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Scritto da renata frediani
passioni napoleoniche
26 Aprile 2023

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Sebbene incoronato imperatore dei francesi il 2 dicembre 1804 Napoleone non smise mai di essere prima di tutto un soldato. Alcune abitudini spartane che aveva acquisito durante la formazione giovanile alle scuola militari di Brienne e Parigi e soprattutto duranti i lunghi anni di combattimenti non lo abbandonarono mai. Tra queste la sua frugalità circa il consumo dei pasti malgrado amasse molto i prodotti di ottima qualità.

Napoleone dedicava poco tempo al cibo ed era solito condividere, durante le campagne militari, marce e rancio con i suoi soldati per motivarli nelle difficoltà della battaglia e soprattutto per consolidare con loro un rapporto di stima e fiducia reciproca.

Bonaparte teneva molto a mantenere questa sua caratteristica di semplicità che perennemente lo legava ai campi di battaglia piuttosto che alle sontuose feste della vita di corte poiché era consapevole che le vittorie e le conquiste con cui amava misurarsi si giocavano esclusivamente sul teatro di guerra piuttosto che negli accordi diplomatici dei salotti. Il suo potere se l’era conquistato come soldato piuttosto che come imperatore.

Nelle sue memorie, cominciate a pubblicare dal 1830, il valet de chambre dell’imperatore Constant Wairy conferma il carattere frugale di Bonaparte. Anche all’interno dei lussuosi palazzi del potere, lontano dai campi di battaglia, Napoleone in più occasioni gradiva pranzare da solo dedicando al pasto non più di dodici minuti, preferiva cibi semplici ed apprezzava il pane solo se di buona qualità; il suo piatto preferito, famoso nella memoria collettiva, era la fricassea di pollo, il pollo alla Marengo, cucinato per la prima volta dal suo cuoco personale François Dunand la sera della battaglia di Marengo, il 14 giugno 1800, durante la campagna d’Italia. Diverse versioni e leggende esistono intorno a questo piatto, Pellegrino Artusi, nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, narra di come non trovandosi i carri della cucina dell’esercito francese il cuoco abbia offerto al primo console ed ai suoi generali un piatto improvvisato con dei polli reperiti sul luogo; aggiunge che Napoleone ebbe sempre in considerazione questo piatto proprio perché gli ricordava la gloriosa vittoria di Marengo contro l’esercito austriaco del generale Michael von Melas. Proprio per questo motivo si dice che Bonaparte amasse farsi cucinare questo piatto al termine di ogni battaglia.

Anche nell’ambito dell’alimentazione Napoleone si rese promotore di grandi innovazioni tanto da far bandire un concorso pubblico per migliorare la conservazione degli alimenti durante le campagne militari.

Nicolas Appert (1749-1841) nel 1810 risultò vincitore del premio divenendo così fornitore ufficiale dell’esercito fino al 1814. Egli ideò un progetto, pratico e facile da realizzarsi, per la conservare di alimenti; prevedeva di porre le vettovaglia in bottiglie di vetro le quali, una volta aspirata l’aria al loro interno, dovevano essere chiuse ermeticamente con tappo, ricoperte di tessuto in tela, e lasciate bollire fino a cottura ultimata del loro contenuto.

I governo francese per la sua invenzione propose un premio di 12.000 franchi o il brevetto della scoperta. Appert optò per la prima opzione lasciando così libera la scoperta facendo si che chiunque ne potessero usufruire.

Questa importante scoperta sfruttava, senza che Appert lo avesse compreso, il principio secondo cui i batteri vengono uccisi con il calore anticipando di circa cinquant’anni l’intuizione dello scienziato francese Louis Pasteur che chiarì definitivamente la questione.

Napoleone amava la sobrietà e la semplicità nella sua vita privata ma è noto che durante le occasioni ufficiali, regolate sin nei minimi particolari da un rigido cerimoniale di corte istituito dallo stesso imperatore, pretendeva ricchezza e sontuosità ed è proprio per questo aspetto che durante il periodo Impero l'arte della tavola andò incontro a un rinnovamento rispetto alle epoche precedenti, perfettamente rispondente alla grandeur napoleonica.

Si rivelò fondamentale il passaggio dal servizio «alla francese», in voga fino a quel momento, basato sulla presenza contemporanea sulla tavola di tutte le portate previste dal menù, quelle calde su scaldavivande e quelle fredde su sontuosi supporti, a quello «alla russa», così definito per la nazionalità del diplomatico suo ideatore, il principe russo e ambasciatore Alexander Borisovitch Kurakin. Questa nuova tipologia di servizio, ancora oggi in uso, prevedeva che le portate fossero posizionate in tavola in sequenza, una dopo l'altra. Per ovviare all'aspetto disadorno della tavola, prima ricolma di pietanze e vasellame, si cominciarono ad usare alcuni oggetti d'arredamento, fino a quel momento non usati a tale scopo, in modo da rendere più sontuosa l'arte dell'apparecchiatura.

Particolare attenzione venne dedicata all'illuminazione, ritenuta fondamentale nella resa di atmosfere di grande suggestione. A questo scopo i candelieri, semplici o sontuosi, venivano posizionati alle estremità della tavola, per questo detti capotavola, e lì lasciati anche dopo la fine del pranzo. La loro presenza si diffuse in molti ambienti di case, palazzi, sia privati che destinati ad un uso ufficiale, diventando parte integrante e quasi indispensabile dell'arredo. A seconda della loro destinazione avevano forme, dimensioni e tipologie diverse, appositamente studiate anche da artisti del livello di Pierre-Philippe Thomire e Claude Galle.

Uno splendido esempio di candelabri tipico del repertorio iconografico del periodo Impero è rappresentato dal modello a guisa di Vittorie alate. Tale tipologia è stata più volte ripresa dai bronzisti declinandola nelle più diverse forme. Questi manufatti venivano rigorosamente prodotti a Parigi in bronzo artisticamente cesellato e dorato al mercurio, tecnica prettamente parigina esportata in tutta Europa. Generalmente le vittorie venivano con la gamba sinistra arretrata, poggiante su una sfera sostenuta da fusto cilindrico, poggiante a sua volta, su di una base di forma quadrangolare sempre in bronzo dorato. Nelle mani comunemente portano due cestini, spesso decorati con motivi floreali, da cui dipartono i bracci terminanti con bobeches porta candele. 

Altra tipico modello, ancora in bronzo dorato, in cui la figura umana è invece assente, è costituito da una base rettangolare, su cui poggia un vaso biansato con coperchio sormontato da una pigna. La loro tipologia particolare non li rende immediatamente identificabili come candelieri, funzione che è invece rivelata dalla presenza di una bobeches porta candela sul rovescio del coperchio. 

Questi candelabri realizzati per arredare sontuose tavole venivano prodotti in grandi dimensioni per meglio incarnare il lusso e l’eleganza dello stile Impero. 

Napoleone si interessava direttamente alla produzione di pezzi d’arte, generalmente destinati ad abbellire le residenze ufficiali, trasmettendo il suo gusto e soprattutto l’amore per il perfezionismo a chi lavorava nelle manifatture del lusso tanto da contribuire in modo indiscutibile al prestigio che caratterizzò, in quello scorcio del XIX secolo, la Francia in campo artistico.

Particolare attenzione fu dedicata da Bonaparte anche alla porcellana. In prima persona ordinò un importante servito alla prestigiosa e storica manifattura imperiale di Sèvres, diretta da Alexandre Brongniart (1770-1847) fino alla sua morte. Brongniart fu uomo di grandi capacità, ingegnere e farmacista, oltre che grande esperto d’arte, portò la manifattura di Sevres ad un livello di qualità altissimo.

Il servizio commissionato da Napoleone, Service des Quartiers Généraux, riproduceva i territori attraversati durante le campagne militari. Alla sua realizzazione partecipò oltre che Brongniart anche Vivant Denon mettendo a disposizione tutte le sue competenze in campo artistico. Di questo servizio Napoleone portò con sé durante l’esilio di Sant’Elena settantadue piatti da dessert dopo aver fatto dono di una parte delle porcellane tuttavia, per timore di romperli, non ne fece mai uso riservandosi il piacere di osservarli nella loro bellezza.

Come collezionista, condivido il piacere provato da Napoleone dinnanzi all’eccezionale servizio ed apprezzo e ammiro quel tipo di comportamento che prediligeva il piacere dell’arte al mero uso. Anche per questo raffinato gesto Napoleone va apprezzato ed ammirato, un valoroso e carismatico generale in grado di trovare tanto piacere nei tesori della raffinata arte da lui sempre incentivata sino agli ultimi giorni a Sant’Elena.

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