Cosa saremmo, noi gaudenti, ma non solo, senza quelle che vengono definite le più o meno famose papille gustative? Non lo sappiamo, ma, certamente, non potremmo conoscere e apprezzare alcuni degli aspetti più significativi delle nostre brevi e, a volte, misere esistenze. Le papille gustative sono, in realtà, delle piccole escrescenze che ricoprono la lingua e costituiscono gli organi sensoriali gustativi; ciascuna papilla tende ad avvertire al contatto un gusto diverso (dolce, salato, acido e amaro), ma il senso del gusto nel suo complesso dipende dal loro lavoro collettivo. Quindi, no papille no party.
Pensavamo anche a questo, l'altra sera, seduti al tavolo di uno dei ristoranti più frequentati e apprezzati dai lucchesi che amano non allontanarsi troppo dalla cerchia muraria - la loro protezione a tutti gli effetti, una seconda pelle come spesso si dice - e sentirsi, ugualmente, a casa propria anzi meglio. Da quando l'avvocato e amico Marcantonio Gambardella ci ha fatto conoscere questo locale in Borgo Giannotti che, nella nostra vasta ignoranza eno-gastronomica, non avevamo mai frequentato perché lo pensavamo, visti i precedenti, una sorta di rosticceria-trattoria senza troppe pretese, non siamo più riusciti a farne a meno.
Con Ferruccio Pera, il titolare, abbiamo in comune non solo l'anagrafe, con lui un po' più giovane, beato, ma anche il ricordo di un caffè che, negli anni Novanta, era il simbolo di quella che, più tardi e linguisticamente a torto, viene definita la movida lucchese: il Bar Astra in piazza del Giglio. Quest'ultimo esiste ancora oggi, ma è solamente un lontano parente di quel punto di ritrovo dove decine di migliaia di lucchesi e non soltanto erano soliti trascorrere le loro serate tirando fino a tardi. All'epoca il Bar Astra era gestito da Manuela Vannucci e dalla sorella Viviana e Ferruccio Pera, appunto, lavorava, giovane virgulto, dietro il bancone a servire clienti che, soprattutto, nel fine settimana, giungevano a frotte invadendo non solamente la piazza, ma anche il locale per cui era, realmente, impossibile, accedervi tanto gli avventori erano simili alle acciughe.
Tempi d'oro di un evo che fu e che non tornerà mai più: una piazza del Giglio ancora aperta alle auto e, in sostanza, un centro storico maggiormente fruibile e manna dal cielo per commercianti, ma, in particolare, bar e ristoranti: Ricordo - spiega il consigliere comunale e ristoratore Ferruccio Pera - che da quando entravo al lavoro a quando finivo, a notte inoltrata, non riuscivo ad alzare la testa dal banco intento com'ero a preparare i drink per i clienti. A malapena un saluto, ma non c'era un attimo di tregua. Rammentiamo il collega Oriano De Ranieri, vice capo servizio alla redazione lucchese de La Nazione con sede al secondo piano del medesimo edificio, che, puntualmente, quando usciva tardi dal lavoro, faceva un salto al bar a trovare Viviana e si metteva accanto a lei che stava alla cassa. Fumando regolarmente poiché, a quei tempi, era ancora possibile fumare e il divieto sarebbe giunto nel 2005.
Ebbene, da allora l'amico Ferruccio di strada ne ha fatta parecchia arrivando a divenire uno dei ristoratori più capaci, ma, allo stesso tempo, riservati e non amanti della luce dei riflettori. Noi che, per carattere e al contrario, la luce dei riflettori consideriamo sempre insufficiente, quando sbarchiamo alle sue latitudini dobbiamo combattere non poco per ottenere - e non lo otteniamo mai - il via libera per parlare di come si sta e si mangia alla sua corte: bene anzi, benissimo. Ci si sente a casa coccolati e in una atmosfera assolutamente informale che non è mai anonima, ma regala momenti di assoluta convivialità e simpatia.
C'è un piatto, anzi, ce ne sono almeno due, che hanno risollevato alquanto la nostra antica convinzione che il cibo sia, in fondo e, in particolare, ad una certa età che non è, tuttavia e, ancora, la nostra, una delle poche gioie di questa vita grama o, come avrebbe detto e (de)scritto Luciano Bianciardi nel 1962 nel suo romanzo di maggior successo, agra. Paccheri burro e alici e crumble di nocciole. Lasciamo pure stare il crumble e concentriamoci sul burro e le alici il cui mix dà origine ad un sugo nel quale la pasta viene amalgamata in maniera superba. Davvero estasiati da tanta goduria del palato, con i paccheri intinti, letteralmente, nella salsa e rigorosa scarpetta finale. Top del top.
Nemmeno il tempo di prendere fiato dopo un simile orgasmo gastronomico che eccoti, nuovamente, sul tavolo, un piatto che fa il paio col precedente della serie ordiniamo e mangiamo solo due primi il resto pensateci voi: risotto mantecato al lime con burrata e tartara di gamberi. Senz'altro più elaborato dei paccheri, ma altrettanto godurioso e allettante, anzi, in grado di suscitare, una volta assaggiato, pensieri turbolenti e turbativi di una normale cucina quotidiana.
Il tutto, annaffiato da un bollicine francese, un Cremant d'Alsace Brut di Domaine Allimant-Laugner, che conferma come Ferruccio Pera sia anche un ottimo intenditore di vini.
Al termine di questa, nemmeno poi tanto, abbuffata, chiusura con un whisky giapponese Tenjaku, delicato e leggero.