Come un moderno Zarathustra sceso dal monte - anzi, salito in questo caso - per rivelare agli uomini ciò che in cuor loro già sanno ma che, codardamente e colpevolmente, fanno finta di non ricordare, così il professor Paolo Crepet ha provato a scuotere le coscienze di una generazione (ormai due, quella dei nostri padri e dei nostri nonni) che ha dato in pasto i loro figli all'intelligenza artificiale facendoli sprofondare drammaticamente in un'ignoranza naturale senza fondo.
"Ma tu, sei felice?" Che domanda stupida da fare ad un essere (in)umano che ragiona con la testa di un computer. Come può l'algoritmo trovare una risposta ad una questione così complessa? Meglio utilizzare il codice binario: "Ma tu, hai mangiato?" Sì o no. A questo anche un robot può rispondere.
Allevare la diversità: che bel messaggio quello lanciato, sul palco di "Mont'Alfonso sotto le stelle", dal professor Crepet. Peccato che la diversità sia un concetto eversivo in un mondo che vuole - e, in certi casi, impone - l'omologazione a tutti i costi.
Si dice che uscire dagli schemi sia prerogativa del genio. E, infatti, i pazzi sono geni a modo loro. Il problema è che, oggi, i genitori vogliono che i loro figli siano 'normali': se tracciano una linea incerta, li correggono; se subiscono un rimprovero, li difendono; se rompono un oggetto, corrono subito a ricomprarglielo. Come diceva il saggio: "Siamo tutti normali se accettiamo che questo è un mondo di pazzi".
La critica - feroce, spietata - del professor Crepet non è rivolta tanto ai ragazzi, ormai irrimediabilmente (?) lobotomizzati, quanto ai genitori che li hanno educati a vivere nella comfort zone. Ecco: come uccidere un figlio togliendogli i colori. Se fosse un giallo, la vittima sarebbe la fantasia. Il corpo del reato, l'educazione. Ma il movente? Roba da Hercule Poirot.