Si susseguono gli appelli disperati di molte categorie di lavoratori, messi a dura prova dall’emergenza coronavirus. Oggi, come non mai, ci si rende conto di quanti siano gli autonomi e le partite I.V.A. in Italia, un vero e proprio alveare laborioso decisivo per il tessuto economico dello Stato. Il primo settore stoppato dal coronavirus, ben prima del lock – down, insieme a quello del turismo, è stato quello legato al mondo dello spettacolo ed eventi: nel mese di febbraio erano già stati diversi gli eventi annullati.
Così, per Simone Marigliani, titolare della DMS Service di Castelnuovo di Garfagnana, azienda specializzata che da quasi 15 anni offre servizi per spettacoli ed eventi, come palchi, luci, impianti audio, cartellonistica, è stato un assaggio di quello che sarebbe stato il “lock down”, in tutto il suo fragore.
“In ditta siamo tre soci ed un dipendente – esordisce Marigliani – oltre ai lavoratori stagionali che assumiamo nei periodi di maggior lavoro, come le feste estive e il Natale. E’ chiaro che siamo fermi da febbraio, siamo stati i primi a fermarci tra tutti i lavoratori e probabilmente saremo gli ultimi a ripartire. E’ una situazione pesante che diventerà drammatica. Ad oggi abbiamo ricevuto i 600 euro di contributo e abbiamo fatto richiesta del mutuo garantito dallo Stato, che servirà, semmai, per pagare le tasse”.
Non vedi un’uscita da questo tunnel, quindi? “Per niente, se dovessi scommettere sulla percentuale di chiusura dell’azienda, direi … 100%! Di questo passo è normale: intanto non conosciamo le date di riapertura dell’attività ma il problema è il fatto che gli spettacoli e gli eventi non esisteranno per tutto il 2020 e probabilmente parte del 2021. Senza possibilità di assembramenti, chi organizzerà un concerto o uno spettacolo teatrale? Ce lo vedete un gruppo musicale davanti ad una piazza mezza vuota?”.
Restiamo sul presente: “Ad oggi posso dire che ci sono saltati 40mila euro di spettacoli ed eventi. Tutta l’estate è stata disdetta, non ci saranno manifestazioni quali la fiera a Fornaci di Barga. Siamo senza entrate ma restano le spese: l’affitto, i fornitori, le tasse. Mi spiego meglio: noi lavoriamo anche con amministrazioni pubbliche e non ci possiamo permettere di restare indietro con lo Stato, altrimenti saremmo tagliati fuori. Inoltre i nostri magazzini sono pieni di attrezzature di valore, frutto di investimenti di anni di sacrifici, che paghiamo ancora oggi tutti i mesi”.
La situazione è insostenibile, mi pare ovvio: avete pensato ad una soluzione? “Con i miei soci ci confrontiamo ma non vediamo una via di uscita e breve né medio termine. Stiamo tentando di riconvertirci vendendo materiale dpi e mascherine. Tuttavia lo Stato adesso impone di calmierare i prezzi di vendita in 50 centesimi, ma come è possibile se le paghiamo al fornitore poco di meno?”.
Come vedi il futuro? “Al momento non lo vedo, so solo che quando ripartiremo ci troveremo di fronte ad un mercato diverso, più selettivo e al ribasso. Ci saranno meno soldi e ci potranno offrire meno soldi, è ovvio e probabilmente l’impresa non sarà più sostenibile. A meno di un supporto deciso da parte dello Stato. Se è una guerra come dicono, lo Stato deve intervenire con misure eccezionali”.