Risposte, chiarezza e aiuti: questo chiedono i commercianti di Fornaci di Barga scesi oggi in strada agitando le chiavi dei negozi, la cui maggior parte non apre le porte ai clienti da due mesi, così come hanno fatto i loro colleghi a Castelnuovo.
Una situazione sul filo del rasoio quella economica di Fornaci di Barga, ma che è la stessa di tutti i comuni italiani e che rischia di tramutarsi, se già non lo ha fatto, in un dramma senza precedenti: la lacerazione del tessuto economico di tutta la Nazione.
“Io parlo a nome personale e di alcuni commercianti del paese: la situazione ci pare abbastanza anomala perché sembra che ci stiano prendendo in giro, in quanto non ci danno la possibilità di avere veri aiuti a fondo perduto – afferma Giuseppe Santi, proprietario del Centro Tim di Fornaci di Barga e presidente del CIPAF -, ci domandiamo come possano fare delle attività rimaste chiuse per due mesi far fronte ai pagamenti di tasse, bollette, imposte e fornitori senza aver avuto incassi. Ritengo che sia giusto e doveroso – ha affermato Santi – darci un aiuto economico, ma che sia un vero aiuto e non un prestito che poi dovremo andare a restituire perché dobbiamo far ripartire veramente l’economia. Dissi in un’intervista a La Gazzetta del Serchio i primi giorni della quarantena che sarebbe stato un bagno di sangue, adesso lo confermo e ribadisco: questo è un bagno di sangue”.
Gran parte dei commercianti di quello che è stato più volte definito come “il polmone economico di Barga” era presente all’iniziativa per le strade fornacine: “oggi – ha continuato Santi - sono scesi proprietari di ristoranti, negozi di abbigliamento, bar e commercianti di ogni settore, compresi anche chi in questi giorni è potuto rimanere aperto ma che è venuto con noi per chiedere delle certezze su come dobbiamo comportarci, su come dobbiamo fare per accogliere i clienti. A noi sta bene stare chiusi per limitare il contagio, però devono darci la possibilità di vivere, di non pagare spese che non siamo in grado di sostenere. La situazione è critica in tutta Italia e probabilmente in tutto il mondo, noi adesso guardiamo il nostro piccolo, però è ovvio che non possiamo nasconderci dietro un dito e non vedere cosa c’è oltre: la crisi è generale e deve essere compreso che c’è bisogno di azioni coraggiose da parte di chi governa, azioni che al momento non si sono viste” ha affermato il proprietario del Centro Tim.
Un appello da Santi va anche all’amministrazione comunale: “si chiede un’interpretazione chiara di quelle che sono le indicazioni, i decreti e le direttive che fino ad adesso sono state quasi interpretative: noi abbiamo bisogno di dati chiari. Chiediamo quindi all’amministrazione delle indicazioni chiare che non possano essere travisate, le chiediamo l’azzeramento delle tasse, dove possibile, a livello locale e di essere nostra portavoce perché avvenga lo stesso a livello nazionale, sennò non si riparte”.
Sale anche la paura per tutti quei dipendenti che rischiano di dover restare a casa, con la possibilità, vista nella bozza del decreto legge che andrà al varo in questi giorni, di una cassa integrazione fino ad ottobre, considerata però più come un palliativo che come una reale soluzione. Il messaggio dei commercianti verso la classe dirigente è quindi forte e chiaro: “lo sventolio delle chiavi è un modo per dire: le chiavi sono qui, se le volete venire a prendere le attività sono vostre” ha concluso caustico Santi.