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Scritto da Redazione
L'evento
12 Dicembre 2021

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Claudio Imbriani, ci rivediamo dopo diversi anni. E finalmente, a tutti gli effetti, la riscopriamo sereno e soddisfatto. Dopo, se non erriamo, 13 anni di sofferenze. E' vero?

Gli anni sono 14, di sofferenze che mai avrei neppure lontanamente immaginato di vivere. Nell'anima e nel corpo. La serenità non c'è e neppure so se mai potrà tornare quella di una volta. Posso soltanto dire che la stessa luce del sole, che fino a... ieri appariva offuscata, ora lo è meno. Ma nulla più, laddove la soddisfazione è figlia di altri stati d'animo che ancora non ci sono, ma che pure mi sforzo di conquistare o, almeno, far apparire a chi interloquisce con me.

Lei è incappato, suo malgrado, in una sorta di tritacarne giudiziario che lo ha visto assolto e condannato più volte prima di essere , definitivamente, dichiarato innocente dalla Corte di Appello di Firenze con formula piena sia perché i fatti che le imputavano non sussistevano sia perché' non ha mai commesso il fatto. Ci può spiegare in due parole cosa è successo?

Ergermi a censore, pur forte di un riconoscimento ampio e definitivo, non mi appartiene. In effetti io sono stato condannato una volta dal Tribunale di Lucca per due residue accuse, laddove lo stesso tribunale mi aveva assolto da tutte le altre, anche più gravi,  per insussistenza dei fatti. E tale assoluzione - ritengo opportuno ricordarlo - fu definitiva, in quanto la Procura di Lucca non propose appello. Fui io, invece, ad appellarmi alla Corte di Firenze per le citate due residue accuse, rinunciando nel frattempo (io solo!) all'intervenuta prescrizione. Fui assolto. Ma la banca già mia datrice di lavoro volle invece instare per un ricorso in Cassazione, considerato pure che , in caso contrario, sarei stato io creditore. La Cassazione, dopo due rimbalzi, mi assolse senza rinvio dalla precedente condanna per partecipazione ad atto falso, rinviando per quant'altro nuovamente alla Corte di Appello di Firenze, alla quale chiese di evidenziare, in particolare, le motivazioni per le quali ero stato perseguito in assenza di prove documentali, intercettative e assertive. Il risultato è stata l'assoluzione con formula piena per le due residue condanne, concernenti le posizioni di rischio di due società, in un caso "perché il fatto non sussiste" e nell'altro caso "per non aver commesso il fatto".  Tale sentenza fu assunta in data 22 giugno 2021 ed è divenuta irrevocabile, ovvero definitiva, il 5 novembre 2021.

Lei entrò in banca, alla BNL, nel 1978 e dal 1997 al 2002 è stato direttore della sede di Lucca in Piazza San Michele. Sa che ancora la ricordano a queste latitudini?

Ricordo ancora il mio arrivo a Lucca nel maggio del 1997. Nei primissimi tempi dell'assunzione dell'incarico di direttore fui ospite di amici nel cuore della città, che mi conquistò subito per la sua peculiarità, per l'accoglienza riservatami e, non lo nascondo, anche per la sua cucina tradizionale. Lavoravo fino a tardi, come sempre nella mia storia professionale e di uomo, così da dare a questa città, all'intera provincia, alle altre province di mia competenza (Massa Carrara, La Spezia e, in parte importante, quella di Pistoia) più che potevo (molti ancora dicono... tanto), anche apportando cultura d'impresa, tecnica, entusiasmo, voglia di fare perché tutta la mia squadra e la mia banca fossero protagonisti. Quante soddisfazioni per tutti! Quanto spirito di appartenenza, anche sentendoci tutti parte di quella che mi piaceva definire famiglia. E questo spirito era colto dai più, anche all'esterno, e con gratitudine di matrice antica mi piace ancora cogliere gli attestati di stima che mi sono venuti e ancora mi vengono da tanti. A proposito della specifica domanda rivoltami, mi si lasci comunque spendere ora qualche parola, a mero titolo di esempio volutamente non usuale, a fronte di due casi: 1) il grande successo di Telethon 1998 a Lucca, caratterizzato da una straordinaria diretta televisiva nazionale; 2) il grande successo ottenuto nella privatizzazione della BNL, allorquando la Filiale di Lucca (che non è certamente Milano, Roma, ecc.) si classificò prima per scostamento positivo dal budget nel collocamento del titolo BNL. Questi erano lo spirito e la forza che ci animavano, anche negli impegni che mi piaceva correlare a quello che io definivo "budget del cuore"!

Lei ha trascorso la sua vita professionale alle dipendenze di una delle banche più importanti del nostro Paese, almeno fino a quando non venne acquisita dai francesi di BNP Paribas nel 2006. Ha, in sostanza, dato molto, ma nel 2007 si vide accusare di aver commesso delle irregolarità gestionali, cioè di aver facilitato, in poche parole, la concessione di un mutuo ad una società costituita da Giovanni Tronci senza che ve ne fossero i requisiti. Lei ha sempre contestato questa versione dei fatti a cominciare dall'accusa di truffa che le venne mossa proprio dalla sua banca.

Mi ero sempre sentito onorato di lavorare in BNL, fin da quando, giovanissimo proveniente già graduato da altra banca, scelsi di farne parte, pur avendo ricevuto proposta di assunzione da parte di altri primari enti. La scelsi anche per il suo nome, che tanto piaceva ai miei genitori (che, come all'epoca tanti altri, avrebbero per me invece mirato prioritariamente al posto... statale): Banca Nazionale del Lavoro. E la scelsi pure perché era l'unica che mi offriva la partecipazione a veri ed articolati corsi di addestramento / formazione bancaria multispecialistica, formulati in termini di master universitario anche concretamente operativo, eccezionale per il sistema bancario del tempo. Mi è gradito ricordare che, a distanza di anni, il mio nome e la mia evoluzione di carriera all'interno dell'istituto erano anche portati quale positivo esempio dai docenti della formazione. L'accusa che mi piovve letteralmente addosso fu ben più pesante di quella ricordata nella domanda: tante posizioni di rischio, alcune delle quali, invero rilevanti, neppure più della BNL ed altre comunque a me non riconducibili e/o altre accuse infondate (per non dire di più), su tutte le quali, anche per il rispetto sempre portato all'istituzione alla quale ho dato tanti anni della mia vita, non intendo soffermarmi al momento e in questa sede. Voglio ora solo ricordare brevemente che tutto nacque da un esposto / denuncia della BNL, l'infondatezza del quale, per dirla brevemente, è stata vagliata e definitivamente inquadrata in sede penale. In questo mi sentii colpito, oltre che tradito, e il tempo (purtroppo ce ne è voluto tanto) e la Giustizia mi hanno dato integralmente ragione, laddove, forse con troppa fiducia nella effettiva realtà delle cose, avevo veramente creduto di poter essere prosciolto sostanzialmente subito. Ma ad andare avanti per tanti anni è stata invece una accusa nella sua stessa genesi fuorviata e fuorviante, che pure non ha impedito il trionfo della Giustizia. E si pensi anche che l'esposto / denuncia della BNL era la pressoché pedissequa contestazione di addebiti pervenutami in sede disciplinare, alla quale puntualmente avevo risposto punto per punto, anche evidenziando le contestazioni non riconducibili a... me, nonostante ciò mantenute nel successivo esposto e ancora sostenute nella costituzione di parte civile e nel dibattimento penale. Dalla stragrande maggioranza di queste accuse fui assolto dal tribunale penale di Lucca, che mi condannò per due residue posizioni con motivazioni essenzialmente di natura "moraleggiante", che certamente nulla dovrebbero mai avere a che fare con il pur ampio sistema probatorio fissato dal Diritto, come poi chiaramente affermato nella sentenza di assoluzione passata in giudicato (ovvero divenuta irrevocabile) il 5 novembre 2021.

La contestazione di aver truffato il proprio datore di lavoro che l'aveva promosso fino al grado di dirigente è di quelle che può distruggere la vita fisica, affettiva ed emotiva di una persona. Lei come ha fatto a resistere e a non lasciarsi sopraffare dallo scoramento e dalla disperazione in tutti questi anni?

"In primis" l'assoluta consapevolezza della mia estraneità a qualsivoglia operazione anomala o, peggio ancora, penalmente rilevante, e le anche impensate manifestazioni d'affetto e di fiducia pervenutemi da amici e colleghi sia della banca sia esterni, oltre che l'amore per la mia famiglia, a me sempre vicina con grande dignità, hanno ancora più determinato la mia volontà di affermare "al mondo" la mia innocenza. Volontà che mi ha fatto rinunciare senza esitazioni alla prescrizione, pur accettata da tutti gli altri imputati, rimanendo, pertanto, il solo soggetto attivo di un ancora più estenuante processo. Bisogna comunque pensare che in tutti questi anni mi è stato sostanzialmente impedito anche un meno impervio accesso al mondo del lavoro, stante l'accusa infamante ed iniqua che ho subito, ripresa con enfasi dai "mass media".  Ricordo appena che, anche quando per la riconosciuta competenza venivo chiamato a collaborare da chi preferisco soltanto definire "qualcuno", questo "qualcuno" è arrivato in qualche caso anche ad evitare poi di pagarmi (ben sapendo che non avevo certo facile accesso anche ad ulteriori assistenze legali) o mi ha pagato molto meno del giusto, di fatto approfittando della mia assoluta necessità, a sua volta necessariamente e prima coniugata con quella della famiglia. Un faro, del tutto inatteso, mi è stato mandato dal Cielo subito dopo un grave intervento chirurgico, determinato dal tanto male che ho dovuto sopportare, quasi a darmi forza ed assicurazione di una benevola presenza superiore: un figlio che mi venne in uno alla prima integrale assoluzione della Corte di Appello di Firenze, contro la quale poi il mio ex datore di lavoro addirittura instò per un ricorso in Cassazione.

Possibile che nessuno, all'interno della sua banca, le abbia mai manifestato solidarietà?

Solidarietà e amicizia invero, come pure prima dicevo, mi è stata manifestata da alcuni, fra i quali ricordo i collaboratori già a me più vicini, laddove molti, anche fra quelli ai quali avevo indubbiamente dato di più, si sono, diciamo così, "ritirati". Ma la vita mi ha insegnato che il mondo è pieno di questi "Don Abbondio", che preferisco ricordare alla maniera dantesca (per gli ignavi): "Non ti curar di loro, ma guarda e passa". Altri hanno potuto dare sfogo ad una interessata mal repressa invidia, ma anche per loro preferisco evocare gli ignavi del sommo poeta. Voglio invece ricordare chi, ancora in servizio lavorativo anche di vertice, venne senza tema a testimoniare per me, ben sapendo che io non li avrei mai coinvolti in giudizi di carattere personale o personalizzabile, sibbene soltanto nell'esplicazione delle procedure nell'ambito dell'organizzazione del lavoro vigente ed applicata in BNL, ispirata al principio della "segregation of duties" (separazione di mansioni e ruoli anche nell'ambito di filiere organizzative diverse). I loro nomi rimangono impressi nel mio cuore, nella consapevolezza che sanno che avranno sempre la mia stima, con l'auspicio di ogni bene per loro e le loro famiglie. 

Lei è stato assolto dai principali capi d'accusa e condannato per due episodi minori dai quali, poi, la Corte di Appello di Firenze l'ha definitivamente assolto. Lei avrebbe potuto beneficiare, comunque, della prescrizione, ma l'ha rifiutata rischiando anche di poter essere nuovamente condannato in via definitiva. Perché lo ha fatto?

Premetto che le motivazioni della condanna in primo grado erano tecnicamente e anche cronologicamente infondate e che chi è esperto della materia ben avrebbe potuto e soprattutto dovuto apportare la sua conoscenza al collegio giudicante, ma tutto è stato dimenticato e/o "bypassato": chi poteva e doveva precisare, oltre a me, naturalmente (ma io ero... l'imputato), non ha fatto... nulla , anzi, dopo averle stimolate, ha pure scelto di accodarsi a conclusioni che invece avrebbero facilmente potuto e dovuto confutare. Ma anche ciò sarà eventualmente affrontato in altra sede. Ho rinunciato alla prescrizione per questo, per educazione famigliare, per dare a chi mi succederà la prima vera eredità, per il rispetto dovuto a mio padre e a mio nonno, servitori dello Stato fino a rischiare concretamente la vita, in altri termini per vera e non formale dignità che trascende il singolo, dimostrando così, nel contempo, concreta fiducia nella Giustizia, troppo spesso profferita (anzi, meglio, recitata) soltanto a parole. 

Lei è stato assistito nella sua odissea giudiziaria da due avvocati: Alberta Cagnacci del Foro di Lucca e dall'avvocato Franco Coppi, uno dei massimi penalisti italiani. Vogliamo spendere due parole anche per loro visto che, ci aveva detto in passato, doveva molto ad entrambi?

La mia gratitudine per i legali che mi hanno assistito nella vicenda penale, ai quali devo aggiungere anche i valenti avvocati Vanni Barbieri del Foro di Roma ed Elio Greco del Foro di Napoli (mio amico e compagno fin dal ginnasio), che con Alberta Cagnacci mi hanno assistito in appello, è e resterà eterna. Un pensiero vola pure alla vicinanza manifestatami dall'avv. Giovanni Giovannelli di Pescia. Ritengo inutili ulteriori commenti dopo tale mia affermazione. Mi si lasci soltanto dire che il prof. Coppi, che mi ha seguito in Cassazione, è effettivamente un numero uno, anche nel "cuore"; l'avv.ssa  Cagnacci, "dulcis in fundo", è invece l'unico professionista che mi ha assistito e mi assiste "ab initio" con continuità e anche con affetto (forte e reciproco), il che, senza inutili orpelli, dice tutto . L'atto di appello contro la sentenza di primo grado, da lei ha predisposto, ha costituito la prima base, salda e forte, anche dei successivi interventi e, pertanto, della mia assoluzione.

Qual è il prezzo, ovviamente non economico, che ha dovuto pagare per poter tornare a sentirsi un uomo "libero"?

Devo purtroppo dire una verità che non conforta ancora, già contenuta nella risposta alla prima delle domande oggi rivoltemi. Io sono sempre stato un uomo libero, ma la  vicenda vissuta e la sua iniquità mi hanno profondamente leso, tanto che non ho ancora metabolizzato la pur attesa giusta assoluzione. In particolare mi sconvolge ancora lo stesso pensare che possa essere stata addirittura formulata una tale accusa contro di me, assolutamente senza presupposti e per di più portata avanti per così tanti anni, laddove fin dalle contestazioni disciplinari avevo dato ogni possibile riscontro, dopo una vita lavorativa integerrima e portatrice di tanti frutti per il mio datore di lavoro. Invece oggi mi trovo a combattere anche per la salvaguardia del mio appartamento in Lucca. Appartamento pignoratomi dallo stesso ente mutuante che, di fatto, mi ha impedito, fra il tanto altro anche di continuare ad onorare il mio debito, con un inatteso licenziamento "ex abrupto" per asserita "giusta causa". Viene ora da dire: quale "causa"? Chi è l'effettivo creditore?

Un'ultima domanda: che cosa le ha lasciato questa drammatica esperienza?

Forse si dovrebbe domandare: che cosa le ha tolto? Facile sarebbe una risposta del tipo: tutto, tranne la dignità e... l'intelligenza e, con esse e anche per esse, la volontà di concreto totale riscatto sotto tutti i diversi profili. Ma è anche giusto dire che mi ha lasciato la più facile lettura delle persone "povere" (non in senso economico), laddove il concetto di "povertà" è spesso coniugati con quello di arroganza; la necessità d'intervenire con saggezza e effettiva lungimirante efficacia nelle normative e nei procedimenti giudiziari; la accresciuta consapevolezza della necessità che ogni forza attiva si faccia ai diversi livelli anche propositiva nell'interesse dell'evoluzione e dello sviluppo della società; un diverso inquadramento dei veri valori della vita, da perseguire  anche, ove occorra, con coraggio ed effettiva determinazione, nella fiducia dell'essere fra tanti portatori degli stessi valori. 

Foto Ciprian Gheorghita

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