È stato vero e proprio turbinio di emozioni e dolci memorie l’ultimo incontro organizzato dai “Giovedì al Museo”, interamente incentrato sul mondo della letteratura locale e in particolar modo sulla presentazione del libro della scrittrice lucchese Matilde Gambogi, intitolato “A Coreglia si può ancora sognare”.
L’autrice, ospite in presenza al Museo italiano dell’immaginario folklorico di Piazza al Serchio, ha potuto raccontare la sua ultima fatica letteraria e la sua esperienza di vita in dialogo con il giornalista – e anch’esso scrittore – Andrea Cosimini, moderatore dell’evento e “tramite” privilegiato delle numerose domande rivolte a Gambogi.
Un incontro estremamente particolare, dunque, sia nel suo contenuto che per la cornice in cui si inseriva. Infatti, la serata di giovedì era collegata alla prima edizione del progetto “Insiemi – open week dei piccoli musei”, promosso dall’Associazione nazionale piccoli musei e pensato per dare maggiore rilevanza e visibilità a quelle piccole realtà che continuano a promuovere la cultura lontano dai grandi circuiti museali. Una grande occasione per far conoscere il museo e il suo lavoro, con una serie di attività iniziate ancora prima della notte dei “Giovedì” e concluse addirittura lo scorso sabato con un incontro serale incentrato sui racconti popolari con protagonisti streghe e streghi, custoditi nel ricco archivio del museo e recitati da Manola Bartolomei.
Argomenti che meriterebbero tutt’altro spazio – la serata dello scorso giovedì si inseriva anche all’interno del progetto regionale “Amico museo” – ma l’attenzione va rivolta alle parole di Gambogi e al suo particolare legame col paese di Coreglia.
La scrittrice, dopotutto, ha passato buona parte della sua vita a Lucca: perché, quindi, questa attenzione e passione per il borgo della Mediavalle del Serchio? La risposta è presto data.
Dal 2005, infatti, Gambogi passa sempre più tempo a Coreglia, innamorandosene fino a diventare collaboratrice per il giornale locale, pubblicare diversi libri incentrati sulla storia e sulle personalità del territorio e finendo persino per essere consigliere comunale.
Coreglia, per la scrittrice, è un vero e proprio luogo dell’anima: uno spazio geografico e sentimentale che riesce a far rivere attraverso la sua prosa con una cura del dettaglio tipica di coloro che si innamorano di un posto senza esservi nativi e, quindi, senza dare nulla per scontato.
L’opera della scrittrice – esposta in alcuni passi anche durante la serata e grazie alla recitazione di Manola Bartolomei – si pone infatti come una raccolta di “quadri” letterari composti di luoghi e persone, incorniciati in un passato e in sistema di interazioni sociali che sembrano essere svaniti per sempre.
A impreziosire un documento già pregevole di suo ci pensano anche gli acquerelli, a opera della stessa Gambogi, disseminati tra le pagine del romanzo: un’aggiunta che rende l’esperienza nel “mondo” Coreglia ancora più immersiva e impattante.
Tra ricordi d’infanzia e di vita che si mescolano alle testimonianze raccolte negli ultimi anni, la sentita confessione dell’autrice ci regala una piccola perla intimista che riesce a mostrare come i luoghi non diventano unicamente parti dello spirito, ma si elevano a momenti spaziali di riscoperta di sé.