni Pascoli, l'Istituto Storico Lucchese, l'associazione Amici di Enrico Pea e la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
L'evento ricadeva in occasione della giornata internazionale della poesia e della felicità: un'unica ricorrenza per celebrare due aspetti della vita che vanno a braccetto e che, forse, sono l'uno il presupposto dell'altro.
Foto di Nicola Tognetti
Giovanni Pascoli, la felicità come ricerca: la 'lectio' di Sara Moscardini alla Fondazione Ricci
Scritto da andrea cosimini
Barga
22 Marzo 2025
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