L’anniversario del Vajont offre a Marco Paolini lo spunto per coinvolgere un’ampia schiera di realtà in tutta Italia – scuola, università, mondo del teatro, istituzioni – in una creazione partecipata per interrogarsi insieme sul tema dell’emergenza idrica e sul futuro delle nuove generazioni ai tempi della crisi climatica.
Lunedì 9 ottobre, alle 20.30 nel giorno in cui ricorre il 60° anniversario della tragedia del Vajont (1963) – alcuni scrittori, poeti, musicisti hanno deciso di riunirsi a Castelnuovo di Garfagnana nella sala Luigi Suffredini per una lettura che possa far rivivere quella tragedia annunciata anche attraverso interventi musicali e sonori.
E unirsi al Comitato promotore La Fabbrica del Mondo e ad altre istituzioni culturali e civili del paese per un ricordo collettivo in forma di racconto, per evocare il passato guardando al futuro, riflettendo su temi cruciali quali il dissesto idrogeologico, l’acqua come bene comune e il cambiamento climatico, che anche il nostro territorio ha vissuto tragicamente sulla propria pelle con l'alluvione che nel 1994 colpì tragicamente Cardoso, Pruno, Volegno, Stazzema.
Il testo de Il racconto del Vajont, firmato trent’anni fa da Marco Paolini insieme a Gabriele Vacis, si fa oggi azione corale di teatro civile. L’adattamento, curato dallo stesso Paolini insieme al drammaturgo e regista Marco Martinelli, appositamente pensato per questa inedita costruzione collettiva si snoda in una sorta di lettura a staffetta dei narratori Elisa Bertoni, Daniele D'arrigo e Laura Guidugli, il coro formato da Nicola Aloia, Cecilia Angeli, Antonio Chiaravalloti, Daniela Prodon, Laura Melis, espressione e voce della società civile. Ad armonizzarle, nel ruolo di corifeo, Paolo Tommasi; che insieme a Claudio Orsi ha curato gli interventi musicali che accompagneranno ed evidenzieranno molti e diversi momenti del racconto.
Un semplice orologio che si fermerà alle 22.39 a ricordare l'evento e il Tempo stesso, costituirà la scena dello spettacolo: quello degli anni d'incuria e speculazione del territorio, quello di una natura condizionata dalle scelte e dalla cecità della specie umana, quello che resta per prendere coscienza di una responsabilità non solo nei confronti del pianeta ma nei confronti del genere umano; infine il tempo che lì, a Longarone, per 1937 persone, terminò. In contemporanea 130 teatri in Italia e in Europa si fermeranno alle 22.39, l’ora in cui il Monte Toc franò nella diga.