Niente muore, ma tutto si trasforma. Perfino lo spirito delle cose inanimate sopravvive, si conserva. Declama dagli anfratti del passato i versi di una poesia antica e mai perduta. Una lingua ancestrale, eterna, che fa vibrare le corde invisibili dell'anima. Tutti ne odono il suono, pochi ne riconoscono il segno.
Certi luoghi non sono solo scrigni di memoria; sono libri aperti alla pagina giusta, manuali da consultare per comprendere meglio il babelico linguaggio della grande biblioteca del mondo. Il cric di una panchina, il tic di una lucerna, il tonf di una soffitta... Non sono solo rumori o scarti di armonia. Per chi ha un cuore sensibile, sono qualcosa di più: sono tangibili prove di dialogo con i vecchi avi.
Può capitare così che un museo, sperduto sulle fresche alture appenniniche, richiami l'attenzione di chi, per vocazione o mestiere, è alla continua ricerca di tracce da interpretare. Siamo a San Pellegrino in Alpe, 1525 metri sopra il livello del mare. Da quassù la vista è stupenda, mozzafiato. Un passo in avanti e si è in Toscana, uno indietro e si è in Emilia. Qui spazio e tempo sembrano accordarsi sulla stessa nota del diapason. Un mistero aleggia nell'aria.
Il dipartimento di scienze politiche dell'università di Pisa, in collaborazione con la Fondazione Campus, ha mandato un pool di ricercatori quassù, a studiare e promuovere questa piccola realtà di frontiera. Tramite un progetto pilota, denominato "INCULTUM", sono state messe in pratica delle iniziative che hanno contribuito alla valorizzazione dell'intera area. Tra poster, brochure, articoli di giornale, interviste, questionari: il team si è prodigato con professionalità, impegno e passione per raggiungere ed attrarre il pubblico più ampio possibile. Un articolato lavoro di divulgazione accademica al quale si è affiancato un percorso formativo e partecipativo che ha contribuito alla diffusione di buone pratiche.
In particolare, l'attenzione si è concentrata sul rilancio del museo etnografico provinciale intitolato alla memoria di don Luigi Pellegrini, il parroco che, tra gli anni sessanta e ottanta, permise lo sviluppo e la successiva apertura dell'esposizione, oggi preziosa testimonianza della cultura rurale e contadina della Garfagnana e dell'appennino modenese. Dalla riapertura del museo, sono stati apportati diversi miglioramenti al comparto tecnologico per permettere ai visitatori di immergersi nella storia e nella cultura del luogo in modo innovativo e multimediale.
I risultati del progetto sono stati presentati ieri mattina, al Teatro Alfieri di Castelnuovo di Garfagnana, davanti ad una nutrita platea di studenti a rappresentare, idealmente, il passaggio di testimone di questo prezioso lavoro di recupero delle tradizioni. In sala erano presenti alcune classi dell'Isi Garfagnana, accompagnate dalle insegnanti e dalla dirigente scolastica Mila Berchiolli. Sul palco sono intervenuti l'Unione Comuni Garfagnana e la Provincia di Lucca, tra i sostenitori - con la Regione Toscana e i comuni di Castelnuovo e Castiglione di Garfagnana - del progetto, e le professoresse Enrica Lemmi e Fosca Giannotti. Ad entrare nel dettaglio degli obiettivi e dei risultati conseguiti, i ricercatori Adele Cogno, Martina Pirrone e Andrea Pedri.
La mattinata si è conclusa con il bellissimo monologo teatrale a cura di Elisabetta Salvatori, “Un prete due santi, un confine e 4000 pezzi unici”, pensato e scritto - all'interno del progetto - proprio con lo scopo di raccontare la storia dell’esposizione museale e di don Pellegrini in modo suggestivo e coinvolgente.
Un'esperienza che deve rappresentare non un punto di arrivo, bensì di partenza: perché dal seme gettato dal mondo accademico, in collaborazione con gli attori del territorio, può germogliare una proposta turistica interessante per il mercato, non solo locale, ma globale.
Il 'caso' San Pellegrino in Alpe: l'antico borgo medievale parla al turismo di domani
Scritto da andrea cosimini
castiglione di garfagnana
21 Maggio 2024
Visite: 1034
- Galleria: