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Scritto da Redazione
Sport
26 Maggio 2020

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Compie 80 anni Giancarlo Marigliani, tra i molti riconoscimenti anche quello di essere stato il primo garfagnino a militare in un club professionistico, bandiera dell’Us Castelnuovo sia come capitano che nelle vesti di allenatore. Stimato da addetti ai lavori, compagni di squadra, avversari e giocatori da lui guidati. Il popolare “Mariglia” vanta 211 presenze e ben 50 gol, molti dei quali arrivati sfruttando la sua grande abilità nel calciare le punizioni, con la maglia gialloblù. Una vita calcistica spesa, quindi, in gran parte con il team del capoluogo garfagnino che visse, nella prima metà degli anni 60’, i fasti di un calcio ruggente sotto la presidenza targata Alessio Nardini con lo spareggio di Pescia vinto sul Forte dei Marmi nell’annata 1963-1964 alla presenza di tanti castelnuovesi. Un importante senso di appartenenza mai venuto meno.

Per i nostri lettori più giovani potrebbe raccontare il suo modo di giocare?

Venivo impiegato prevalentemente davanti alla difesa potendo contare su un’ottima visione di gioco accompagnata da uno spiccato senso per il gol. Modestamente sapevo farmi valere sia con gli inserimenti aerei che sulle punizioni. Volevo sempre vincere: che fossero partite ufficiali, amichevoli o tornei estivi non faceva differenza. Ho cercato sempre, comunque, di anteporre il bene della squadra agli interessi personali.

Nella stagione 1960-1961 si trasferì in Serie C alla Torres di Sassari. Che ricordi ha di quella stagione?

Andai in Sardegna su precisa indicazione di Remo Galli, tecnico rossoblù, che mi vide in azione in un torneo estivo a Montecatini Terme al quale partecipai assieme all’amico Piero Bertolani. Sebbene fosse la prima volta che lasciavo Castelnuovo, devo dire che a livello umano mi trovai molto bene a Sassari. Sul piano sportivo, invece, dovetti fare i conti con tanta concorrenza nel mio ruolo poiché alla fine rimase in rosa lo stopper Fogli, in estate dato come partente verso Bologna. Ebbi una richiesta da parte dell’Olbia ma la Torres non se la sentì di cedermi, forse anche per motivi campanilistici. La dirigenza voleva confermarmi per la stagione successiva ma avevo il desiderio di avvicinarmi a Castelnuovo. Così si materializzò lo scambio con l’argentino De Zorlo facendomi indossare la maglia della Massese.

Ha contribuito a scrivere pagine importanti nella storia del Castelnuovo; quale partita le è rimasta impressa?

Lo spareggio di Pescia contro il Forte dei Marmi, vinto per 3-0 che ci permise di salire in Prima Categoria. Ho ancora in mente di quel pomeriggio l’esodo di tanti nostri tifosi, aspetto non scontato per l’epoca che ci galvanizzò ancora di più. Sono rimasto particolarmente affezionato a quella squadra composta interamente da giocatori del luogo. Puntare sui giovani del vivaio è stata una mia prerogativa anche da allenatore. Passata l’emergenza Covid-19, ritengo che le società dilettantistiche dovranno nuovamente puntare sulla valorizzazione degli elementi più interessanti del rispettivo settore giovanile. Con alcuni dei miei compagni di squadra, ad esempio Bertolani, durante l’estate per non perdere il ritmo partita partecipavamo a molti tornei, arrivando a disputare tre partite in altrettanti paesi nel giro di una giornata.

Ha avuto qualche modello nella carriera da tecnico?

Ho cercato di carpire qualcosa da tutti gli allenatori che mi hanno allenato sinceramente. Se devo spendere un nome, menziono il professore Alberto Evangelisti, mister del Castelnuovo dello spareggio di Pescia. Era un vero signore che sapeva come prendere i giocatori grazie ad un confronto franco ed onesto con loro. In quel di Massa ho avuto come compagno di squadra Corrado Orrico, in seguito avversario con la maglia della Sarzanese in alcune epiche sfide disputatisi al “Comunale”. Da calciatore a tecnico, Orrico ha attuato un grande cambiamento, divenendo una sorta di filoso tattico.

Come ripartirà il calcio dilettantistico dopo la pandemia del Covid-19?

Ci troviamo in una situazione, per quanto riguarda lo stop dell’attività agonistica, che non ha precedenti recentemente. Un paragone, forse, può essere fatto con il secondo dopoguerra. Ci saranno delle conseguenze sotto tutti i punti di vista, specialmente quello economico. Difficilmente delle realtà dilettantistiche potranno permettersi delle spese “folli” per ingaggiare giocatori provenienti da altre zone. Un aspetto positivo potrebbe essere, a mio avviso, un ritrovato spirito di appartenenza che dovrà necessariamente andare di pari passo con un maggiore utilizzo di giocatori locali. Sarebbe bello che il Castelnuovo potesse creare una nidiata di elementi locali, proprio come quando io ero in panchina.

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