Con il fotografo Cip, al secolo Ciprian Gheorghita, rumeno di nascita, ma italianissimo di adozione e di nazionalità, di ristoranti a Lucca e non solo ne abbiamo girati parecchi. Eppure l'altra sera, di ritorno da un servizio a S. Maria del Giudice per la chisura della campagna elettorale di Francesco Raspini, quando ci siamo fermati da Varrone sul viale Europa a San Concordio, la sua domanda è stata: ma non potevamo mangiare al campo sportivo dove per il Pd era stata preparata una serata gastronomica sicuramente buona e godibile? Non c'è stata risposta e non perché non conoscessimo l'arte culinaria della gente dell'ultima frazione di Lucca e prima di Pisa - tra l'altro eravamo stati anche invitati - bensì perché l'idea di fermarci in questo locale che Massimo Minutelli ha fondato tanti anni fa ci accarezzava il palato e solleticava-sollecitava le nostre, ormai, famose e sempre più esigenti papille gustative. Ebbene, a fine degustazione, le parole del fotoreporter sono state le seguenti: "Aldo, è il posto dove ho mangiato meglio fino ad ora". Forse, ha esagerato, ma è indubbio che noi siamo diventati Varrone-dipendenti al punto che non riusciamo a stare più di una settimana senza metterci piede.
Fatta questa premessa, è bene chiarire quali sono diventati i motivi per cui non riusciamo a resistere alla tentazione di gettarci tra le fauci di questo locale che è capace di regalare emozioni anche a chi, come noi, fino ad alcuni anni fa lo frequentavamo con regolarità. Era stato, il nostro, un colpo di fulmine che ci aveva accompagnato per diversi mesi di pranzi o cene alternati nei quali godevamo della compagnia giusta e di un ritrovato entusiasmo che ci accarezzava come una folata di vento accarezza il viso in una tiepida giornata primaverile. Poi, come accade, spesso, a tutti gli amori improvvisi, avevamo cambiato residenza e anche compagnia così, da Varrone, non ci eravamo più tornati nonostante, fossimo divenuti, come a volte ci accade, di casa o quasi.
Dopo sette anni due dei quali trascorsi a schivare il virus del Covid e con pochissimi ristoranti aperti pronti a sfidare le normative dei governi Draghi-Conte, ecco che per puro caso abbiamo voluto tornare là dove molto era cominciato e poi finito e abbiamo scoperto che niente, in fondo, era cambiato. Anzi. I prezzi, sempre piuttosto sostenuti, ma non certo inadeguati al servizio e a ciò che si mangiava e beveva, hanno trovato grazie alla solita genialità di Minutelli un ridimensionamento-adattamento senza minimamente intaccare le principali caratteristiche che ci avevano così tanto accaparrato anni addietro: prodotti di ottima qualità, servizio professionale ed eccellente, enoteca fornita, sfiziosità irrinunciabili come da sempre.
La bravura di Alessio Pieri nel saperci guidare al nostro rientro-ritorno ha fatto il resto. Accolti e coccolati come accade normalmente a queste latitudini, ci siamo imbattuti la prima volta nel cosiddetto girarrosto che a tutti i costi e con un investimento robusto, Minutelli ha voluto fare per dotare il locale più antico tra i suoi cinque, di una ennesima proposta gastronomicamente straordinaria. Il girarrosto o cottura allo spiedo, infatti, ha una tradizione particolarmente intensa nella nostra regione e fino agli anni Cinquanta-Sessanta e anche oltre, questa cottura aveva riscosso gli apprezzamenti e anche i riconoscimenti delle guide più accreditate.
Così, anche l'altra sera, sul nostro tavolo è arrivata la prima sfiziosità che, ormai, ci accoglie da tradizione: due sottili fettine di pane abbrustolito con, sopra, altrettante slices di prosciutto Joselito. Già a questo assaggio il Cip è andato in estasi nonostante ultimamente abbia un po'm esagerato a tavola. Non c'è stato nemmeno bisogno di ordinare né di guardare al menu: ormai Alessio sa già cosa prendiamo, sempre le stesse cose e non perché siamo ripetitivi, ma perché quando trovi ciò che ti piace, se hai fame, anche la medesima pietanza se buona, ti entusiasma sempre come fosse la première fois.
Ma se abbiamo invitato Cip con noi è anche perché il suo modo di fotografare, così caldo e intimo, ci sembrava appropriato e decisamente adatto a questo locale. E, infatti, così è stato basta guardare agli scatti, non certo predisposti in precedenza o organizzati appositamente, ma spontanei, fatti durante una normale serata di lavoro senza ressa perché erano già passate le 22. E' qui che il fotografo capace sa restutuiirti atmosfere facili da riprodurre quando tutto è programmato.
Quando sul tavolo piombano con delicatezza le verdure cucinate sotto il girarrosto a cominciare dalla patata americana dolce con sopra il Roquefort squagliato come direbbero a Roma, Cip non sta più nella gioia. Il tocco finale è il massimo, il vassoio di legno sul quale il bravissimo chef ha adagiato i wurstel artigianali che sono teneri come il burro, la carne di pollo che di prende l'anima per quanto è buona, il manzo per non parlare della pancetta e delle patate che sono UNICHE e vaffanculo anche ai carboidrati e alle diete che ne privano a volontà. Il tutto annaffiato da uno, soltanto un calice di vino rosso proveniente dal consorzio di Bolgheri.
Cip mangia, ma col fatto che deve scattare, lascia troppo sul tavolo i vassoi e, lasciandoci troppo soli, finisce per essere costretto a rincorrere quel che resta per non trovarsi privato di tutto dalla nostra proverbiale fame atavica o congenita che dir si voglia. Potrà anche sembrarvi strano, ma quando usciamo da questa sorta di paradiso alla portata di tutti, la sensazione non è di pesantezza, ma di soddisfazione da un lato e di, paradossalmente, leggerezza dall'altro. Certo, abbiamo rinunciato al pane, ma chissenefrega, ci hanno compensato le patate. E, al mattino seguente, testa e fisico liberi e scattanti, si fa per dire, dopo una notte in cui il sonno ci ha beneficiato come fossimo... un pupo e anche per Cip è stato così. Dopo questa libagione di cibo piuttosto che di bevande, attendiamo con ansia quando scatterà nuovamente lo stimolo dell'astinenza... da Varrone e, allora come l'altra sera e come le volte precedenti, saremo ancora lì per assaporare la cottura allo spiedo fatta con tutti i crismi del caso.
Foto Ciprian Gheorghita