Sede dei giudici tutelari romani, distaccamento del Tribunale di Roma. Alle 12 del 14 febbraio c’è il deserto. Nessun giudice è al lavoro. Perché? Perché tutti si recano in ufficio solo per le udienze, poi se ne vanno. E le udienze sono fissate in giorni stabiliti, qualche ora la mattina al massimo tre giorni alla settimana. I giudici tutelari non hanno orari di ricevimento in cui incontrare gli avvocati o chiunque sia coinvolto nelle pratiche a loro affidate. Gli stessi legali devono fare istanza di colloquio. E l’istanza può essere accolta dopo mesi o mai.
I giudici tutelari – uno dei settori più delicati del “sistema” giustizia, perché si occupano di fragili, disabili e anziani – sono gli unici giudici in Italia a non avere termini per rispondere alle istanze degli avvocati. Hanno dei termini, stabiliti per legge, per le richieste di nomina di un amministratore di sostegno (acronimo ads) , ma per tutto il resto no. E si parla di cose serie: segnalazioni di ads abusanti, di familiari costretti dall’ads a non vedere il proprio congiunto, di ricoveri non motivati di persone fragili in strutture dove costoro sono condannati a pagarsi la loro morte fra estranei, di divieti arbitrari alle visite imposti con la complicità delle case di riposo.
A Roma bisogna prenotare online anche il semplice deposito di un’istanza in cancelleria. Provate voi stessi. Impossibile. Il sito dice che “non è possibile prenotare”. Tutto pieno.
Chi scrive ha raccolto decine di storie di ads che, una volta nominati, hanno, come prima cosa, spezzato rapporti affettivi decennali. Per il “bene” dell’amministrato, così dicono, in genere ricoverato contro la sua volontà e isolato da tutto e da tutti. E ci si domanda: perché? L’ads non risponde, quindi si chiede al giudice tutelare, il quale se ne lava le mani. Solo tre casi, per non annoiare.
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Rina (cognomi omessi per privacy) di Bologna si è vista strappare la propria compagna convivente da 24 anni (purtroppo non ufficialmente), ricoverata dall’ads in struttura. Vietato vederla e sentirla per due anni. Rina ha saputo della morte dell’amore della sua vita solo a funerali avvenuti.
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Chiara, di Frosinone. Il suo compagno, da ben 35 anni, è stato sottratto alle sue cure da un ads nominato a sua insaputa proprio alla vigilia delle nozze tanto agognate. Destinazione: un ricovero per vecchi. Chiara non lo può vedere da 15 mesi. Ha fatto istanza al giudice tutelare, il quale, dopo 5 mesi, ha negato persino il permesso che lei lo potesse portare a prendere un gelato.
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Barbara, di Roma. Il suo compagno dal 2009 è stato ricoverato dal suo ads, contro la volontà di entrambi, in una struttura per anziani. Divieto totale di vederlo e sentirlo a lei e a tutti gli amici in comune. Quando Barbara ha scoperto dove stava, è andata alla casa per anziani chiedendo di vederlo. I gestori l’hanno picchiata al grido di “criminale, assassina, non devi stare qui, ti facciamo carcerare a vita”- E’ finita in ospedale con un dito fratturato e contusioni multiple. La prova è in un video integrale all’esame della magistratura. E questo nonostante Barbara sia coniuge in base alla legge Cirinnà. Il giudice tutelare del suo compagno da luglio non risponde a ben 10 istanze degli avvocati.
Voi vi chiederete perché accadano simili crudeltà. Non c’è risposta. O meglio, la risposta è in una legge, la n. 6 del 2004, che ha istituito la figura degli amministratori di sostegno lasciando troppe discrezionalità, quindi ampio margine agli ads e ai giudici tutelari di non rispettarla. A Roma i gt dicono che hanno troppo da fare per seguire tutti i casi. Ecco, io vorrei sapere se anche a Lucca è così, perché, altrimenti, davvero è finita. Vorrei sapere se Roma – data la sua complessità- è un caso a parte, e se altrove l’ufficio dei tutelari si comporta diversamente. Affido questo mio appello a “La Gazzetta di Lucca”. Grazie.