In un paese come il nostro, l'Italia, nel quale, per una buona parte dei suoi abitanti - tutti, immancabilmente, orientati a sinistra - carabinieri e polizia sono figure dalle quali guardarsi e di cui diffidare a prescindere, noi ci schieriamo senza se e senza ma con chi indossa la divisa, ma, soprattutto, la indossa spaccandosi il fondoschiena ogni giorno - e ogni notte - e rischiando anche la pelle. Questa come premessa. Gli amici della Media Valle e della Garfagnana che ci conoscono, bontà loro, e ci seguono da tempo, sanno e se non lo sanno glielo diciamo noi, che due anni fa, poco prima di Natale, chi scrive, proprio per aver pubblicato un articolo in difesa degli agenti e dei militari dell'Arma, si vide sequestrare, per ben due volte, una rubrica-pagina intera del giornale grazie all'intervento di un alto ufficiale dei carabinieri. Quest'ultimo, evidentemente, fece fatica a comprendere quello che era scritto nel testo e, come lui, fecero fatica anche quelli che, in procura, gli diedero ascolto. Fino a quando, però, il tribunale del riesame non annullò il sequestro in quanto illegittimo. All'epoca furono i carabinieri della compagnia di Castelnuovo Garfagnana a consegnare il verbale di sequestro e relativa denuncia e il sottoscritto, in quel momento al Casone di Profecchia con 39 di febbre, fu costretto a scendere per ritirare il documento. Furono, i carabinieri, gentili e cortesi anche perché sapevano con chi avevano a che fare e quanto l'autore di queste righe abbia sempre tenuto in considerazione, pur senza piaggerie, il loro lavoro.
Così, quando oggi, per l'ennesima volta, abbiamo letto la notizia dell'aggressione subìta da una pattuglia in servizio notturno da parte di un marocchino con precedenti penali piuttosto robusti, ci siamo sentiti in dovere e anche in piacere di manifestare la nostra solidarietà agli operatori. Viviamo in un mondo che va alla rovescia, dove chi commette reati trova tutta la comprensione possibile e immaginabile - tanto è sempre colpa della società - e le vittime, al contrario, vengono costantemente dileggiate o scarsamente considerate.
Non passa giorno senza che il mattinale di questura e comandi di compagnia non registri reati perpetrati contro il patrimonio o le persone o di spaccio di droghe, posti in essere da immigrati, quasi sempre se non soltanto, maghrebini. Anche gli imbecilli capirebbero che in questo stivale già di per se stesso sfasciato, non c'era proprio bisogno di accogliere un'altra caterva di microcriminali. Ma tant'è, l'omino vestito di bianco, i professionisti del volontariato, i politicanti da strapazzo, vorrebbero trasformare l'Europa e l'Italia in una sorta di tendopoli permanente dove far entrare e sopravvivere chiunque.
I carabinieri aggrediti in strada han no patito delle ferite e, soprattutto, si sono trovati, ancora una volta, nella giungla della strada dove non contano i titoli di studio né i buoni sentimenti, ma la dura legge della sopravvivenza. Ultimamente abbiamo dovuto assistere a manifestazioni, di sardine e non, a favore di minoranze sessuali o altro ancora come se il problema di questo paese fosse solo e soltanto quello attinente i gusti sessuali degli italiani.
Nessuno che organizza marce o cortei contro il crimine e a favore dell'ordine e di chi questo ordine lo difende. Saremo brutali, come sempre: vale la pena farsi sputare in faccia, prendere a calci, ricevere insulti e colpi di ogni genere senza mai avere, almeno una volta, la possibilità di dire e di gridare a tutti quello che si pensa di chi, superiori e governanti, niente fa per eliminare questo stato di cose?
Una divisa non dovrebbe suscitare, come avveniva negli anni di piombo (sic) timori, bensì sicurezze. Lo ha scritto anche Nando Dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto ucciso dalla mafia e dal silenzio-complicità della classe dirigente, lui che, in gioventù, era passato per la contestazione studentesca.
Noi, anche se niente ci aspettiamo, siamo con chi lavora e si guadagna il pane con sacrificio. Non siamo in una dittatura e le forze di polizia non sono serve di chicchessia.