Nella discesa di un grande abisso, l'azione esplorativa degli speleologi termina generalmente di fronte a uno specchio d'acqua al di sotto del quale tutti i condotti continuano, perennemente sommersi, verso destinazioni ignote. Gli unici esseri umani in grado di proseguire sono gli speleosub, una cerchia ristrettissima di individui altamente specializzati che, grazie ad una preparazione meticolosa, ad una non comune dose di coraggio ed all'impiego di attrezzature altamente sofisticate, rendono possibile l'impossibile, immergendosi nelle acque gelide per esplorare e studiare alla luce dei fari subacquei ambienti ostili e sconosciuti.
L'azione degli speleosub non si limita comunque alle falde freatiche situate in fondo agli abissi ma, molto più spesso, si svolge nei sifoni, tratti sommersi di gallerie oltre i quali si possono nascondere sviluppi imprevisti, talvolta enormi, oppure sorprese inimmaginabili, come nel caso della Grotta di Montespan, dove nel 1923 il famoso speleologo francese Norbert Casteret, considerato "il padre della speleologia moderna", superati in apnea due sifoni, scoprì una serie di ambienti sotterranei contenenti preziose testimonianze preistoriche, tra le quali un orso modellato in tre dimensioni nell'argilla, numerosi graffiti e diversi reperti litici risalenti al paleolitico superiore.
Domenica 22 settembre alle ore 21 il più famoso cultore della speleologia subacquea italiana, Gigi Casati, di Lecco, famoso anche a livello internazionale, presenterà alla Grotta del Vento un'interessantissima relazione, illustrata da inedite immagini e suggestivi filmati, sull'attività esplorativa svolta in numerose cavità naturali sia in Italia che all'estero.
Terrà inoltre una conferenza stampa su un'esperienza che potremmo definire "epica" da lui compiuta nel mese di agosto in Garfagnana: l'esplorazione della "Pollaccia", sorgente carsica di tipo "valchiusano" nella quale ha raggiunto la profondità di 135 metri (14,5 atmosfere di pressione!), inoltrandosi nelle viscere del massiccio delle Panie per 800 metri.
Viene definita "valchiusana" una sorgente carsica le cui acque sgorgano all'esterno dal basso, mediante il braccio ascendente di un sifone. Il nome deriva dalla Fonte di Valchiusa (in francese Fontaine de Vaucluse), situata presso Avignone (F), mediante la quale l'acqua rivede la luce del sole dopo aver risalito un pozzo pressoché verticale profondo più di 300 metri. Questa sorgente è famosa per avere ispirato a Francesco Petrarca la canzone CXXVI "Chiare, fresche et dolci acque".
La sorgente detta "Pollaccia" riporta alla luce del sole gran parte delle acque che sul massiccio delle Panie sono state inghiottite nel sottosuolo attraverso profondi abissi e miriadi di crepacci.
Nessuno sa cosa ci sia nella zona che separa la "zona d'assorbimento" dalla sorgente.
L'attività svolta dagli speleologi, ed ovviamente dagli speleosub, è di importanza fondamentale per il genere umano, in quanto l'acqua che beviamo proviene in maggioranza proprio dalle sorgenti carsiche, le più abbondanti e le più facili da captare. L'esplorazione diretta degli acquiferi sotterranei consente di valutarne la consistenza e la qualità, oltre che di studiare le soluzioni migliori per preservarle da fattori inquinanti.
La manifestazione è aperta gratuitamente a tutti. Data la capienza limitata della sala di proiezione,
si raccomanda la prenotazione, da effettuarsi componendo il numero telefonico 0583 722024.