E' nato il Governo Draghi e, a leggerne i componenti, viene non soltanto l'itterizia, ma anche un profondo senso di rabbia misto a frustrazione e amarezza. Ci sono persone che, a dirla tutta, starebbero bene a pulire i cessi degli autogrill sulle autostrade di questo sfasciato Stivale: niente di nuovo sotto il sole, purtroppo. La gente, tuttavia, continua, foraggiata ad hoc dai quotidiani allineati, a vedere in monsignor Draghi chissà quale panacea dei nostri mali. Sciocchi, sono gli italiani, gli stessi di sempre. Credono e sperano nel miracolo, senza capire che i miracoli, ammesso che sia esistito, li sapeva fare soltanto uno che finì appeso su una croce per aver cercato, invano, di salvare tutti gli altri. Ora, è chiaro che il neo presidente del Consiglio in tutti i modi potrà finire fuorché come nostro signore Gesù Cristo. Ma chi si ostina a vedere in lui il nuovo messia non ha ancora compreso che, come ebbe a dire una volta Mussolini, in peno periodo bellico, a un direttore di giornale durante uno dei suoi colloqui nella sala del Mappamondo a Palazzo Venezia: Sono vent'anni che sto cercando di fare l'Italia con lo sterco. In realtà dimenticava che, tra quello sterco, il primo ad esservi immerso era proprio lui, esempio di un'italica razza che di puro non aveva niente, ma di compromessi e di ossequi alla signora, tutto. A noi, sinceramente, una cosa sola avrebbe dovuto e potuto fare questo nuovo Governo appena insediato per dimostrare di essere diverso dagli altri: riaprire tutto Covid o non Covid, fottersene delle paure inutili di contagi che non contagiano altro che la nostra mente e che producono danni a mezzo servizio, e restituire alla gente il libero arbitrio di potersi scegliere come vivere e come, eventualmente, morire.
Così non è stato e così non sarà. I politicanti, tutti nessuno escluso, hanno il terrore di perdere l'assalto alla diligenza e di restare con il deretano per terra soprattutto in vista della spartizione dei miliardi in arrivo per la ricostruzione, il cosiddetto Recovery Fund, che suonerà anche bene in lingua inglese a cui, ormai, siamo votati tutti noi beoti, ma che a chi ha memoria suona, con quel ricovero, quantomeno di cattivi presagi. Oggi, tuttavia, chi si azzarda a parlare male di Draghi è peggio di chi, fino a qualche decennio fa, osava parlar male di Garibaldi. Apriti cielo. Paese, il nostro, non soltanto di lingue biforcute, ma anche di lingue da formichiere, lunghe chilometri e chilometri di viscida saliva.
Abituati a considerarci padroni del nostro destino, a ritenerci meritevoli dei successi conseguiti e colpevoli degli insuccessi subiti, non ci aspettiamo niente di più di quello che, in simili occasioni, ci siamo attesi cioè niente. Zero di zero. E per questo ci viene da ridere se non ci fosse da piangere a osservare questo branco di pecore senza cane pastore che vaga in giro con mascherine indossate ovunque, anche sulla tazza del cesso e in casa propria.
Di speranza, ormai, c'è rimasto soltanto il ministro della Salute e già questa, a noi, pare non tanto una forzatura, quanto una sciagura. Avere impedito ai ristoratori di rimanere aperti per il giorno di San Valentino non è stato soltanto un gesto da idioti, da negligenti, da spocchiosi mantenuti a spese del popolo italiano, ma un'offesa e una mancanza di rispetto verso quel sentimento, l'amore, l'unico che, in mezzo a tanta merda, riesce e merita di sopravvivere.
Anche questa volta, come già l'ultima, nel nostro cinema - sulla home page in alto a destra - riservato a chi, al posto dei soli occhi, usa anche tutto il resto, ma, in particolare, il cervello, scegliamo di far vedere una pellicola del 1968 diretta da Ettore Scola con Alberto Sordi, Nino Manfredi e uno straordinario Bernard Blier sì, proprio quello che, in Amici Miei di Monicelli, si mangiava cornetti e brioches a sbafo nel bar Necchi.
Il film si intitola Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa, con la splendida colonna sonora di Armando Trovajoli. E' una storia ambientata nell'Italia post boom economico, alle soglie di quella crisi e trasformazione sociale che ne condizionò, in peggio, gli anni successivi. E' un viaggio interiore alla scoperta di un continente, l'Africa, verso il quale, un tempo, si andava senza ricevere milioni di clandestini in cerca di una vita fatta a somiglianza della nostra.
Noi, per la prima volta, lo vedemmo, adolescenti, a Bologna, una sera, in Tv. Eravamo in un momento non dei migliori, ma quel film ci restituì fiducia e ottimismo verso il futuro.
Anche oggi, ancora e molto più di ieri, c'è bisogno di ottimismo in mezzo a questa classe digerente che niente ha di dirigente, capace solo di 'uccidere' con i propri algoritmi e i propri infettivologi ed esperti sanitari, la quotidianità delle nostre misere esistenze. Che sia in atto un Big Reset è evidente come altrettanto evidente è che, alla fine, chi aveva avrà ancora di più e chi non aveva avrà ancora di meno.
Buona visione a tutti.
Nella foto: Alberto Sordi e Nino Manfredi protagonisti del film Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa