Si sono dati appuntamento di fronte ad un simbolo dell'economia lucchese e non solo, il Palazzo Bernardi sede da sempre dell'associazione industriali. Mentre gli operai delle aziende metalmeccaniche della provincia di Lucca sono in sciopero per quattro ore loro, i delegati e rappresentanti sindacali sono scesi in strada per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale di lavoro scaduto il 31 dicembre 2019.
Ci sono striscioni della Kme di Fornaci di Barga e della Fabio Perini di Lucca. Bandiere e distanziamento fisico sì, ma anche tanta amarezza e anche rabbia per una situazione che non solo non tende a sbloccarsi, ma, addirittura, è prossima ad incancrenirsi. Di fronte alle richieste di un aumento di circa 150 euro proposto dai sindacati confederali, la controparte si era attestata sui 40 euro e niente di più. A questo punto il dialogo doveva per forza interrompersi.
"Il Coronavirus - dicono Bruno Casotti di Fim Cisl e Giacomo Saisi di Uilm - non può essere una scusa per non trattare il rinnovo. Noi abbiamo compreso la situazione da diversi anni e cercato di venire incontro alle esigenze degli industriali privilegiando il welfare aziendale piuttosto che l'aumento dei salari. Ora, però, è giunto il momento di pensare anche alle nostre esigenze e a trovare un modo per aumentare i compensi anche per fronteggiare l'aumento del costo della vita".
"Siamo qui - spiega Mauro Rossi della Fiom Cgil - perché non possiamo far finta di niente. E' dal 2016 che abbiamo firmato l'ultimo contratto nazionale scaduto il 31 dicembre 2019. Adesso è tempo di mettersi a un tavolo e contrattare. Gli industriali, invece, non ne vogliono sapere e credo che i motivi siano, essenzialmente, due: da un lato sicuramente l'emergenza sanitaria, ma dall'altro anche la nomina del nuovo presidente di Confindustria Carlo Bonomi che ha manifestato sin dall'inizio un atteggiamento di chiusura verso le nostre rivendicazioni. Così non possiamo andare avanti".