Sì, la faccia nello specchio, ora, non è quella di quando si è partiti. È più distesa, rilassata. Più luminosa. Improvvisamente, ha riacquisito quell'umanità sottratta, durante il giorno, dai ladri di entusiasmo. È il magico potere dei concerti - anche se, per quelli vestiti in grigio (i suddetti ladri), gli artisti "non servono a niente".
Certo, ha ragione il professore, gli artisti sono un po' come l'albatro di Baudelaire: lo si ammira nel suo regale slancio in cielo, ma quando ritorna a terra è buffo e goffo; un facile bersaglio per i marinai insensibili che hanno perso la bussola delle emozioni. Cosa può il poeta di fronte al debito pubblico? Nulla. Assolutamente nulla. Nemmeno rientra nel suo lessico che è fatto di parole in codice, appena appena sussurrate, non decifrabili con la calcolatrice ma con il cuore.
Stasera, in Fortezza a Castelnuovo, Roberto Vecchioni è salito in cattedra per una lectio magistralis che ha tenuto inchiodati al banco migliaia di alunni. Nonostante le 81 primavere sulle spalle, il cantautore brianzolo ha saputo tener vivo dentro di sé il fanciullino di pascoliana memoria. Tre ore di spettacolo, tre ore di emozioni una dopo l'altra. L'urgenza con la quale lo scrittore e poeta canta i suoi inni alla vita, sembra un monito a cogliere l'attimo. Quello che tanti di noi sprecano perché indaffarati in cose effimere ma mascherate da importanti.
Vecchioni ha una grande considerazione dei musicisti. Lo ha dimostrato sul palco di "Mont'Alfonso sotto le stelle" declamando, per ognuno di loro, un'ode al merito. Ad una, Ilaria Biagini, ha concesso addirittura il privilegio di aprire la serata con un suo brano inedito estratto dall'ep "L'arte di baciare" con il quale l'autrice, cantante e polistrumentista spezzina (ma lucchese di origine) ha voluto omaggiare il suo maestro. "Ilaria è una musicista vera" ha detto l'uomo di Carate davanti alle oltre 2 mila persone davanti a sé.
Roberto Vecchioni è come il vino. E non tanto perché, come si è soliti dire, invecchiando migliora; ma perché, per degustarlo appieno, occorre attivare tutti i sensi. Compreso il sesto. "Tutti noi abbiamo un passato da trasmettere ai figli fatto di libertà, sogno e amore". Una saggezza sconfinata, la stessa che devono aver saputo apprezzare i suoi studenti ai quali ha consegnato una canzone-manifesto che è portatrice sana di futuro e di speranza: "Sogna, ragazzo, sogna".
"Non è veramente amore se non si ama per sempre..." dice Euripide. Ecco: Vecchioni fa suo il detto del drammaturgo greco, ma con una piccola - e sostanziale - aggiunta: "...la stessa donna". Lui che, alla sua, ha dedicato i versi d'amore più belli. Il professore cita poeti come Nazim Hikmet, Arthur Rimbaud, Giacomo Leopardi; pittori come Vincent Van Gogh e Paul Gauguin (ai quali dedica la struggente "Vincent" ricordando il figlio scomparso); infine scrittori come Thomas Mann (in un richiamo a "Morte a Venezia" con la sua "La Bellezza"). L'insegnamento più grande, però, il professor Vecchioni lo dispensa a tutti gli atleti della vita che faticano in questa lunga - ma per qualcuno breve - corsa ad ostacoli: "Si impara soffrendo, il dolore insegna. Si vive solo superando..."
Forse solo chi ha passato dei momenti bui può comprendere, fino in fondo, il peso delle sue parole. Ci vuole una certa riserva di dolore, infatti, per non restare a secco nel circuito dell'esistenza.
Sogna, professore, sogna: in Fortezza la lectio magistralis di Roberto Vecchioni
Scritto da andrea cosimini
Castelnuovo
20 Agosto 2024
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