O ricorrenza o, piuttosto, niente.
Se la festa della donna deve essere una giornata per ricordare le varie manifestazioni che, nella storia, videro le donne di tutto il mondo scendere in piazza per rivendicare i loro diritti, ok; se, invece, deve essere - come purtroppo, in certi casi, è - un modo per l'uomo di considerare e apprezzare la donna una volta l'anno, allora no. Non è giusto.
Chi l'ha detto, infatti, che la donna debba essere celebrata solo quel giorno? E gli altri 364? E dove sta scritto, poi, che la giornata dedicata alle donne debba essere festeggiata dalle stesse donne e non, casomai, dagli uomini?
Per questo è interessante sentire la loro voce: quella degli uomini, appunto. Dice Roberto C., 30 anni di Capannori, professione operaio: "Non esiste una festa della donna. Esiste una festa del rispetto, che non dovrebbe avere sfumature di genere e che si dovrebbe celebrare ogni giorno dell'anno". Gli fa eco Andrea C., 32 anni, libero professionista di Castelnuovo: "Ben venga la festa per il suo valore simbolico; celebrare però la donna una volta l'anno, mentre la violenza, declinata in tutte le sue forme, è in aumento e la parità di accesso alle professioni - nonché di salario - è ancora una chimera, mi sembra pura ipocrisia".
C'è poi una questione di diritti. Come, infatti, fa notare Francesco C., manager di 44 anni di Barga: "Purtroppo questo giorno, che dovrebbe ricordare le conquiste da parte del mondo femminile e dire basta a tutti gli abusi che ancora oggi le donne sono costrette a subire nel mondo, spesso diventa un'occasione per le stesse donne di festeggiare la ricorrenza con cene a base di spogliarellisti e pietanze con forme sempre più allusive ed equivoche". Ricorda, a tal proposito, Pablo L., 40 anni, geometra di Pisa: "La festa dovrebbe essere la commemorazione storica di quanto è avvenuto in una fabbrica tessile a New York, nel 1908, in cui più di cento donne, che avevano manifestato per condizioni lavorative migliori e salari più alti, vennero segregate, in risposta, all'interno dell'edificio dove morirono a causa di un incendio accidentale". E chiosa bene Filippo C., 36 anni, impiegato di Livorno: "Alla fine dovremmo festeggiare la donna non in quanto donna, ma in quanto essere umano".
Simbolo di questa giornata è la mimosa. Profumata, delicata e semplice. Come la donna. Un fiore che, in cucina, si trasforma in una torta e in un aperitivo. Perché sí, oltre che un delizioso dolce, la mimosa è anche un cocktail fresco e frizzante, a base di succo d'arancia e spumante brut (o champagne), che oltreoceano si consuma durante il brunch domenicale.
Ma perché proprio la mimosa? Perché fiorisce all'inizio di marzo ed è facile da reperire; è un fiore che nasce anche in terreni difficili, e viene associato alla storia femminile, in quanto simboleggia le lotte per i diritti e quelle che ancora restano da fare per la parità di genere.
Il dolce omonimo, invece, pare sia stato ideato a Roma negli anni cinquanta con l'intento di celebrare la festa ricordando la forma e il colore della mimosa: una torta composta da strati di un soffice pan di Spagna, farcito con crema diplomatica (ovvero crema pasticcera alleggerita da panna montata) e frutta fresca.
Volontariamente è stata omessa, in questo articolo, la voce delle donne: perché la donna sa quanto vale; sa quanti sacrifici, quotidianamente, è costretta a fare rinunciando, delle volte, persino alle proprie aspirazioni; sa quanto difficile sia imporsi in una società, da sempre, maschilista; è l'uomo che, molto spesso, si scorda della sua importanza e - per dirla con lo scrittore statunitense John Steinbeck - del suo ruolo di "cittadella della famiglia e roccaforte inespugnabile".
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