Il consiglio di disciplina dell'ordine dei giornalisti del Lazio ha deciso di comminare la sanzione dell'avvertimento* al direttore delle Gazzette per il suo articolo Silvia Romano? Regaliamole anche il biglietto di ritorno del 10 maggio 2020. Ecco il testo integrale della decisione:
Seduta del 28 ottobre 2020
Visti gli atti del procedimento disciplinare promosso nei confronti del giornalista Aldo Grandi, direttore de "La Gazzetta di Lucca", viste le segnalazioni dei signori Paolo Rosi e Eva Moschini, prevenute per competenza territoriale dal'Ordine dei giornalisti della Toscana al Consiglio di disciplina dell'Ordine territoriale dei giornalisti del Lazio il 24 e 25 giugno 2020, prot. n. 192 e 193 sull'editoriale "Silvia Romano? Regaliamole anche il biglietto di ritorno", da lui firmato il 10 maggio 2020 su "La Gazzetta di Lucca" il Primo Collegio ha ascoltato in audizione il giornalista.
Nell'articolo era scritto tra l'altro: "nelle tasche di milioni di italiani che si sono trovati in miseria per colpa di un Governo di pezzi di merda che si è divertito a multare lacune centinaia di migliaia di persone tanto per fare cassa". Oltre ai termini pesanti come "qualche giornalista leccaculo", i "teorici del lockdown spinto all'estremo - questa razza di bastardi senza gloria" e via dicendo.
In relazione ai fatti come sopra esposti, il Primo Collegio di Disciplina contestava al giornalista la violazione dell'art. 2 della Legge 69/63 sull'Ordinamento della professione, secondo il quale "È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede". Gli si contestava inoltre la violazione dell'art. 2 comma b del Testo Unico dei doveri del giornalista: "(Il giornalista" rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia". Il collegio ricorda inoltre la <<sentenza decalogo>> della Cassazione del 1984 sui limiti al diritto di cronaca "Corte Cass. I civ. 18 ottobre 1984, n. 5259) dove a proposito del "diritto di stampa (cioè la libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti)", si parla della "forma "civile" della esposizione dei fatti e della loro valutazione: cioè "non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, improntata a serena obiettività almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui ha sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, sì da non essere mai consentita l'offesa triviale o irridente i più umani sentimenti".
A questi addebiti il giornalista ha risposto in audizione da remoto:
Partirei dalle affermazioni sul governo e le multe durante il lockdown, mi rendo conto di avere usato affermazioni forti e termini che non si dovrebbero usare, ma dopo 20 anni passati nei grandi giornali ho scelto di metri in proprio in un piccolo giornale proprio perché non ne potevo più di obbedire al mainstream. Per quanto riguarda i termini forti mi scuso e mi impegno a non farlo più. Ma sui contenuti non ci sto, a partire dal'art. 1 della Costituzione che secondo me non viene riconosciuto con le misure decise dal Governo. Se i politici impediscono alla gente di lavorare non posso che definirli assassini, nel senso che uccidono l'economia e quindi le persone.
Io stesso sono una partita Iva, mando avanti un giornale con 25 collaboratori e molti sforzi. Non so voi, ma in provincia le persone ormai si dividono fra chi ha lo stipendio fisso e chi non ce l'ha. Credo che l'Ordine dovrebbe difendere chi non appartiene al mainstream. I giornalisti leccaculo? Ma leggete i giornali e vedete la tv come la vedo io? Vedere mai qualche collega che fa qualche domanda scomoda al Governo? Perché la gente non compra più i giornali e non rispetta più la categoria? Perché non ci si ritrovano più, non si sentono rappresentati, hanno capito che sono sempre allineati al potere e credo che per andare avanti bisogna tornare indietro, all'ascoltare la gente. Un giornale come il mio provoca e rompe i coglioni, ma se si vuole fare i giornalisti e non gli impiegati è l'unico modo di farlo. Io vado avanti fra querele e provvedimenti dell'Ordine, ma sono fra i pochi che è fuori dal coro. Siamo costretti a subire misure assurde senza che nessun giornalista almeno provi a mettere in dubbio l'utilità di queste misure.
Con i miei pezzi voglio invitare i cittadini ad aprire gli occhi. Sono un rompicoglioni, un provocatore, ma proprio per questo la Gazzetta di Lucca fa 300 mila utenti in un mese. Nessuno ha il coraggio di fare qualcosa di diverso. Uso parole offensive, termini forti? Sì ma io ci metto sempre la faccia; faccio il cornista di strada da 30 anni e ho scritto 12 libri di storia e politica e quando sento che strumentalizzano certe cose, come le proteste di questi giorni attribuite falsamente ai fascisti che non esistono più non posso tacere.
Non posso guardare la nostra identità e quella dell'Occidente stravolta e distrutta senza fare niente. Vi rendete conto che un professore in Francia è stato decapitato davanti alla scuola da un islamico e nessun politico italiano ha detto niente, perché parlano solo del Covid? Io sarò anche volgare, ma almeno ho la schiena dritta, come purtroppo non hanno molti colleghi.
Stanno distruggendo la scuola, viviamo in un Paese allo sfascio. Ci hanno terrorizzato, abbiamo una rubrica tenuta da una psicologa che ci dice che non sanno più come seguire i pazienti e che c'è un consumo fortissimo di psicofarmaci. Ci fanno vivere nella paura, dicevano che sarebbe venuto un periodo di solidarietà, invece vince l'individualismo, tutti abbiamo paura degli altri. E questo non lo posso sopportare e ritengo dovere di un giornalista parlare chiaro alla gente e ai suoi lettori. È una questione di forma? Ma per favore guardiamo anche la sostanza, la realtà del nostro Paese che secondo me è molto grave.
A proposito dell'articolo in questione, il giornalista ha aggiunto:
Confermo tutto quello che c'è scritto nell'articolo. Una persona che è stata salvata dallo Stato italiano non può tornare in italia inneggiando all'Islam, raccontando di essere stata così bene dove stava, mi sembra fortemente irrispettoso verso gli italiani. È partita con un'organizzazione non riconosciuta internazionalmente senza tenere conto del fatto che il mondo ha culture, abitudini, consuetudini e confini. È passato il messaggio, devastante, che i rapinatori sono brave persone, che l'hanno trattata bene. Mi è sembrato un insulto al popolo italiano. Avrebbe dovuto tacere e vivere la sua scelta in privato, non davanti a tutta l'Italia. Per questo confermo quanto ho scritto: stava così bene? Perché non è rimasta lì? Io forse esagero, lo so, ma cerco di essere comprensibile a tutti e il complimento più bello che ricevo è quando mi dicono che mi faccio capire da tutti, anche da chi non ha voce per farsi sentire. È a loro che penso quando scrivo.
Pur prendendo atto dell'ammissione da parte di Grandi dei toni eccessivi e delle espressioni molto forti usati nell'articolo, pur ribadendo il diritto di ciascuno alla libertà di opinione e di espressione, come sancito dall'articolo 21 della Costituzione della Repubblica italiana, il collegio non può non sottolineare che un giornalista, sia pur nell'esercitare il suo legittimo diritto di critica, debba necessariamente tenere a mente il decoro della professione e della categoria, senza mai arrivare a usare espressioni violente e offensive per l'altrui reputazione.
P. Q. M.
Il primo Collegio del Consiglio territoriale di disciplina dell'Ordine dei giornalisti dei Lazio, visto il fascicolo degli atti relativi, ascoltato il giornalista Aldo Grandi, preso atto delle sue dichiarazioni e della documentazione allegata, udito il Consigliere relatore, votando all'unanimità, decide di irrogare la sanzione dell'avvertimento al giornalista in ordine alle contestazioni additate.
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*L’avvertimento consiste nel rilievo della trasgressione commessa dal professionista e nel richiamo all’osservanza dei suoi doveri; esso è inflitto nei casi di abusi o di mancanze di lievi entità ed è comunicato all’interessato dal presidente del consiglio dell’ordine.