“I danni che non ha fatto il lockdown a marzo e aprile li sta facendo ora questa seconda ondata di contagi, gestita attualmente con leggi che non tutelano affatto noi lavoratori nel settore della ristorazione: finché eravamo in quarantena, nonostante si lavorasse da asporto, lo Stato aveva il dovere di garantirci un sussidio mentre ora siamo aperti ma per modo di dire, con orari decisamente limitati e una clientela che è più che dimezzata.”
Queste le parole del titolare del locale Shamrock Irish Pub di Barga, Roberto, che ci spiega come purtroppo soprattutto negli ultimi tempi ci sia una psicosi di massa, ingigantita spesso dai media, che porta le persone ad evitare tutte le attività non essenziali (magari con buoni propositi) ma non considerando le ripercussioni sull'economia.
“Noi alle 24 dobbiamo chiudere, ma fino al mese scorso era l’orario in cui si iniziava a lavorare, fra piano bar e servizio al banco - afferma -. Capisco che questa legge voglia momentaneamente arginare un problema di contagi che è quello dato dalla movida, ma non è neanche giusto far credere che il resto del giorno si sia immuni: i mezzi pubblici sono spesso strapieni da mesi, e io sono costretto a mettere a distanza di un metro persone al tavolo insieme che magari sono arrivate nella solita auto. Questo è quello che secondo me ha davvero poco senso.”
Nella nostra zona, come hanno raccontato anche altri ristoratori, la presenza di alcuni contagiati ha drasticamente ridotto anche il “giro" di persone che normalmente si prendevano un giorno o una sera liberi per uscire a cena fuori: ormai, tra la paura e le norme da seguire, per molti è quasi uno stress uscire, e questo si abbatte quindi su tutto il commercio locale.
“I posti che avevo a disposizione sono passati da trecento a cento, e menomale che abbiamo la fortuna di non avere debiti o mutui da pagare, sebbene molto del nostro personale sia purtroppo in cassa integrazione": queste le parole di Francesco, titolare del ristorante Il Bugno. Continua poi spiegando: “A pranzo non abbiamo visto un grande calo, ma la sera decisamente sì: sembra quasi che faccia paura l’orario, più che il virus in sé, anche se il weekend fortunatamente si lavora comunque abbastanza bene. Pensavamo però di ridurre le aperture serali infrasettimanali, ma per decidere questo aspettiamo ancora un po'.”
Nella zona comunque quasi tutti i locali intervistati hanno dichiarato che il lavoro da asporto è fortunatamente rimasto stabile, anche se il guadagno che ne viene è sicuramente diverso da quello “in presenza": non c’è nemmeno bisogno di camerieri, il personale necessario è minore.
Un ristoratore - che ha preferito restare anonimo - ci spiega come si sentano: “Una categoria di lavoratori che sicuramente ha sempre meno voce in capitolo in questa pandemia, e che tra il nuovo dpcm e la paura del virus si è trovata a fare i conti con il grande dilemma: a questo punto, è meglio chiudere? Cosa mi conviene? Che senso ha restare aperti, se le persone che girano in questo periodo sono sufficienti solo a coprire le spese? Perché è giusto stare attenti, è giusto fare leggi che provano ad arginare il problema. È giusto anche credere di star salvando il paese, restando in casa? Siamo “noi" i cattivi, che cerchiamo comunque di lavorare e, soprattutto, se ne abbiamo la possibilità, di far lavorare, oppure lo sono coloro che per questo motivo ci danno degli irresponsabili?”